Il mercato guarda ora ai nuovi punti di rottura
Focus sulle soglie da monitorare per capire la direzione dei listini
Quale il futuro di Borse, commodity e mercati in generale? È la domanda delle 100 pistole che tutti si pongono. Un quesito cui, allo stato attuale, è per l’appunto difficile (se non quasi impossibile) rispondere.
Ciò detto, però, alcuni approcci di mercato possono venire in aiuto. Tra questi: l’analisi tecnica. Vale a dire lo studio, principalmente attraverso grafici e metodi statistici, dell’andamento nel tempo dei prezzi. Il tutto per prevedere le tendenze future delle quotazioni. Certo: le serie storiche possono essere non così significative, soprattutto con nuove variabili quali il coronavirus. Inoltre la sempre maggiore complessità dei listini rende ardua l’analisi. Tuttavia la massiccia presenza d’investitori quantitativi, che si basano soprattutto sui livelli dei prezzi, unita alla minore rilevanza dei fondamentali rendono l’analisi tecnica un’interessante chiave di lettura.
L’azionario Usa
Cosa ci dicono, allora, i “graficisti” rispetto a Wall Street? «L’S&P 500, che mantiene l’impostazione rialzista di fondo - risponde Silvio Bona, analista tecnico indipendente -, si trovava in un canale ascendente di medio periodo». Cioè l’indice era salito, dal 2019 a pochi giorni fa, «appoggiandosi su di un supporto (livello in cui la pressione degli acquisti è maggiore di quella delle vendite) inclinato positivamente». Il paniere, però, ha rotto al ribasso questo “pavimento”, uscendo dal canale. Con il che, nell’ipotesi proseguisse il calo, il primo ostacolo alla discesa «dovrebbe trovarsi nell’area dei 2.800 punti». «È un livello - fa da eco Antonio Cesarano, Chief global strategist di Intermonte Advisory - che coincide con circa il 20% di ribasso dal massimo storico dell’S&P 500. Un valore importante che, anche a fronte del “whatever it takes” annunciato dalla Fed venerdì scorso, potrebbe dare vita ad un rimbalzo». Se così non fosse il nuovo supporto di lungo periodo sarebbe intorno a 2.700 punti. «La sua violazione - spiega sempre Bonaimplicherebbe il cambiamento dello scenario di fondo» cui gli operatori dovrebbero adeguarsi.
Già, gli operatori. «Rispetto ad essi - afferma Ivano Menabue, trader e analista quantitativo - c’è da notare che il calo avvenuto in settimana è stato contraddistinto da una dinamica articolata». Vale a dire? «C’è stata, riguardo agli investitori di breve periodo, la forte predominanza dei venditori. Con riferimento, invece, alle strategie di lungo si è assistito, da un lato, al venire meno della preminenza dei compratori; ma, dall’altra, non si è concretizzato il “sopravvento” dei ribassisti». Insomma: il “patatrac” è il combinato disposto della forza dei “sell” speculativi e del graduale ritiro dei “buy” di lungo periodo. A fronte di ciò il comportamento di quest’ultimi è da monitorare con attenzione. «Bisognerà capire se torneranno sul mercato oppure no. Facendo comunque attenzione a non interpretare il probabile rimbalzo come la definitiva ripresa del listino.
Piazza Affari
Da Wall Street a Piazza Affari. Qui, a ben vedere, la situazione è un po’ diversa. Il Ftse Mib, a differenza dell’ S&P 500 caratterizzato da un rally pluriennale, da molti esercizi si muove lateralmente. Più precisamente si trova nella parte alta di un canale “orizzontale” che ha un tetto e un pavimento: il primo è costituito dalla resistenza di lunghissimo periodo in area 24.400 punti; il secondo è il livello intorno a 12.600. Nell’ultimo anno, analogamente a Wall Street, Piazza Affari è salita ma, anche dopo il recente tracollo, non ha rotto al ribasso il supporto inclinato positivamente. «Ciò detto esiste il rischio spiega Bona - che il rialzo avviato nel 2019 si esaurisca. Il Ftse Mib è attualmente appoggiato sul supporto inclinato». Se dovesse romperlo, andrebbe all’ingiù. In tal caso Piazza Affari affronterebbe diverse soglie che si oppongono alla discesa. «Quella, però, da monitorare come punto di svolta è l’area intorno a 20.000 punti» conclude Bona.
Insomma: gli investitori devono fare molta attenzione. Anche perchè, sul fronte dei flussi di vendita e acquisti, la situazione è volatile. «Rispetto al Ftse Mib -riprende Menabue -c’è alternanza tra la predominanza dei compratori e quella dei ribassisti. Sia sul breve che nel lungo periodo». Si tratta di una condizione di erraticità dovuta «anche, e soprattutto, alla percezione d’instabilità economico-politica che contraddistingue l’Italia».
Sarà, alla fine, il tempo a dirci come e quando i mercati usciranno da questa situazione. Un contesto che, peraltro, è difficile da interpretare anche a causa dalla stessa complessità dei listini. La riprova? L’andamento dell’oro nelle ultime sedute. Il lingotto, tipico bene rifugio, avrebbe dovuto schizzare verso l’alto. Invece è sceso. Un nonsense. Il quale, però, diventa comprensibile nel momento in cui si ricorda che molti investitori operano a leva. Questi svolgono l’attività grazie al versamento di margini di garanzia. Quando le Borse crollano, e i margini stessi vengono erosi, scattano le richieste di re-integro di quest’ultimi. Con il che gli investitori, per fare fronte alla richiesta (e operare ulteriormente), vendono oro e ricostituiscono il margine. Il lingotto da “safe asset” diventa liquidità.
L’indice S&P 500 ha segnato venerdì il settimo calo consecutivo, la serie più lunga in quattro anni
Il crollo, più che dagli investitori a lungo, è stato causato dalle vendite degli operatori di breve periodo