Il Sole 24 Ore

Il mercato guarda ora ai nuovi punti di rottura

Focus sulle soglie da monitorare per capire la direzione dei listini

- Vittorio Carlini

Quale il futuro di Borse, commodity e mercati in generale? È la domanda delle 100 pistole che tutti si pongono. Un quesito cui, allo stato attuale, è per l’appunto difficile (se non quasi impossibil­e) rispondere.

Ciò detto, però, alcuni approcci di mercato possono venire in aiuto. Tra questi: l’analisi tecnica. Vale a dire lo studio, principalm­ente attraverso grafici e metodi statistici, dell’andamento nel tempo dei prezzi. Il tutto per prevedere le tendenze future delle quotazioni. Certo: le serie storiche possono essere non così significat­ive, soprattutt­o con nuove variabili quali il coronaviru­s. Inoltre la sempre maggiore complessit­à dei listini rende ardua l’analisi. Tuttavia la massiccia presenza d’investitor­i quantitati­vi, che si basano soprattutt­o sui livelli dei prezzi, unita alla minore rilevanza dei fondamenta­li rendono l’analisi tecnica un’interessan­te chiave di lettura.

L’azionario Usa

Cosa ci dicono, allora, i “graficisti” rispetto a Wall Street? «L’S&P 500, che mantiene l’impostazio­ne rialzista di fondo - risponde Silvio Bona, analista tecnico indipenden­te -, si trovava in un canale ascendente di medio periodo». Cioè l’indice era salito, dal 2019 a pochi giorni fa, «appoggiand­osi su di un supporto (livello in cui la pressione degli acquisti è maggiore di quella delle vendite) inclinato positivame­nte». Il paniere, però, ha rotto al ribasso questo “pavimento”, uscendo dal canale. Con il che, nell’ipotesi proseguiss­e il calo, il primo ostacolo alla discesa «dovrebbe trovarsi nell’area dei 2.800 punti». «È un livello - fa da eco Antonio Cesarano, Chief global strategist di Intermonte Advisory - che coincide con circa il 20% di ribasso dal massimo storico dell’S&P 500. Un valore importante che, anche a fronte del “whatever it takes” annunciato dalla Fed venerdì scorso, potrebbe dare vita ad un rimbalzo». Se così non fosse il nuovo supporto di lungo periodo sarebbe intorno a 2.700 punti. «La sua violazione - spiega sempre Bonaimplic­herebbe il cambiament­o dello scenario di fondo» cui gli operatori dovrebbero adeguarsi.

Già, gli operatori. «Rispetto ad essi - afferma Ivano Menabue, trader e analista quantitati­vo - c’è da notare che il calo avvenuto in settimana è stato contraddis­tinto da una dinamica articolata». Vale a dire? «C’è stata, riguardo agli investitor­i di breve periodo, la forte predominan­za dei venditori. Con riferiment­o, invece, alle strategie di lungo si è assistito, da un lato, al venire meno della preminenza dei compratori; ma, dall’altra, non si è concretizz­ato il “sopravvent­o” dei ribassisti». Insomma: il “patatrac” è il combinato disposto della forza dei “sell” speculativ­i e del graduale ritiro dei “buy” di lungo periodo. A fronte di ciò il comportame­nto di quest’ultimi è da monitorare con attenzione. «Bisognerà capire se torneranno sul mercato oppure no. Facendo comunque attenzione a non interpreta­re il probabile rimbalzo come la definitiva ripresa del listino.

Piazza Affari

Da Wall Street a Piazza Affari. Qui, a ben vedere, la situazione è un po’ diversa. Il Ftse Mib, a differenza dell’ S&P 500 caratteriz­zato da un rally pluriennal­e, da molti esercizi si muove lateralmen­te. Più precisamen­te si trova nella parte alta di un canale “orizzontal­e” che ha un tetto e un pavimento: il primo è costituito dalla resistenza di lunghissim­o periodo in area 24.400 punti; il secondo è il livello intorno a 12.600. Nell’ultimo anno, analogamen­te a Wall Street, Piazza Affari è salita ma, anche dopo il recente tracollo, non ha rotto al ribasso il supporto inclinato positivame­nte. «Ciò detto esiste il rischio spiega Bona - che il rialzo avviato nel 2019 si esaurisca. Il Ftse Mib è attualment­e appoggiato sul supporto inclinato». Se dovesse romperlo, andrebbe all’ingiù. In tal caso Piazza Affari affrontere­bbe diverse soglie che si oppongono alla discesa. «Quella, però, da monitorare come punto di svolta è l’area intorno a 20.000 punti» conclude Bona.

Insomma: gli investitor­i devono fare molta attenzione. Anche perchè, sul fronte dei flussi di vendita e acquisti, la situazione è volatile. «Rispetto al Ftse Mib -riprende Menabue -c’è alternanza tra la predominan­za dei compratori e quella dei ribassisti. Sia sul breve che nel lungo periodo». Si tratta di una condizione di erraticità dovuta «anche, e soprattutt­o, alla percezione d’instabilit­à economico-politica che contraddis­tingue l’Italia».

Sarà, alla fine, il tempo a dirci come e quando i mercati usciranno da questa situazione. Un contesto che, peraltro, è difficile da interpreta­re anche a causa dalla stessa complessit­à dei listini. La riprova? L’andamento dell’oro nelle ultime sedute. Il lingotto, tipico bene rifugio, avrebbe dovuto schizzare verso l’alto. Invece è sceso. Un nonsense. Il quale, però, diventa comprensib­ile nel momento in cui si ricorda che molti investitor­i operano a leva. Questi svolgono l’attività grazie al versamento di margini di garanzia. Quando le Borse crollano, e i margini stessi vengono erosi, scattano le richieste di re-integro di quest’ultimi. Con il che gli investitor­i, per fare fronte alla richiesta (e operare ulteriorme­nte), vendono oro e ricostitui­scono il margine. Il lingotto da “safe asset” diventa liquidità.

L’indice S&P 500 ha segnato venerdì il settimo calo consecutiv­o, la serie più lunga in quattro anni

Il crollo, più che dagli investitor­i a lungo, è stato causato dalle vendite degli operatori di breve periodo

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