Il Sole 24 Ore

Stop alla carta nelle Corti inglesi

- Simone Filippetti

Charl es Dickens,n el 1800, era un assiduo frequentat­ore di tribunali di Londra: tra gli imputati trovava ispirazion­e per i personaggi dei suoi romanzi. Ai tempi del romanziere inglese il barrister, che sarebbe l’avvocato difensore abilitato ad andare in Tribunale, scriveva le sue note su un libro blu. Ancora oggi, dopo 200 anni, gli avvocati in tribunale prendono ancora appunti sul medesimo taccuino blu, una sorta di tradizione e vezzo nel mondo dei legali.

Tutto questo piccolo mondo antico sarà spazzato via: a breve le Royal Co urtofJust ice, il sistema dei tribunali inglesi, abolirà la carta e diventerà “paperless ”, interament­e informatiz­zato. È il primo passo verso l’ introduzio­ne dell’ intelligen­za artificial­e. Gli avvocati che passano l’esame del Bar prenderann­o appunti durante le udienze solo sui P ad, così che tutto sarà riversato on-linee accessibil­e in ogni momento; i commessi non dovranno più portare enormi carrelli con gli atti delle cause, ma tutto sarà inviato via email e stoccato su cloud. «Sarà un cambiament­o epocale, in meglio» osserva Alessandro Belluzzo, profession­ista dello studio Belluzzo & Partners,decano dei fiscalisti a Londra e in procinto di diventare Barrister. La scomparsa della carta snellirà le procedure e velocizzer­à i processi.

Anche l’ efficiente Regno Unito soffre degli stessi mali dell’ Italia: lentezza e burocrazia. Ogni anno nel Paese si aprono 1,7 milioni di cause penali e 1,9 milioni di cause civili. Ma i tribunali, snocciola Rohan Grove, funzionari­o della HM Courts&Tribunal Services, sono intasati come in Italia: in media affrontano 460mila casi all’anno, molto meno delle cause. Si crea un tappo dovuto anche all’ arretratez­za: il sistema è ancora tutto basato sulla carta, cosa che crea errori,perdita di documenti; è un’ attività ad alta intensità di lavoro umano, che porta via tanto tempo. La rivoluzion­e digitale è stata benedetta pure dalpudici inglesi, il Lord Chi ef Justice, Lord Burnett of Maldon ha aperto all’ utilizzo dell’ Intelligen­za Artificial­e nei processi giudiziari. Non ci sarà mai un giudice robot che condanna o assolve le persone, made i programmi intelligen­ti aiuteranno a svolgere funzioni di supporto ai magistrati. In Inghilterr­a, dal 2018 si è iniziato a ragionare su come introdurre dei programmi intelligen­ti nell’ amministra­zione giudiziari­a. È un processo che richiederà decenni. È stato pianificat­o il 2050 come anno per l’ avvento vero e proprio dell’AI nei Tribunali. Nell’immediato, il primo passo sarà appunto la digitalizz­azione della giustizia e dei tribunali, ormai imminente. Il secondo sarà quello di usare le tecnologie di “machine learning” e “big data” per aggregare, catalogare, archiviare e correlare la mole di dati che passerà da carta a digitale.

Nessuna fantascien­za, perché nel privato e nelle piccole attività profession­ali la tecnologia legale è già una realtà. È il caso di Francesco Meduri dello studio FidLaw, il primo notaio italiano a Londra: da tempo il suo studio ha installato un programma chiamato Clio. Lo ha prodotto un’azienda canadese ed è l’unico software legale riconosciu­to pure dalla Law Society: si basa sul cloud e consente di semplifica­re la gestione amministra­tiva e abbattere tempi e costi. «Si usa anche da telefonino, è come avere uno studio notarile nel palmo di una mano», commenta. «Nel mio studio, con sole 4 persone, gestisco e porto avanti 200 pratiche contempora­neamente ».

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«Paperless». A breve gli appunti nelle udienze saranno presi solo su iPad e tutto sarà stoccato su cloud. L’obiettivo è snellire un sistema intasato, ma per l’AI bisognerà attendere il 2050

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