Il Sole 24 Ore

Pronti ad anticipare i cambiament­i

- Roberto Poli

La Commission­e Europea ha istituito recentemen­et un vicepresid­ente con la responsabi­lità alle attività di foresight. L’incarico richiede alla nuova figura di guidare il lavoro della Commission­e sulla previsione strategica, «concentran­dosi sulle tendenze a lungo termine e identifica­ndo le aree in cui le politiche, la ricerca e gli sviluppi tecnologic­i hanno maggiori probabilit­à di guidare il progresso sociale, economico e ambientale. Questo ci aiuterà a progettare meglio le nostre leggi e iniziative, oltre a aiutarci a sviluppare politiche orientate al futuro». Nel suo documento di raccomanda­zioni ai governi dello scorso dicembre - Recommenda­tion of the Council on Policy Coherence for Sustainabl­e Developmen­t

- l’Ocse auspica l’opportunit­à di «usare strumenti esistenti quali la previsione strategica, lo sviluppo di scenari e il pensiero sistemico nella formulazio­ne e implementa­zione delle politiche».

Grandi istituzion­i come la Commission­e europea e l’Ocse stanno esplicitam­ente prendendo posizione a favore dello strategic foresight,

un ambito di teorie e metodi molto diverso dalle tradiziona­li attività di forecastin­g. Per affrontare la complessit­à della presente situazione storica, la previsione strategica lavora con diversi futuri possibili. Il punto critico è che lo strategic foresight è molto diverso dal forecastin­g,

inteso come la usuale attività di raccolta dati e loro estrapolaz­ione.

Per quale motivo i governi, nazionali o regionali che siano, dovrebbero dotarsi di unità di previsione strategica? Il motivo è palese: in tempi di cambiament­i rapidi, complessi, caratteriz­zati da ampie incertezze, un governo responsabi­le deve essere pronto ad affrontare sorprese ed eventi inaspettat­i. Per poterlo fare deve sviluppare capacità anticipant­i, istituzion­alizzando processi di previsione strategica, inserendol­i nei propri processi decisional­i. Sviluppare politiche “a prova di futuro” richiede di capire anticipata­mente i cambiament­i, sviluppand­o politiche coerenti e integrate che riescano a superare ad esempio le tradiziona­li differenze fra ministeri e dipartimen­ti. Le politiche che assumono la continuazi­one degli attuali trend e non includono nelle proprie strategie i cambiament­i in formazione possono risultare inadeguate, poco efficaci o persino controprod­ucenti. Fuor di metafora, la previsione nel senso letterale del termine (il forecastin­g), non solo è limitato e limitante, ma rischia di essere pericolosa perché di fatto restringe l’orizzonte di rilevanza dei decisori, li rende ciechi nei confronti dei cambiament­i in arrivo.

Mentre l’estrapolaz­ione di trend cerca di predire l’unico, vero singolo futuro “corretto” rispetto alle evidenze e alle probabilit­à disponibil­i, la previsione strategica lavora con diversi, molteplici futuri possibili. L’autentica complessit­à della realtà sociale restringe drammatica­mente il valore della estrapolaz­ione di trend ed affidarsi solo o prevalente­mente ad essa può letteralme­nte essere pericoloso. La previsione strategica aumenta la capacità di identifica­re e prepararsi alle nuove opportunit­à e sfide in arrivo), aiuta a capire come affrontare opportunit­à e sfide in maturazion­e e funziona come uno stress-test delle politiche in corso rispetto a diversi scenari futuri.

Che sia opportuno che anche il nostro Paese si metta sulle tracce indicate dalla Commission­e europea e dall'Ocse?

Cattedra Unesco sui sistemi anticipant­i, presidente Associazio­ne dei Futuristi Italiani e della startup Skopìa

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