BAMBINE E MATEMATICA, RAPPORTO DA RINFORZARE
L’indagine Pisa 2018, pubblicata lo scorso dicembre – che ogni 3 anni valuta le competenze in lettura, matematica e scienze dei 15enni di 79 Paesi – ha evidenziato che in Italia, rispetto alla media Ocse, siamo in linea con la matematica e sotto con le scienze e la lettura. Ma guardando in dettaglio, in alcuni aspetti importanti siamo tra gli ultimi in classifica. Siamo tra i Paesi in cui, tra il 2015 e il 2018, il rendimento in scienze è diminuito in modo più drastico. E abbiamo uno dei divari di genere più profondi per quanto riguarda le abilità matematiche. I ragazzi italiani ottengono in matematica risultati nettamente migliori delle ragazze – 16 punti di differenza, mentre per la media Ocse la differenza è di soli 5 punti. Dopo di noi si piazzano solo Costa Rica (18 punti) e Colombia (20 punti).
Le differenze in matematica mettono a fuoco anche altre disuguaglianze, territoriali (tra un nord vicino ai Paesi con migliori risultati e un sud con regioni sotto la media nazionale) e socio-economiche. Ed è impressionante osservare come lo status socio-economico aiuti a prevedere le prestazioni in matematica e scienze in tutti i Paesi partecipanti al Pisa. Una sorta di determinismo sociale implacabile.
Lo svantaggio delle ragazze in matematica non emerge a 15 anni. Si stabilisce già alla scuola elementare, come evidenziato dalla valutazione Timss (Trend in international matemathics and science study). E anche se la situazione migliora un po’ durante le scuole medie, la scelta della scuola superiore segna una prima divergenza di percorsi che allontana le ragazze dal mondo delle materie Stem (Science, technology, engineering, mathematics) in modo piuttosto irreversibile. Prediligono infatti le scienze umane (89,1%) o il linguistico (80,1%) rispetto allo scientifico con opzione scienze applicate (31,2%) e il tecnico tecnologico (16,3%).
Certamente la questione non dipende da capacità̀ intrinseche. Uno studio pubblicato su Nature dimostra come non ci sia nessuna differenza di genere nelle abilità̀ quantitative e matematiche nei bambini di età compresa tra 6 mesi e 8 anni. Abbiamo tutti, anche i bambini molto piccoli, un «senso dei numeri». La possibilità di raggiungere risultati eccellenti o pessimi dipenderà dall’amore, o dalla diffidenza, per la matematica. La passione nutre il talento e i genitori e gli insegnanti hanno una considerevole responsabilità nello sviluppo dell’atteggiamento che i bambini avranno per la matematica. Lasciare che per le ragazze si alzi il muro di ansia della matematica, incoraggiare l’idea di «non essere portate», mettere in antagonismo le materie letterarie con quelle scientifiche, non prestare attenzione ai bias nel linguaggio, nei giochi e nelle attitudini. È così che si tracciano dei punti di non ritorno rispetto alle scelte dei percorsi a venire. È una questione di pari opportunità. E in un Paese dove le disuguaglianze aumentano e l’ascensore sociale, per chi viene da famiglie più svantaggiate, è fermo, la sfida delle pari opportunità passa anche dalla matematica.
Questo tipo di competenze riducono i divari di genere nel lavoro, dato che sono particolarmente richieste dal mercato, per uomini e donne nello stesso modo. E le professioni che richiedono una formazione Stem sono in grande crescita, circa il 20% delle nuove occupazioni entro il 2025, secondo le stime dello European centre for the development of vocational training. Se le competenze matematiche si riveleranno sempre più importanti nel mondo del lavoro digitale, danno una marcia in più già oggi. Un recente studio dell’Ocse evidenzia una forte associazione tra salario orario e livelli avanzati di competenze matematiche. Oltretutto è proprio nel mondo del lavoro digitale che sembra esserci in Italia una particolare valorizzazione delle competenze femminili. Se praticamente in ogni settore dell’economia, a parità di tipo di lavoro e competenze, le donne guadagnano meno degli uomini, in questo segmento, anche se ancora fortemente maschile, le donne con competenze nell’ambito dell’informatica e del digitale vengono pagate di più.
Le valutazioni internazionali dimostrano quanto l’eccellenza in matematica possa essere il risultato di volontà politica e strategie pedagogiche forti. Nello spazio di qualche decennio la repubblica di Singapore è passata da essere una economia debole a uno dei più alti livelli di prosperità, ed è oggi al primo posto nei risultati Pisa di matematica, grazie a una revisione radicale dei programmi nelle scuole.
In Francia, in seguito a risultati non soddisfacenti in matematica ai test Pisa e Timss, nel 2017 la questione è divenuta una urgenza politica e una priorità nazionale. La motivazione sta nel valore strategico della matematica: uno scarso rendimento in questo campo può portare a una situazione socialmente ed economicamente disastrosa che, se non corretta, può pesare fortemente sul futuro sviluppo del Paese. E grande attenzione è stata posta anche sugli effetti negativi che l’esclusione della matematica ha sugli studenti rispetto alla fiducia in sé stessi e alla costruzione della propria individualità.
Tra le 21 raccomandazioni per una revisione dell’insegnamento della matematica fornite da Cédric Villani e Charles Torossian al ministro dell’Educazione, ci sono l’introduzione dalle elementari di metodi di apprendimento basati sul gioco e l’esperimento, una formazione specifica di sostegno per gli insegnanti elementari che non sono a loro agio con la matematica, una attenzione forte alle problematiche di genere (per esempio, gli stereotipi).
La matematica può sembrare difficile, ma l’adozione di pedagogie innovative, la prossimità crescente tra neuroscienza ed educazione, l’uso delle possibilità di apprendimento digitale e l’alleanza con genitori e insegnanti, possono aiutare ad abbattere quel muro dietro il quale vengono lasciati in troppi. Fino all’ultimo anno di scuola secondaria, qualunque sia il percorso scolastico scelto, continuiamo a imparare l’italiano e una lingua straniera. È ugualmente importante non lasciare indietro l’apprendimento della matematica, linguaggio dell’universo e del mondo fisico che abbiamo intorno. Un modo di pensare, un fattore di stima in sé stessi e, in un mondo in trasformazione, un «abilitatore di futuro», la possibilità di essere a proprio agio in quegli spazi dove si immagina e si costruisce il domani. E se uno studente o una studentessa si convincono di non essere portati, come Paese abbiamo un dovere: portarli noi.