Niente tagli Opec, il petrolio crolla Borse ancora in rosso, Milano -3,5%
Il Brent -9% a 45 dollari: il no di Mosca fa fallire il vertice tra i produttori
Tracolla il prezzo del petrolio dopo il fallimento del vertice Opec, con il no della Russia a tagli di produzione extra: il Brent ha perso il 9% a 45 dollari al barile, minimo da 3 anni. Chiude in profondo rosso un’altra settimana critica sui mercati: le Borse europee hanno perso ieri tra il 3 e il 4% (Milano -3,5%). Pesante anche Wall Street. L’indice Vix, che segnala la volatilità, è a livelli post-Lehman.
La diffusione del coronavirus ha continuato a tenere in forte allarme i mercati globali, con il conto della market cap evaporata in poco più d’una decina di sedute che, secondo gli analisti statunitensi, minaccia di avvicinarsi ai diecimila miliardi di dollari. A Wall Street sono scattate ieri nuove ondate di vendite di azioni e commodities, accompagnate da corse verso i beni rifugio nonostante un robusto dato sull’occupazione americana in febbraio. I «sicuri» titoli del Tesoro Usa a dieci anni hanno visto i prezzi impennarsi e i rendimenti scivolare sotto lo 0,7%, allo 0,695%, un nuovo record. I principali indici azionari, Dow Jones, S&P 500 e Nasdaq, sono invece scesi nel pomeriggio tra il 3% e il 4% (per poi recuperare parzialmente nel finale), archiviando una settimana terminata con limitate variazioni complessive ma ad altissima volatilità nelle singole sedute. Sulle piazze merci il petrolio è crollato, dell'8,2% il benchmark globale Brent e di quasi il 10% il Wti americano (si veda servizio a p. 16).
Tutte le piazze azionarie mondiali hanno conosciuto brusche altalene nelle ultime cinque giornate, culminate in nuovi cali nelle ultime ore, dopo una settimana nella quale avevano già visto svanire l'equivalente del Pil del Giappone. Bank of America, senza contare le scosse di ieri, ha stimato la capitalizzazione svanita da tutte le borse in novemila miliardi.
In Europa l’indice Stoxx 600 ha ceduto ieri il 3,7%, vanificando ogni tentativo di guadagni settimanali. Tra i segmenti più colpiti, viaggi, turismo e aerospazio: Airbus ha indicato di non aver ricevuto nuovi ordini di aerei in febbraio e il titolo ha perso quasi il 6 per cento. Flessioni sono scattate anche per le società di materie prime, dell’energia, dell’auto e del comparto bancario.
La diffusione della preoccupazione è parsa chiara sull'intero vecchio continente: l'indice Ftse Mib di Piazza affari ha lasciato sul parterre il 3,5%; l’Ftse 100 a Londra è sceso del 3,6%; il Dax tedesco e' caduto del 3,4%; il Cac 40 francese il 4,1 per cento. I titoli di stato tedeschi, asset rifugio quanto i bond americani oltreoceano, sono andati a ruba spingendo i loro rendimenti negativi a nuovi minimi, -0747% per il decennale, in calo di sei punti base, e -0337% per il trentennale. Il contemporaneo rialzo dei tassi sui titoli italiani ha portato lo spread BTpBund a sfondare quota 190 punti per poi chiudere poco sopra 180.
In Asia l’indice azionario giapponese Nikkei ha guidato i ribassi con perdite del 2,7 per cento. Simili ritirate hanno evidenziato il Kospi sudcoreano, sceso del 2,2%, come lo Hang Seng di Hong Kong, che ha perso il 2,3 per cento.
Lo spettro del Covid-19 ha continuato a far scattare revisioni delle prospettive economiche e di business globali innervosendo gli operatori. Moody's ha ridimensionato l'outlook per numerosi paesi, tra i quali Italia, Francia e Germania. L’Italia è «probabilmente in recessione», ha indicato, e l'intera aerea euro potrebbe vedere una crescita ferma quest'anno allo 0,7% anziché raggiungere l’1,2 per cento. I rischi di una recessione globale sono inoltre in aumento. S&P Global ha tagliato le attese di crescita per l'area Asia-Pacifico al 4% dal 4,8 per cento.
Negli Stati Uniti il grande fondo Sequoia Capital, fin da giovedì sera, ha ammonito le aziende nel suo portafoglio sull'impatto del coronavirus, invitandole a prepararsi a tempi difficili. L'ultimo grande avvertimento Sequoia l'aveva lanciato nel 2008, il momento della crisi finanziaria, con una nota che aveva allora destato scalpore, «RIP Good
Times», addio ai tempi felici.
A rassicurare gli investitori non è bastato l’effetto del taglio d’emergenza da parte della Federal Reserve dei tassi d'interesse americani, né la promessa di risposte coordinate da parte dei paesi del G7. I mercati si aspettano ulteriori azioni delle banche centrali, negli Usa e in Europa, e interventi di politica fiscale, con piani di spesa pubblica e di sgravi delle imposte che aiutino a contenere le tensioni economiche. Simili risposte sono tuttavia parse latitare, a cominciare dagli Stati Uniti.
‘‘ Occorre cercare di mettere da parte l’emotività e ragionare su prezzi e valutazioni muovendosi con cautela