Il Sole 24 Ore

Fallisce il vertice Opec Plus Il petrolio crolla del 9 per cento

La Russia rifiuta l’appoggio ai tagli di produzione extra Scricchiol­a l’asse coi sauditi Il gruppo promette nuove consultazi­oni, ma il Brent scivola ai minimi da 3 anni

- Sissi Bellomo @SissiBello­mo

L’Opec ha voluto giocare alla roulette russa. E ha perso. Mosca ha rifiutato di avallare il maxi-taglio di produzione che le era stato praticamen­te imposto. E a quel punto è crollato tutto: non solo il piano per ridurre ulteriorme­nte l’ offerta di petrolio in risposta al corona virus,ma anche le quote produttive già in vigore – che verranno meno a fine mese – e forse persino l’Opec Plus, un’alleanza che ha appena tre anni di vita.

Anche il prezzo del greggio ovviamente è crollato, in modo davvero rovinoso. IlBrent,conp un tedi ribasso superiori al 9%, è scesovi cino a 45 dollari al barile, su livelli che non toccava dall’ estate 2017. Il W ti è scivolato a 41 dollari, ai minimi da agosto 2016. Entrambi ibenc hm ark sono ora inrib assodi oltre il 30% da inizio anno e hanno perso un quinto del valore da quando, prima in Cina e poi nel resto del mondo, l’epidemia ha cominciato a diffonders­i.

Liberi tutti

L’ondata di vendite sul mercato era cominciata prima ancora che il fallimento del vertice di Vienna venisse reso ufficiale, mentre si rincorreva­no frenetiche e talvolta contraddit­torie indiscrezi­oni sul braccio di ferro tra russi e sauditi. Alla fine si è avverato lo scenario peggiore. «Dal 1° aprile non ci saranno più restrizion­i a produrre né per l’Opec né per i Paesi non Opec», ha dichiarato il ministro russo Alexander Novak abbandonan­do il vertice. «Abbiamo preso la dolorosa decisione di aggiornare la riunione, ma le consultazi­oni proseguira­nno», ha chiarito il segretario generale dell’Opec Mohammed Barkindo.

I prossimi contatti avverranno comunque «nella cornice della Dichiarazi­one di cooperazio­ne» (ossia nell’ambito dell’Opec Plus) specifica un comunicato dell’Opec, distribuit­o a Vienna, mach e in serata non compariva sul sito del gruppo. L’ obiettivo, affermala nota, è «determinar­e le azioni necessarie per stabilizza­re il mercato del petrolio».

Sfida allo shale oil

Neanche Novak a dire il vero ha chiuso del tutto la porta agli alleati :« La cooperazio­nenell’ am bit odell’ Op ec Plus proseguirà », ha affermato il russo. Ma per fissare la data del prossimo incontro bisognerà prima« osservare la situazione del coronaviru­s e il comportame­nto di altri Paesi». È probabile che il riferiment­o sia agli Stati Uniti e ai loro produttori di shale oil, ai quali Mosca non vuole cedere ulteriore terreno e che ora spera di indurre alla resa lasciando che il prezzo del petrolio affondi a livelli insostenib­ili. La stessa strategia era stata applicata anche dall’Arabia Saudita nel 2015, ai tempi del ministro Ali Al Naimi, ma era sfociata in un clamoroso insuccesso. Il passo successivo era stato proprio l’alleanza con la Russia, che ha restituito all’Opec il potere di regolare l’offerta di petrolio. La definitiva rottura di questo asse costituire­bbe una pericolosa sconfitta per Riad.

Visibilmen­te contrariat­o, il principe ministro saudita, Abdulaziz Bin Salman, ha evitato ogni commento. A fine vertice solo una battuta sulla futura produzione di petrolio del Regno: «La lascerò alla vostra immaginazi­one».

L’ultimatum

L’Opec aveva messo la Russia spalle al muro giovedì, approvando nuovi tagli produttivi di 1,5 milioni di barili al giorno, di cui un terzo a carico degli alleati esterni. Anche i tempi dell’intervento erano già definiti: l’Opec dapprima aveva deciso di limitare i tagli extra al secondo trimestre, poi – in modo poco ortodosso, dopo che la riunione si era già sciolta – aveva corretto il tiro, estendendo­ne la durata a tutto l’anno. L’ obiettivo, contando anche i tagli già in vigore, sarebbe stato rimuovere dal mercato ben 3,6 mbg, ossia quasi il 4% dell’ offerta globale di greggio: un taglio record, superiore in termini percentual­ipersino a quello effettuato a fine 2008 dopo il collasso di Lehman Brothers.

L’Arabia Saudita, ispiratric­e del piano, aveva però fatto i conti senza l’oste. Di fronte al fatto compiuto la Russia aveva soltanto due possibilit­à: chinare la testa e accettare un accordo preconfezi­onato, oppure rifiutarlo in blocco evitando di perdere la faccia. Ha scelto – logicament­e, verrebbe da dire – la seconda opzione.

Nessun compromess­o

A nulla sono serviti i tentati vidicon vincere il ministro Novak, che dopo una breve puntata in patria per consultazi­oni al Cremlino era rientrato Vienna con un mandato evidenteme­nte molto preciso. La riunione dei Paesino n Op ec è iniziata con ben sei ore di ritardo per lasciare spazio alle trattative bilaterali. Ma stavolta non c’è stato spazio per nessun compromess­o. «Negli ultimi tre anni la Russia, un Paese non Opec, è riuscita a ottenere in pratica un potere di veto sulle decisioni dell’Opec», commenta Ellen Wald, senior fellow dell’Atlantic Council. «Il coronaviru­s ha fatto un’altra vittima: l’alleanza dei produttori – afferma Roger Diwan, vicepresid­ente di IHS Markit – Di fronte a un drammatico declino della domanda stanno gettandola spugna. È probabile che nel prossimo trimestre vedremo scendere il prezzo del petrolio ai minimi da vent’anni».

Futuro incerto

A questo punto rischia in effetti di venir meno anche l’ impeg no dell’ Op e capro seguirecon­i tagli produttivi dopo marzo, quando scadrà il patto oggi in vigore .« Non c’ è nessun piano B–aveva avvertito il ministro iraniano BijanZanga­n eh –. Sei Paesino n Op ecn on accettano l’accordo, allora non c’è nessun accordo». Lo stesso Zanganeh ieri ha comunque preannunci­ato« ulteriori consultazi­oni in un clima meno teso, per raggiunger­e un nuovo accordo da implementa­re il prima possibile».

Per il mercato il fallimento del vertice di ieri è stato «un enorme colpo psicologic­o», riconosce Ann-Louise Hittle, vice presidente di Wood Mackenzie. Tuttavia, «per qualsiasi produttore sarà difficile aumentare molto l’output con la domanda così debole e la probabilit­à che la debolezza prosegua nel secondo trimestre». Nel frattempo lo shale oil americano, già in crisi per il ridotto accesso al credito, potrebbe davvero cedere, anche se «ci vorranno 6-9 mesi di riduzione della spesa per avere una produzione più bassa nei Lower48», ricorda Hittle.

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AFP
Voce nel deserto. Il ministro saudita dell’Energia, principe Abdulaziz bin Salman AFP

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