IL SUPER TUESDAY E L’INTERESSE EUROPEO
Martedì scorso è stato un giorno decisivo per la politica americana. Le primarie del Partito democratico hanno portato alla luce due strategie politiche alternative (con i loro candidati, Bernie Sanders e Joe Biden) per competere con il partito repubblicano di Donald Trump. Quale delle strategie in campo è più congeniale con gli interessi europei? Vediamo.
Partiamo dal partito repubblicano di Trump. Esso rappresenta il primo organico tentativo, nella politica americana postbellica, di perseguire una strategia nazionalista con un forte carattere populista. Questa strategia ha condotto ad una rottura radicale con il regime delle politiche pubbliche costruito dalle precedenti amministrazioni. Sul piano economico, essa si è sostanziata nella de-regolamentazione dei mercati finanziari (con l'abolizione di parti importanti della legge Dodd-Frank introdotta nel 2010 in risposta alla crisi finanziaria del 2008 e finalizzata a regolamentare il funzionamento dei mercati finanziari) e nella de-tassazione dei redditi (con una legge, approvata nel 2017, che ha abbassato le tasse in particolare ai “corporate profits, investment incomes, estate properties”, per dirla con il WSJ, portando il lower corporate rate dal 33-35 al 21 per cento). Come ha spiegato Gregory Mankiv, ciò ha creato un clima favorevole al business, con la crescita dei corsi azionari (almeno prima dell’arrivo dell’epidemia del coronavirus) e con l’incremento dell’occupazione (l’80,6 per cento degli adulti tra i 24 e i 54 anni ha un lavoro, il livello più alto dal giugno 2001).
Tuttavia, questo approccio economico ha generato conseguenze negative di non poco conto, in particolare una crescita notevole della diseguaglianza economica (così come è misurata dal coefficiente Gini). La marea si è alzata, ma non ha sollevato tutte le barche. Tale approccio ha generato anche un’impennata del debito pubblico (la spesa annuale per il pagamento degli interessi è più che triplicata) che ha portato a tagli dei servizi federali. Come, ad esempio, quelli dei Centers for Disease Control and Prevention, che hanno poi reso il Paese impreparato ad affrontare l’arrivo del coronavirus. L’approccio de-regolativo è stato perseguito anche sul piano internazionale, con la messa in discussione delle regole del sistema multilaterale (a cominciare da quelle del commercio mondiale) e la spinta a negoziazioni commerciali bilaterali. Tale nazionalismo economico e politico ha inevitabilmente indebolito il rapporto transatlantico (Trump non nasconde il suo intento di portare gli Usa fuori dalla Nato). Solamente la superficialità culturale potrebbe far gioire qualche leader sovranista europeo, se Trump venisse eletto per un secondo mandato. In quel caso, l’Europa sarebbe ancora più sola nell'affrontare le sfide che ha di fronte.
Vediamo ora le due alternative democratiche (rappresentate da Bernie Sanders e Joe Biden) al nazionalismo populista di Trump. Bernie Sanders propone l’opposto di Donald Trump in termini di politiche pubbliche, dando una risposta radicale alla diseguaglianza economica accentuata dalle politiche del presidente. Le proposte che avanza non sono radicali in sé, ma lo sono in relazione al contesto in cui vengono avanzate. L’introduzione di un sistema sanitario nazionale (Medicare for all) o l’accesso gratuito all’istruzione universitaria (proposte sostenute da una forte tassazione dell’1 per cento più ricco del Paese) sono largamente accettati dagli elettori delle democrazie nazionali europee o da quelli del vicino Canada. Tuttavia, nel contesto americano, quelle proposte mettono in discussione istituzioni e pratiche sociali che si sono consolidate a partire dagli anni Trenta del secolo scorso (e che beneficiano di un largo consenso sociale). Anche per Sanders, come per Trump, la politica estera è un semplice derivato della politica interna. La battaglia alle ingiustizie all’interno del Paese si dovrebbe estendere alle ingiustizie fuori del Paese. Ma soprattutto ciò che connota Sanders è il linguaggio populista della sua campagna. I suoi avversari sono i membri dell’establishment sia economico che politico. Con Sanders, il partito democratico si polarizzerebbe a sinistra, esattamente come il partito repubblicano si è polarizzato a destra con Trump. È nello spazio tra i due populismi che si è inserito Joe Biden, nel tentativo di aggregare un'area di elettorato moderato ed internazionalista. Biden propone di estendere l’Affordable Care Act introdotto nel 2010 (invece di nazionalizzare il sistema sanitario) oppure di reintrodurre le regolamentazioni del Dodd-Frank Act oppure di trovare soluzioni concordate (tra banche e università) per i debiti contratti dagli studenti. Propone una politica estera (di cui è l’unico, tra i candidati, a capirne qualcosa) che non è una semplice proiezione della politica interna. Per i suoi consiglieri (come Nick Burns), infatti, la politica estera dovrebbe riflettere gli interessi strategici del Paese, non già quelli contingenti del presidente di turno. Così, per Biden, occorre ricostruire il sistema multilaterale (in particolare dei commerci) e la relazione transatlantica tra gli Usa e l’Europa (in particolare sul piano della sicurezza). Come ha argomentato E.J. Dionne Jr., la prospettiva di Biden, per affermarsi, dovrà però includere anche l’elettorato che guarda a Sanders. Avanzando proposte, seppure ragionevoli, di riforma fiscale redistributiva per ridurre la diseguaglianza (incompatibile con una democrazia di mercato). Comunque sia, una presidenza Biden sarebbe congeniale con gli interessi economici e strategici dell’Europa.
Insomma, gli Stati Uniti continuano ad essere un formidabile laboratorio politico. A novembre, gli americani eleggeranno un presidente, 35 senatori e tutti i 435 membri della Camera (oltre alla maggioranza dei governatori e legislativi dei 50 stati). Da quel laboratorio usciranno scelte che influenzeranno l’intero pianeta. La personalità dei candidati conta, ma contano soprattutto le loro strategie. Si dice che Helmut Schmidt avesse detto a Jimmy Carter: «Le elezioni americane sono troppo importanti per tutti noi, per lasciarle solamente a voi». Come non dargli ragione?