Il Sole 24 Ore

Ue, via ai fondi extra Ipoteca da 35 miliardi sulla manovra 2021

È lo sforzo necessario per rispettare gli obiettivi al netto del rischio recessione

- Rogari e Trovati

«Le spese una tantum per far fronte alla diffusione dell’epidemia sono escluse dal calcolo del bilancio struttural­e»: è la risposta della Commission­e Ue alla richiesta italiana di scostament­o dal deficit programmat­ico per l’emergenza virus. Il Governo ribadisce per ora che il Def di aprile manterrà l’obiettivo di disavanzo all’1,8% l’anno prossimo, per arrivare all'1,4% nel 2022. Ambizione che determina un’ipoteca da almeno 35 miliardi sui conti dell’anno prossimo.

Nella risposta arrivata ieri al Mef la Commission­e prefigura margini molto ampi per una eccezional­ità fiscale nel 2020 dovuta all’emergenza coronaviru­s. Ma con la relazione sul deficit aggiuntivo che le Camere voteranno mercoledì il governo ribadisce almeno per ora che il Def di aprile manterrà l’obiettivo di riportare il disavanzo all’1,8% l’anno prossimo, per arrivare all’1,4% nel 2022. Tanta ambizione, forse inevitabil­e in questa fase per non mettere troppe variabili su un tavolo già affollato di incognite, determina però un’ipoteca da almeno 35 miliardi sui conti dell’anno prossimo. Al netto di una possibile recessione da coronaviru­s. E di eventuali nuove misure espansive per provare a ridare fiato all’economia.

La cifra, prudenzial­e, è figlia delle cifre ufficiali della finanza pubblica tracciate proprio a Via XX Settembre. Con i 6,35 miliardi di disavanzo per finanziare le prossime misure anti-crisi, che Gualtieri dettaglier­à martedì nel suo primo intervento parlamenta­re da quando è iniziata la crisi sanitaria, il saldo di quest’ anno viene ritoccato fino ad arrivare al -2,5 per cento. Ipotizzand­o di chiudere l’anno davvero a questo livello, mettendo da parte il rischio di un peggiorame­nto ulteriore dei conti pubblici per l’effetto recessione, centrare l’obiettivo 2021 impone una correzione da 5,6 miliardi in più rispetto a quella prevista fin qui. Perché il tracciato dell’ ultim aN adef prevedeva per il prossimo anno uno scalino da quattro decimali di Pil, dal 2,2% all’1,8%, che nel nuovo quadro con disavanzo al 2,5% diventano sette.

Il grosso dello sforzo necessario a seguire questa parabola è per ora affidato alle clausole su Iva e accise, da 20,1 miliardi sul 2021. Ma gli aumenti Iva, indigeribi­li perla politica anche in tempi normali, diventano ancora più improponib­ili quandola stagnazion­e corre il rischio concreto di trasformar­si in recessione. Per evitarli senza ripensare il percorso del deficit quindi servirebbe­ro coperture alternativ­e per 20,1 miliardi. Che sommati ai 5,6 di correzione aggiuntiva fanno 25,7.

Ma non è finita. Perché lo stesso Mef, rispondend­o alle analisi di Inps e Upb, ha riconosciu­to che per confermare nel 2021 l’ impianto attuale del taglio alcune o fiscale serviranno due miliardi aggiuntivi. E siamo a 27,7. Per completare il quadro di questa ipotetica “manovra minima” obbligata, che cioè non tiene conto di eventuali misure aggiuntive decise dalla politica, bisogna richiamare gli almeno 2 miliardi di spese indifferib­ili, da rifinanzia­re ogni anno, e la conferma di bonus e sconti fiscali come quelli per le ristruttur­azioni, il risparmio energetico e gli investimen­ti delle aziende nell'ambito di Impresa 4.0. Un rifinanzia­mento scontato, almeno per ora, dal momento che nei ministeri si lavora anzi a un potenziame­nto di molti di questi aiuti fiscali.

In questo modo si arriva appunto intorno a 35 miliardi, tenendo conto anche del fatto che una parte delle misure in avvio per affrontare l’emergenza, per esempio le assunzioni di medici e infermieri, determinan­o una spesa che non può certo spegnersi a fine anno. Ma su questo calcolo pesano variabili ulteriori. Una è rappresent­ata dalla spesa per interessi. A settembre 2019, dopo settimane di rendimenti del decennale sottol’ 1%e di spread oscillante fra i 130 e i 150 punti, il governo aveva messo in conto un leggero aumento di questa voce, che nel 2021 sarebbe arrivata al 3,7% del Pil dopo il 3,6% del 2020. Ma venerdì il differenzi­ale con i bund ha chiuso a 180 punti, e il rendimento del Btp decennale ha toccato l’1,08%. Se la spinta al rialzo dovesse continuare, anche la previsione di spesa sarebbe da rivedere.

Ma l’incognita più pesante è quella legata all’andamento del Pil. Perché il quadro di finanza pubblica disegnato dall aN adef 2019 poggia su una crescita dello 0,6% ormai considerat­a irraggiung­ibile. L’ aggiorname­nto delle previsioni ufficiali sarà elaborato nelle prossime settimane, in vista del Def, e come ribadito dal ministro dell’ Ec on omiaGu alt ieri èalm omento impossibil­e quantifica­re con un minimo di solidità gli effetti economici del corona virus: ed è quindi altrettant­o complicato calcolareq­uanto della spinta alle entra teche ha permesso di chiudere il 2019 con un deficit all ’1,6% anziché al previsto 2,2% si ripeterà quest’anno dando un nuovo aiuto ai saldi. È quindi presto per inserire anche questi elementi nel conto.

Ma con una crescita intorno o poco sotto allo zero, come prospettat­a dai più prudenti fra i report degli ultimi giorni, il deficit salirebbe di altri 2-3 decimali, cioè fra i 3,6 e i 5,4 miliardi. Con il -0,5% ipotizzato venerdì da Moody’s, il disavanzo aggiuntivo sarebbe invece di sei decimali: 11 miliardi.

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