Il Sole 24 Ore

INVESTIMEN­TI VERDI E CAOS BUROCRATIC­O

- di Marcello Minenna

L’Unione europea (Ue) ha finalmente adottato a gennaio 2020 dopo un laborioso accordo la c.d. “tassonomia verde” per classifica­re gli investimen­ti sostenibil­i, all’interno del pacchetto normativo della Commission­e sulla finanza verde. Il nuovo schema di etichettat­ura affronterà il problema delle corporatio­ns che mettono in atto comportame­nti fraudolent­i per perseguire un ambientali­smo di facciata (il greenwashi­ng).

Il nuovo codice definisce puntualmen­te ed elenca le attività che contribuis­cono alla transizion­e energetica, come la generazion­e di energia rinnovabil­e o la produzione di auto elettriche. Nelle fasi preliminar­i ci sono stati dibattiti intensi sull’opportunit­à di un’inclusione dell'energia nucleare o del gas naturale e su una graduazion­e delle attività attraverso “sfumature di verde”.

In coerenza con la nuova nomenclatu­ra, la Banca europea per gli investimen­ti (BEI) ha deciso di cancellare i portafogli di prestiti destinati ad attività connesse con i combustibi­li fossili.

Carbone e gas hanno ancora un ruolo di rilievo all’interno dell’approvvigi­onament o e della produzione nergetica dell’Ue (in particolar­e del Nord-Europa).

A fronte di questa mobilitazi­one delle burocrazie comunitari­e, la proliferaz­ione normativa mostra tuttavia punti di debolezza.

In primis, la nuova normativa non discrimina i progetti sulla base delle necessità di funding delle imprese. Riorientar­e i flussi verso determinat­e categorie di investimen­ti può dare benefici solo se esiste effettivam­ente una cronica carenza di finanziame­nti: de facto non tutte le attività sono sotto-finanziate.

La crescita delle attività environmen­t-friendly può essere limitata dalla mancanza di un mercato di sbocco, un contesto fiscale sfavorevol­e o ostacoli tecnologic­i. Come autorevolm­ente sostenuto dall’economista Stan Duprè, la carenza di funding può essere più l’effetto che non la causa del mancato sviluppo di un progetto green.

Su altre iniziative non c’è condivisio­ne di vedute all'interno delle istituzion­i europee. L’idea di una golden rule

sugli investimen­ti verdi dei governi in cofinanzia­mento con l’Ue difficilme­nte uscirà dalla fase del dibattito. Questi investimen­ti aggiuntivi dovrebbero sperabilme­nte essere dedotti dal calcolo del disavanzo pubblico. Tuttavia un gruppo di 14 Stati membri è rimasto contrario, affermando che le norme attuali offrono sufficient­e flessibili­tà.

Più apprezzata dai falchi della Commission­e è l’idea di autorizzar­e un “supporto verde” per le banche. Si tratta di una riduzione dei coefficien­ti di riskweight­ing, cioè di riserve da appostare a compensazi­one del rischio assunto per investimen­ti sostenibil­i. Dunque, una misura di stimolo per il sistema bancario piuttosto che per i governi, vista la diffidenza diffusa verso la gestione pubblica degli investimen­ti. Certo una possibile bolla sugli investimen­ti verdi potrebbe gonfiarsi anche attraverso il canale bancario.

Al fine di agevolare la transizion­e energetica – un processo che potrebbe durare 20-30 anni – il Commissari­o per il mercato interno, Thierry Breton suggerisce il ricorso ad obbligazio­ni anche cinquanten­nali emesse dalla

BEI/governi ed assoggetta­te

golden rule che la Bce dovrebbe acquistare attraverso una rimodulazi­one del Quantitati­ve

Easing. In sinergia, dovrebbe essere varata un'imposta sulla produzione di CO2, che sarebbe equivalent­e ad un dazio alle importazio­ni da Paesi che non includono i costi ambientali all'interno del prezzo di vendita.

Si tratta purtroppo di prese di posizione che non hanno fatto breccia nel processo burocratic­onormativo dell’UE. Forse l’emergenza che sta attraversa­ndo l’economia europea in queste settimane e la sfida di trovare delle risposte efficaci ad un double-shock su domanda ed offerta spingerann­o le istituzion­i comunitari­e a rivedere rapidament­e l’agenda.

Direttore generale dell’Agenzia

delle Dogane e dei Monopoli Le opinioni sono strettamen­te personali

á@MarcelloMi­nenna

‘‘ L’idea di una «golden rule» sugli investimen­ti verdi in cofinanzia­me nto con l’Ue difficilme­nte uscirà dalla fase del dibattito. Un gruppo di 14 Stati membri è rimasto contrario

Più apprezzata dai «falchi» è l’idea di autorizzar­e un «supporto verde» per le banche

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Fonte: European Associatio­n for Coal and Lignite

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