Dalla Ue ok al deficit: margini ampi sul patto
La spesa per fronteggiare l’epidemia «esclusa per definizione» dal saldo strutturale. «Consapevoli dell’esigenza degli Stati membri»
«Qualsiasi spesa una tantum per fronteggiare l’epidemia sarebbe esclusa per definizione dal calcolo del saldo strutturale e non sarebbe presa in considerazione nella valutazione sul rispetto dello sforzo fiscale richiesto dalle regole in vigore». Nella sua risposta arrivata ieri mattina alla notifica italiana della decisione di aumentare il deficit di quest’anno per finanziare le misure anticrisi, la commissione europea sceglie un linguaggio particolarmente chiaro. E nel testo firmato dal vicepresidente Valdis Dombrovskis e dal commissario per l’Economia Paolo Gentiloni in risposta alla lettera del ministro dell’Economia Gualtieri va oltre il tema specifico dei 6,35 miliardi di disavanzo in più prospettati da Roma, per offrire un’indicazione generale. Anzi due.
La prima, appunto, è l’esclusione «per definizione» delle spese eccezionali per affrontare l’emergenza. Il secondo passo, altrettanto fondamentale per Roma, guarda oltre i confini italiani e prova a prefigurare quell’intervento “coordinato” a livello dell’Unione su cui il governo italiano, affiancato fra gli altri dalla Francia, punta per gestire le fasi successive di una frenata dell’economia che si preannuncia lunga e trasversale. Per questa ragione Dombrovskis e Gentiloni evidenziano la consapevolezza dell’esecutivo Ue che le richieste di “flessibilità” arriveranno da più Capitali europee, e saranno esaminate nell’ambito dei lavori su un Programma di Stabilità 2020 che sarà «consapevole dell’esigenza degli Stati membri di attuare misure urgenti per salvaguardare il benessere dei cittadini e mitigare gli effetti negativi della crisi del coronavirus sull’economia». È un richiamo alla clausola per eventi economici avversi che potrebbe aprire nel Programma di stabilità spazi per meccanismi di deroga più ampi. L’Eurogruppo del 16 marzo sarà la prima occasione per «valutare i prossimi passi» (in una riunione che per ora mantiene all’ordine del giorno la riforma del Mes su cui la Lega riaccende in queste ore la polemica).
Viste da Roma, le due mosse raccontate dalla lettera europea sono intrecciate. Perché è vero che Dombrovskis e Gentiloni delineano la possibilità di ulteriori spese eccezionali oltre a quelle collegate al decreto atteso la prossima settimana, ma gli spazi fiscali italiani sono tutt’altro che infiniti (si veda l’altro articolo in pagina). Ma soprattutto perché più che nelle regole europee le incognite per la finanza pubblica italiana si concentrano ora sulla possibile reazione dei mercati. Per ora la risalita dello spread è stata spinta in particolare dal rendimento del Bund decennale, sprofondato a -0,72%. Ma in tempi di “fuga verso la qualità” i titoli italiani rischiano. E una rete di interventi europea può offrire uno scenario un po’ meno incerto di quello che sarebbe prodotto dall’idea di un’Italia che corre da sola verso un maxideficit alimentato da un programma individuale di spese straordinarie.
Più che nelle regole europee le incognite per la finanza pubblica italiana si concentrano sulla reazione dei mercati