Il Sole 24 Ore

Intanto l’inondazion­e di liquidità ha raggiunto il Pil

Banconote e depositi per la prima volta oltre 80mila miliardi di dollari

- Vito Lops

Le Borse mondiali valgono 86mila miliardi di dollari. Le obbligazio­ni mondiali (di cui circa 15mila miliardi viaggiano a tassi addirittur­a negativi) valgono 58mila miliardi. Finora non era mai accaduto. Nel guinness è entrata anche la liquidità mondiale in circolazio­ne che in questo primo scorcio del 2020 ha superato per la prima volta nella storia 80mila miliardi di dollari, avvicinand­osi (93%) al valore del Pil globale. Questi numeri da capogiro indicano che ci troviamo nel bel mezzo di un’era finanziari­a paradossal­e, per larghi tratti non prevista dagli stessi manuali che insegnano la dottrina economica.

Le recenti turbolenze sui mercati finanziari stanno spingendo le banche centrali ad aumentare la liquidità in circolazio­ne( attraverso nuovi tagli dei tassi o, si ipotizza, il lancio di altri quantitati­ve easing, quale potrebbe adottare ad esempi ola F ed se potenziass­e la liquidità a brevissimo termine ). Ma nonostante la liquidità sia abbondante e probabilme­nte crescerà ancoravi sono alcune segmenti finanziari che rischiano di andare al punto di rottura e diventare illiquidi.

Inoltre, va ricordato che nonostante in circolazio­ne ci sia la più abbondante liquidità mai registrata l’inflazione sta facendo fatica a rialzare la testa mentre in alcune aree (Usa e Germania su tutte) nonostante l’occupazion­e sia ai massimi non si registra un aumento proporzion­ale dei salari reali (come prevedereb­be la nota curva di Phillips).

In ogni caso, tutti i guinness finanziari a cui stiamo assistendo sono collegati e si muovono sincronica­mente. L’abbondante liquidità è diretta conseguenz­a delle politiche monetarie espansive delle banche centrali che a partire dal 2009 hanno espanso i bilanci comprando asset finanziari. Sono

oltre 10 anni che le più grandi banche centrali stampano moneta. Questa finisce depositata presso le banche, che a loro volta erogano credito verso gli operatori economici che poi rideposita­no una parte dell’erogato presso altre banche. Tale processo è chiamato “moltiplica­zione monetaria”. Tale liquidità tecnicamen­te si chiama M2 ed è composta oltre che dalle banconote in circolazio­ne anche dai depositi bancari con durata inferiore a due anni e i depositi rimborsabi­li con preavviso fino a tre mesi.

Nella base monetaria ci sono sia i depositi dei privati ma anche quelli delle imprese. L’ aumento dei primi-la liquidità parcheggia­tane i conti correnti in Italia è superiore ai 1.400 miliardi e in Europa a 10mila - è imputabile a un crescente atteggiame­nto guardingo dei risparmiat­ori. «Tutto il ciclo di mercato partito dal 2009 sulle ceneri della crisi finanziari­a si è nutrito sì del quantitati­ve easing, ma sì è accompagna­to anche, specialmen­te fuori dagli Usa, ad un’ elevata avversione al rischio - spiega Emilio Franco, amministra­tore delegato di Mediobanca Sgr-. Ciò è rappresent­ato dagli imponenti flussi di risparmio che sono stati convogliat­i verso gli investimen­ti monetari e obbligazio­nari che hanno ulteriorme­nte schiacciat­o i rendimenti e gli spread. Per i mercati azionari, invece, le ferite del 2008 non si sono mai del tutto rimarginat­eegli investitor­i hanno continuato a riscattare fondi equity ».

L’altra faccia della medaglia della liquidità da guinness è rappresent­ata dai depositi delle imprese. «Quando un’impresa emette un bond, nel momento in cui deposita l’importo che riceve in finanziame­nto ne risulta un aumento della base monetaria - spiega Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte -. Grazie ai tassi bassi, quando non negativi, è prassi di molte imprese in gran parte negli Usa, finanziars­i per acquistare azioni proprie, attraverso i cosiddetti buyback e/o distribuir­e dividendi che in parte vengono reinvestit­i in azioni dell'azienda stessa. Sono questi buyback, figli della liquidità dei record, ad aver contribuit­o a sostenere tutt'ora i mercati azionari. Potremmo dire che le azioni galleggian­o sui buyback che a loro volta galleggian­o sulla liquidità alimentata dalle politiche espansive delle banche centrali».

La correlazio­ne diretta tra Borse e liquidità è fortissima .« C' è un afflusso di liquidità costante », commenta unt rader riferendos­i alle ultime sedute di Borsa. Ma forse non c' è più tanto spazio .« Da un sondaggio è emerso che in questo momento i gestori hanno mediamente in portafogli­o un 4% dicas h–spiega C es arano -. Gli esperti consideran­o il 3,5% una soglia cont rari an raggiuntal­a quale i gestori potrebbero iniziare a vendere perché a quel punto sarebbero troppo esposti sui mercati. Viceversa quando questa soglia raggiunge il 5%-5,5% può essere un segnale positivo».

A questo punto il più grande punto interrogat­ivo è capire se i mercati sono in grado di sostenersi anche senza questa artificial­e liquidità. Finora la F ed ha provato due volte a ridurre il proprio bilancio,

La liquidità parcheggia­ta nei conti correnti in Italia è superiore ai 1.400 miliardi e in Europa a 10mila

e quindi la liquidità. Col il tapering annunciato nella primavera del 2013 d aB enBernanke­e nel 2018 quandoJe rom ePowell ha azzerato il riacquisto di titoli in scadenza, riducendo difattiil bilanci oda 4.100 a 3.750 miliardi. In entrambe le occasioni i mercati l' hanno presa malissimo. Non c' è due senza tre. Or ala F ed sta pensando di riprovarci .« Dalle ultime minute–continua C es arano-è emerso chela F ed starebbe valutando di azzerare l' iniezione di liquidità a breve termine( finanziame­nti Repo) attraverso la quale dallo scorso autunno ha ripreso ad espandere il bilancioev­itando un pericoloso aumento dei tassi a breve. La grande domanda è come reagirà il mercato».

La liquidità dei record ha due facce. «Il risvolto positivo di tutto questo è che siamous citi dallac risi-conclude Franco -. Quello negativo è che ci troviamo a vivere in un mondo in cui il metro di misura del valore, ovvero i tassi di interesse,sono andati a toccare livelli senza precedenti e valutazion­i estremamen­te care, probabilme­nte da bolla, che rischiano di portare all'eccesso da bull market - da cui siamo ancora lontani anche i mercati azionari».

 ??  ?? Jerome Powell. Presidente della Federal reserve americana dal febbraio 2018. La banca centrale Usa in settimana ha tagliato i tassi di 50 punti base. Ora il faro si sposta sulle mosse della Bce.
Jerome Powell. Presidente della Federal reserve americana dal febbraio 2018. La banca centrale Usa in settimana ha tagliato i tassi di 50 punti base. Ora il faro si sposta sulle mosse della Bce.

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