Ma la catena di fornitura è già ripartita
Anche nella provincia dell’Hubei previste aperture dalla prossima settimana
«Finalmente si riparte, in effetti non ne potevo davvero più». Il lungo periodo di quarantena di Thomas Stiller sta per terminare e dalla settimana prossima il managing director della filiale cinese della varesina LuVe potrà riavviare l’attività operativa (quella commerciale era già ripartita il 24 nella sede di Changshu), un sito da una settantina di addetti localizzato nell’Hubei, provincia epicentro del coronavirus. Fermo dal 24 gennaio, con una prima ipotesi di riavvio il 14 febbraio, termine più volte posticipato. È un lento ritorno alla normalità quello che sta sperimentando l’economia di Pechino, con le fabbriche che progressivamente riaprono i battenti riattivando l’export cinese e catene di fornitura bloccate da settimane. «Da quello che vediamo spiega l’imprenditore della meccanica e vicepresidente della Fondazione Italia-Cina Pierluigi Streparava - molte aziende hanno riaperto. Le imprese però non possono ripartire subito al 100%, in qualche caso viene segnalato assenteismo tra il personale: molta gente evidentemente ha ancora paura. Le forniture? Noi abbiamo avuto solo un problema indiretto, un componente in arrivo dal Messico, bloccato però da un fornitore cinese. Ma avevamo scorte rilevanti e ci siamo arrangiati. L’effetto dello stop cinese, come capitato ad alcune fonderie della zona, è stato per ora quello di dirottare qui parte degli ordini». Situazione quasi normale anche per la produzione cinese di Zoppas Ind.Heating Elements Technologies, 1.400 addetti a sud ovest di Shanghai impegnati nella componentistica. «Siamo al 90% dell’organico - spiega il direttore generale Federico Zoppas - e già da un paio di settimane noi abbiamo iniziato lentamente a produrre. Merito anche dell’approccio scientifico del governo. Attraverso una applicazione ciascun dipendente di ogni azienda è tracciato in modo completo: si sa da dove viene, qual è il suo stato di salute, da quale momento è disponibile all’attività avendo terminato la quarantena. Qualche nostro concorrente in Cina lavora ancora al 50-60%, ma si stanno tutti riprendendo». Lo stesso gruppo, che utilizza per le produzioni italiane componenti in arrivo dalla Cina, pur essendosi cautelato con fornitori alternativi non ha finora dovuto attingere a tali volumi. «Ad oggi le forniture non si sono interrotte - spiega Zoppas anche se bisogna tenere conto che il tempo di trasporto via nave è di circa tre settimane, la pipeline è lunga». Svuotata la quale vi saranno problemi. «Mentre febbraio è stato stabile - spiega il Presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure occidentale Paolo Emilio Signorini per marzo guardando le cancellazioni prevediamo a Genova un calo del 30% dei volumi con la Cina, per il porto si traduce in un calo del 10%». In previsione delle difficoltà molte aziende si sono comunque cautelate, piazzando ordini aggiuntivi verso fornitori non cinesi. Come capita alla vicentina Mevis (componentistica meccanica per auto), che in Cina ha un sito ormai a pieno regime da alcune settimane. «Il reshoring sta avvenendo - spiega l’imprenditore Federico Visentin - e per noi a marzo questo vale un milione di ordini in più. E da quello che sento questa vicenda sta modificando le scelte di molti costruttori, che in via stabile cercano ora di avere più alternative di fornitura. Il rischio ora però è l’Italia, la nostra gestione della crisi. E infatti molti clienti mi stanno chiedendo di anticipare al massimo le consegne: vogliono fare scorta per evitare di trovarsi a mal partito se qui la situazione dovesse degenerare».
Se l’Italia è nel pieno dell’emergenza, la Cina inizia dunque ad uscirne. Con tempi che ad ogni modo non saranno rapidi. «Ci vorranno 3-4 settimane per assicurare i flussi produttivi normali - aggiunge ancora Stiller di Lu-Ve - e poi vedo un ritardo ovvio nei cantieri, il freno indotto dalla cancellazione di tante fiere: ho idea che il ritorno alla normalità non possa arrivare prima di giugno-luglio».
Servirà tempo per la normalità: a marzo il porto di Genova stima -30% nei cargo da Pechino