Quella storica pedina di Cuccia
Fino a 20 anni fa negli ambienti finanziari italiani le Cartiere Burgo avevano una notorietà che andava oltre la loro produzione cartaria. Burgo era una delle pedine finanziarie della Mediobanca di Enrico Cuccia, che in più occasioni chiese al numero uno, Giuseppe Lignana, di acquistare pacchetti azionari per puntellare il sistema della cosiddetta Galassia del Nord.
In effetti, le Cartiere Burgo sono state per decenni uno dei soci storici del patto di sindacato di Mediobanca. Ma salirono alla ribalta delle cronache quando, in qualità di azionisti della Banca commerciale italiana (Comit), furono coinvolti nella grande battaglia bancaria che a fine anni 90 vide prima il tentativo di fusione tra Comit e Banca di Roma e poi l’Opa di UniCredit su Comit.
In entrambi i casi, la Burgo di Lignana seguiva gli input che arrivavano da Cuccia e dall’amministratore delegato di Mediobanca Vincenzo Maranghi. Se all’epoca Salvatore Ligresti, tramite la Sai, veniva chiamato «mister 5%» perché rilevava partecipazioni azionarie su input della galassia
Mediobanca, la Burgo era diventata uno dei satelliti dell’allora Via Filodrammatici per rilevare quote «sensibili» del 2 per cento. E Burgo fu tra i soci Comit decisivi per stoppare l’unione con UniCredit, voluta soprattutto dall’allora amministratore delegato di Comit Pierfrancesco Saviotti.
Ne fece seguito una traumatica assemblea dei soci in Piazza della Scala, con l’imprenditore marchigiano Diego Della Valle in forte polemica con la gestione «mediobanchesca» di Comit, che nei fatti aprì le porte alla fine della Commerciale dentro la Banca Intesa di Giovanni Bazoli.
Forse anche per l’epilogo della vicenda Comit, la Burgo finì per diventare uno dei target delle “fazioni” che a cavallo del nuovo secolo operarono per la svolta ai vertici della Mediobanca post Cuccia. E così la cartiera finì coinvolta, suo malgrado, nella battaglia di Fiat per la conquista di Montedison (che era azionista di Burgo) e si ritrovò - con varie motivazioni pseudo industriali - ad avere come imprevisto azionista quel Vincent Bollorè che, tramite Antoine Berhneim alla presidenza delle Generali, era diventato il cavaliere bianco di Mediobanca.
Nella primavera del 2000, poco dopo la fine dell’Opa su Montedison, la Burgo fu oggetto di un’Opa lanciata tramite la Dieci Srl da Mediobanca e Compart (la ex Ferruzzi Finanziaria) con la consulenza della Banca di Roma di Cesare Geronzi. Siamo nell’era dello strane asse che legò gli ultimi anni della Mediobanca di Cuccia con la banca romana e con la Banca d’Italia guidata da Antonio Fazio.
Altri tempi, altre logiche. Oggi la Burgo, post ristrutturazione, è in netta ripresa beneficia del nuovo mondo “plastic free”. Anche la Galassia del Nord finanziaria non esiste più, almeno nella vecchia versione dei patti di sindacato.
Anche se a ben guardare le recenti alleanze su vari fronti che spaziano dalle banche alle autostrade - tra Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Unipol, si intravede un potere finanziario privato del Nord Italia che sembra fare argine allo statalismo di ritorno. Inutile dire, se esistesse ancora, da che parte starebbe la Burgo di Lignana.
Dalla partita per fusione tra Comit e Banca di Roma al ruolo nell’Opa di UniCredit su Comit