Un New Deal digitale che parta dal basso
La sfida tecnologica ha aspetti legati alla regolazione e alla politica industriale Ma è anche questione di sovranità. L’Europa può proporre un modello più democratico
Ormaic’èun'ampiaconsapevolezza del bisogno di affrontare la sfida della digitalizzazione in maniera ambiziosa. Senza cogliere l’impatto chelatrasformazionedigitale hasueconomia,politica,societàemondo del lavoro, è impossibile essere in grado di progettare il futuro: un futuro verde,digitale,democratico,incuiinnovazionesiasinonimodiunrealecambio diparadigmacheoffrepiùopportunità per tutti, senza creare nuove diseguaglianze. Il digitale è qui. I dati, l’intelligenza artificiale, la connettività sono le infrastrutture critichedelfuturoesono allabasedellaquartarivoluzioneindustriale. Algoritmi e big data potrebbero essere utilizzati per servire i cittadini, migliorare i servizi pubblici e le condizioni di lavoro. Ma questo non può accadere senza porsi il problema del governo del progresso tecnologico e dell’innovazione. Come direbbe l’economista Mariana Mazzucato, bisogna non solo accelerare la digitalizzazione, ma darle anche una direzione, perché si tratta di utilizzare le tecnologie digitali per raggiungere la sostenibilità sia sociale che ambientale.
Le sfide esistenziali che la politica si trovaadaffrontaresonotante,mafatemisolomenzionaretregrandiquestioni piùurgenti. In primoluogolasfidadella regola zione:comedomarelostrapotere deimonopolidigitaliel’enormeconcentrazionedimercatorafforzandoleregolediconcorrenzael'antritust.Laseconda è industriale e legale: bisogna agire coraggiosamente per anticipare i profondi cambiamenti nel mercato del la voroefareun’ applicazione piùrigorosa delle leggi sul lavoro per la gig economy perfermarelacrescenteprecarizzazione.Einfinelasfidademocratica:bisogna dare importanza centralealle questioni relativeallelibertàcivili,laprivacyindividualeeilfunzionamentostessodelle nostredemocrazie,troppospessoinbaliadigigantitecnologicicheusanoidati eleinformazionipersonaliperconsolidare la loro posizione dominante.
L’Europasitrovaorainunasituazionedidipendenzaeconomicaehaperso lasuasovranitàtecnologica.Lamaggior parte delle infrastrutture critiche sono costruitealdifuoridellaUe.Ciòpuòaggravareleasimmetrienelpotereglobale eavereeffettitragicisusviluppoeconomico,innovazioneeoccupazione.Ènecessariaunanuovastrategiaindustriale:appuntoun“NewDealverdeedigitale”.LaCommissioneVonDerLeyenha presentatolanuovastrategiaperilfuturodell’Europadigitale,inclusalastrategia sui dati, che investe 200 miliardi in 10annipersistemidiintelligenzaartificialebasatisucriterietici.Lideasempre più chiara è che bisogna andare al di là dellaregolazioneesviluppareurgentementeunapropriaindustriadigitale.Le innovazioni europee possono trovare unospaziodicrescitasesonocostruite con un senso. Un esempio? Per capire come ascoltare realmente i cittadini e dareloropiùpoterenelledecisionipubbliche, a Barcellona è stato realizzato uno degli esperimenti di democrazia partecipativa più grandi del mondo, grazieancheadunapiattaformadigitale (decidim.org) che ora viene usata da oltre 100 città e governi in 20 paesi nel mondo,inclusoilGovernoitaliano.Costruire piattaforme europee dotate di impattoèpossibile.Ladomandaaquestopuntoèchiinvesteinquestofuturo verdeedigitale?IlGovernocinesehainvestito 130 miliardi di dollari fino al 2030. Il Vision Fund giapponese con 100 miliardièdigranlungail piùgrande fondodiinvestimentopertecnologiae infrastrutture. Norvegia, Singapore e Israele hanno Fondi sovrani. Anche da noile cose stanno cambiando col programma europeo InvestEU e l'investimento francese di 5 miliardi.
FinalmenteancheinItaliaabbiamo ilnostroFondoNazionaleInnovazione. Abbiamoadisposizioneunmiliardodi euro e strumenti potenti che sono già partiti,comeifondigiàattivi-unoda80 milioni per startup early stage; uno da 150milioniperleneoimpreseinnovative del sud Italia e il Fondo di Fondi che hagiàsottoscritto200milionieuntargetda400milioni.Poisipartiràconun fondodedicatoamoltiplicaregliacceleratori di impresa, al trasferimento tecnologicofraateneieimprese,congrossa enfasi nel coinvolgere le grandi imprese, a partecipazione pubblica o private ad usare e acquisire l’innovazione chevienefattadallenostrestartup,che in Italia crescono e che sono ormai 11mila.Andremoarafforzareilventure capitalconfondidedicatiaisettoristrategici(agritech,areospazio,energia,infrastrutture smart, life science, robotica). È un progetto che non ha solo una dimensionefinanziaria,macipuòconsentire di democratizzare l’economia della conoscenza partendo da educazione,ricerca,sviluppoeterritorio:per esempio, portando nelle scuole le start up,lastampa3D,ilcodingopensource ecompetenzesudati,eticaedirittidigitali.Ènecessarioancherisvegliarelavocazionedelleragazzenellecarrieretecnologicheemettereinattopoliticheper dare maggiore potere e visibilità alle donneinambitoscientificoetecnologico. La rivoluzione digitale deve essere anche una rivoluzione femminista.
Questoprogettodovràesserespinto da nuove alleanze che coinvolgano innovatori, città, lavoratori, sindacati, imprese, accademici, partiti politici, movimentisocialiecittadiniingenerale. Possiamo forse partire dalle città, applicare il modello Barcellona e collegarle in rete per promuovere un’ambiziosa politica digitale che ha al centro la partecipazionedeicittadiniechecipermettadirisolverelegrandisfideurbane sociali e ambientali. Si tratta di creare nuove alleanze per sfruttare la rivoluzione tecnologica per la transizione ecologica e per fare in modo che sia un dirittoeun’opportunitàpermoltienon un privilegio per pochi.