«Didattica online di lunga durata»
Grazie a un virus riusciamo forse a realizzare il potenziale delle lezioni online. Bisogna essere chiari: le lezioni a distanza non sostituiscono lo specifico di quelle in presenza ma sono un valido supporto e possono perfettamente integrarsi a esse. Quasi ogni player ha una piattaforma per l'insegnamento a distanza (personalmente sto usando proprio in questi giorni Microsoft Teams). La loro efficacia la conosce già chi si è avventurato nella varia offerta di Mooc (Massive Open Online Courses). In queste ore sembra che il paese rincorra tecnologie che sono in circolazione da molti anni.
Ma in che fase siamo nel rapporto tra scuola e digitale? Francesco Profumo, ex rettore del Politecnico di Torino, ex presidente del Cnr, ex Ministro del Miur e ora presidente della fondazione Compagnia di San Paolo, è un convinto propugnatore di pratiche innovative per la scuola. «Il tema dell’innovazione scolastica va affrontato in una cornice storica, connettendola cioè alle rivoluzioni industriali: dopo una prima rivoluzione industriale durata 80 anni che ha sostituito i muscoli con la forza del vapore; una seconda che li ha sostituiti con l’energia elettrica e che è durata 40 anni; una terza che, iniziata alla fine del ‘900, è durata 30 anni e ha visto come protagonista l’automazione. Ora siamo entrati in un'altra fase in cui non si prevede più di sostituire i muscoli, ma di coadiuvare il cervello.”«Le prime tre fasi hanno potuto contare su tempi lunghi che hanno permesso processi in grado di creare un equilibrio tra quanto la società chiedeva e come preparare il futuro cittadino a tutto ciò. Ora i processi sono accelerati. Il cambio di paradigma imposto dalla rivoluzione digitale implica un ripensamento del ruolo del cittadino e il bagaglio di conoscenze e pratiche che porta con sé».
Profumo parla di uno «zainetto della vita per la vita». In cui troviamo «più che specifiche competenze, l’insegnamento a imparare perché saremo sollecitati a cambiare lavoro, conoscenze e ruoli». Quali attori saranno in grado davvero di sollecitare e accompagnare questo cambio? La scuola sicuramente, «ma deve assumere un ruolo ancora più rilevante, avere una visione lunga, deve essere in grado di personalizzare i suoi percorsi, essere inclusiva e fornirsi di strumenti per l'apertura».
Dove li trova questi strumenti? «In una comunità educante. In un dialogo con famiglie, parrocchie, partiti, quartieri». E quali figure vanno individuate per facilitare questo dialogo? «I dirigenti scolastici, che divengono i registi di questa operazione, e gli insegnanti che svolgeranno il ruolo dei direttori d’orchestra». E da quali elementi possiamo cominciare? «Gli spazi innanzitutto che divengono determinanti, e che quindi devono poter ricevere investimenti a lungo termine e pervasivi. E poi il digitale».
La Compagnia di San Paolo si candida a fornire modelli, con il progetto “Riconnessioni”, che lavora sulla riqualificazione degli insegnanti, ma anche delle infrastrutture. E con “Torino fa scuola” che ha creato modelli pedagogici all’avanguardia. Come nel dibattito sul cosiddetto “post-digitale”, che è un pensiero che si concentra sugli impatti del digitale più che sugli strumenti, anche nella scuola tra le parole chiave “tecnologia” è sostituita con quelle di “network” e “piattaforma”. Questo è il ruolo che si può ritagliare una Fondazione come Compagnia? «Esattamente: fare da agente di sviluppo sostenibile e integrato creando hub di conoscenza». Non sarà facile ma, passata la crisi sanitaria, bisognerà dialogare attivamente con i partner tecnologici per fare in modo che la necessità di un cambiamento non riceva impulsi solo nelle fasi emergenziali.
I nostri blogger: nova.ilsole24ore. com/blog/