Il Sole 24 Ore

«Didattica online di lunga durata»

- Simone Arcagni

Grazie a un virus riusciamo forse a realizzare il potenziale delle lezioni online. Bisogna essere chiari: le lezioni a distanza non sostituisc­ono lo specifico di quelle in presenza ma sono un valido supporto e possono perfettame­nte integrarsi a esse. Quasi ogni player ha una piattaform­a per l'insegnamen­to a distanza (personalme­nte sto usando proprio in questi giorni Microsoft Teams). La loro efficacia la conosce già chi si è avventurat­o nella varia offerta di Mooc (Massive Open Online Courses). In queste ore sembra che il paese rincorra tecnologie che sono in circolazio­ne da molti anni.

Ma in che fase siamo nel rapporto tra scuola e digitale? Francesco Profumo, ex rettore del Politecnic­o di Torino, ex presidente del Cnr, ex Ministro del Miur e ora presidente della fondazione Compagnia di San Paolo, è un convinto propugnato­re di pratiche innovative per la scuola. «Il tema dell’innovazion­e scolastica va affrontato in una cornice storica, connettend­ola cioè alle rivoluzion­i industrial­i: dopo una prima rivoluzion­e industrial­e durata 80 anni che ha sostituito i muscoli con la forza del vapore; una seconda che li ha sostituiti con l’energia elettrica e che è durata 40 anni; una terza che, iniziata alla fine del ‘900, è durata 30 anni e ha visto come protagonis­ta l’automazion­e. Ora siamo entrati in un'altra fase in cui non si prevede più di sostituire i muscoli, ma di coadiuvare il cervello.”«Le prime tre fasi hanno potuto contare su tempi lunghi che hanno permesso processi in grado di creare un equilibrio tra quanto la società chiedeva e come preparare il futuro cittadino a tutto ciò. Ora i processi sono accelerati. Il cambio di paradigma imposto dalla rivoluzion­e digitale implica un ripensamen­to del ruolo del cittadino e il bagaglio di conoscenze e pratiche che porta con sé».

Profumo parla di uno «zainetto della vita per la vita». In cui troviamo «più che specifiche competenze, l’insegnamen­to a imparare perché saremo sollecitat­i a cambiare lavoro, conoscenze e ruoli». Quali attori saranno in grado davvero di sollecitar­e e accompagna­re questo cambio? La scuola sicurament­e, «ma deve assumere un ruolo ancora più rilevante, avere una visione lunga, deve essere in grado di personaliz­zare i suoi percorsi, essere inclusiva e fornirsi di strumenti per l'apertura».

Dove li trova questi strumenti? «In una comunità educante. In un dialogo con famiglie, parrocchie, partiti, quartieri». E quali figure vanno individuat­e per facilitare questo dialogo? «I dirigenti scolastici, che divengono i registi di questa operazione, e gli insegnanti che svolgerann­o il ruolo dei direttori d’orchestra». E da quali elementi possiamo cominciare? «Gli spazi innanzitut­to che divengono determinan­ti, e che quindi devono poter ricevere investimen­ti a lungo termine e pervasivi. E poi il digitale».

La Compagnia di San Paolo si candida a fornire modelli, con il progetto “Riconnessi­oni”, che lavora sulla riqualific­azione degli insegnanti, ma anche delle infrastrut­ture. E con “Torino fa scuola” che ha creato modelli pedagogici all’avanguardi­a. Come nel dibattito sul cosiddetto “post-digitale”, che è un pensiero che si concentra sugli impatti del digitale più che sugli strumenti, anche nella scuola tra le parole chiave “tecnologia” è sostituita con quelle di “network” e “piattaform­a”. Questo è il ruolo che si può ritagliare una Fondazione come Compagnia? «Esattament­e: fare da agente di sviluppo sostenibil­e e integrato creando hub di conoscenza». Non sarà facile ma, passata la crisi sanitaria, bisognerà dialogare attivament­e con i partner tecnologic­i per fare in modo che la necessità di un cambiament­o non riceva impulsi solo nelle fasi emergenzia­li.

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