Riciclabile e leggero, l’alluminio prenota gli arredi del futuro
Aziende e creativi scommettono sulla sua versatilità e malleabilità: aiuteranno a superare la tradizionale diffidenza verso i mobili in metallo
Èin alluminio la torcia che verrà accesa a Olimpia, in Grecia, il 12 marzo e che ripartirà in Giappone il 26, dalla prefettura di Fukushima, la stessa devastata dal terremoto e dallo tsunami del 2011. Parte del materiale che il designer Tokujin Yoshioka ha usato (il 30%) viene proprio da lì, dalle case temporanee costruite dopo il disastro. La tecnologia utilizzata per produrre la torcia olimpica – a forma di fiore di ciliegio, in sakura and gold, per un peso di 1,2 kg – è la stessa dei treni superveloci giapponesi, gli shinkansen: metallo in unico foglio senza soluzione di continuità, in questo caso un’unica estrusione di alluminio.
Il materiale è una costante delle torce olimpiche: le ultime, quella di Londra 2012 disegnata da Barber & Osgerby, e quella di Rio 2016 di Chelles & Hayashi, pure erano in alluminio. Tutti progetti che ne mettono in luce le caratteristiche: leggerezza, malleabilità, facilità nella lavorazione e nel riciclo (fonde a una temperatura relativamente bassa: 660°C contro i 1.300 dell’acciaio e i mille dell’oro).
La torcia inglese era anche nella mostra del 2016 “Al(l) - Projects in aluminium by Michael Young” al Cid di Grand Hornu, proprio nel Belgio patria della bauxite da cui si ricava l’alluminio. Un’esposizione che è rimasta un simbolo dei migliori progetti in questo materiale, come i pezzi di Maarten Van Severen o l’Aluminium Chair degli Eames: includeva anche gli esperimenti di Young, designer inglese di base a Hong Kong che ha (anche) prodotto arredi nelle fabbriche di componenti per computer, come la sedia 4A per Eoq. Il suo lavoro più estremo è la Oxygen Chair per la Veerle Verbaken Gallery: gas ad alta temperatura e alluminio fuso sparati in uno stampo d’acciaio che danno vita a una specie di roccia lunare, una sedia da 160 kg capace di galleggiare, poi scavata e anodizzata.
«L’alluminio è affascinante: molto plasmabile, leggero, diffuso, anche se costoso. Permette finiture interessanti come la galvanizzazione o l’anodizzazione, che è un processo elettrochimico grazie al quale il colore si attacca all’alluminio senza verniciarlo. Ti costringe a imparare sempre: è complicato saldarlo e bisogna quindi pensare a un assemblaggio meccanico», racconta Maddalena Casadei, art director di Fucina, marchio creato da Lidi, azienda che da cinquant’anni lavora i metalli a Desio (Monza Brianza). Casadei per Lidi ha progettato Verso, tavolo con tutte le giunture nascoste, un piano in ferro e le gambe che sono grossi cilindi in alluminio “affettati” con un filo a erosione di precisione. Casadei ha anche prodotto la serie Altarino, piccole mensole versatili anche in alluminio, per la galleria Luisa delle Piane di Milano.
«Come Fucina, per il prossimo Salone del Mobile presenteremo due nuovi arredi in alluminio: uno sgabello, Latteria, di Keiji Takeuchi, e una chaise longue di Leon Ransmeier. Penso che la gente non abbia ancora accettato del tutto gli arredi in metallo. Ma è un po’ come il marmo: anche una questione di tempo. Appena il pubblico sarà pronto a questo tipo di prodotti, ci sarà un esponenziale utilizzo dell’alluminio in versione monomaterica». Casadei indica come propria personale ispirazione per la lavorazione dei metalli Jean Prouvé («per l’approccio industriale») e Donald Judd, l’artista che ha portato l’Espressionismo Astratto nelle tre dimensioni e a cui il MoMA di New York dedica la retrospettiva Judd, appena inaugurata, visitabile fino all’11 luglio.
Guglielmo Poletti invece si rifà dichiaratamente a Maarten Van Severen e alla sua sedia Mvs Cn per Lensvelt (poi rieditata da Vitra) per il tavolo MM8 in alluminio disegnato per Desalto: un lavoro nato come commissione per un cliente privato, poi industrializzato.
L’alluminio è la base su cui alcuni marchi hanno modellato la propria produzione come Rimadesio (insieme al vetro): lo si vede nei bestseller come la cabina armadio Zenit e le porte scorrevoli Stripe. O l’americana Emeco, nata insieme all’iconica Navy Chair prodotta per la Marina: ha realizzato numerose variazioni sul tema, per esempio la 1 Inch Collection disegnata da Jasper Morrison che comprende sedie e sgabelli impilabili monoblocco o con tubolare quadrato in alluminio e altri materiali. In entrambi i casi, grazie alla sua capacità di essere riciclato, l’alluminio ha contribuito alla vocazione sostenibile delle due aziende. Knoll lo ha usato per reinterpretare le sedie cantilever di Mies van der Rohe nel progetto Newson Aluminium Chair di Marc Newson. Il duo belga Muller Van Severen lo ha trasformato in tubi che posti uno accanto all’altro danno vita a cabinet, panchine e sedie nella serie Alltubes appena presentata alla Collectible Design Fair che si chiude oggi a Bruxelles.
La fiera del design da collezione ha offerto più di uno spunto per l’utilizzo dell’alluminio: lo studio canadese Barbeau Desrosiers ha presentato la panchina, il tavolino e i vasi della serie 6000 realizzati con gli scarti dei profilati in alluminio delle aziende locali. Nicolas Erauw ha portato gli sgabelli T-008 e T-009 in alluminio colato, mentre Sigve Knutson per Side Gallery lo ha martellato fino a dargli una forma nella seduta Lost Aluminium.