LA CRISI DAI DUE VOLTI E LA SCOSSA ALL’ECONOMIA
Nessuno ha un’idea precisa degli impatti economici del coronavirus. Molto dipenderà dalla sua durata e dalla capacità del sistema economico di riprendersi dalla crisi. Ancora più complicato il fatto che si tratta di uno shock che colpisce simultaneamente la domanda e l'offerta.
Se la popolazione deve stare a casa e non può produrre, oppure se può produrre ma si sono interrotte le catene nazionali o internazionali del valore per cui non arrivano materie prime e semi-lavorati in fabbrica, la produzione si interrompe.
Ma ci sono effetti anche sulla domanda; in una condizione di grande incertezza le imprese rimandano gli investimenti e i consumatori rimandano gli acquisti, tolti quelli essenziali. Naturalmente, questo non riguarda solo la domanda interna, ma anche quella straniera relativa ai nostri prodotti: qui il nostro governo non può agire direttamente, eccetto impegnarsi nelle sedi europee e internazionali per sollecitare interventi coordinati che sostengano la domanda aggregata.
I due fronti sui quali agire
Siccome la crisi colpisce sia la domanda che l’offerta è importante agire su i due fronti. Per quanto riguarda le imprese, è necessario evitare che lo shock recessivo indotto dal virus conduca a fenomeni di fallimento generalizzato.
Una cosa che abbiamo imparato dalle crisi precedenti è che una forte recessione non ha solo effetti temporanei ma ha anche conseguenze di lungo periodo. Le imprese che scompaiono durante una forte recessione non si ricostituiscono nella stessa misura quando questa è finita. E il capitale umano impiegato in queste imprese si deprezza rapidamente e non può essere facilmente recuperato. Gli interventi che il governo si appresta a varare la prossima settimana e per cui ha già preventivato una spesa addizionale di 7,5 miliardi vanno nella direzione giusta. Estensione del credito, spostamento in avanti del pagamento di imposte e contributi, forme di sostegno finanziario diretto ai settori e ai territori più colpiti, sussidi generalizzati ai lavoratori delle imprese in crisi, estensione della cassa integrazione, sono tutte azioni utili per cercare di arginare il problema.
Allo stesso tempo, deve essere anche supportata la domanda. Va benissimo che si cerchi di far ripartire gli investimenti pubblici (con il modello Genova), ma questi hanno effetti solo nel medio-lungo periodo, mentre i problemi rischiano di essere particolarmente acuti nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.
Bisogna dunque introdurre ulteriori incentivi temporanei alle imprese perché continuino a investire. Ovvio che in alcuni casi l’effetto degli incentivi può essere solo quello di anticipare investimenti che si sarebbero fatti comunque, ma in una situazione del genere non si può guardare troppo per il sottile. Per i consumatori si possono immaginare interventi temporanei sulle imposte indirette; per esempio, riduzioni nelle accise o nelle aliquote Iva generalizzate o a vantaggio dei beni e servizi più colpiti dalla crisi. Anche le perdite di gettito in questo caso sono probabilmente virtuali, visto che senza incentivi quegli acquisti probabilmente non verrebbero fatti.
Le aggravanti per l’Italia...
Nel caso italiano, i problemi sono aggravati dal fatto che lo shock indotto dal virus si innesta su un’economia già in difficoltà e con una situazione di finanza pubblica molto fragile. C’è, dunque, il rischio che un ampliamento del deficit possa far risalire lo spread. Questo appesantirebbe ulteriormente i conti pubblici e tramite gli effetti sul sistema bancario potrebbe indurre a una contrazione del credito, così aggravando la recessione.
Qui è dove il ruolo della Banca centrale europea può ancora essere rilevante. È vero che i tassi di interesse sono già estremamente bassi, ma se necessario le politiche di quantitative easing già in essere (acquisti di titoli pubblici) e di sostegno al settore bancario potrebbero essere ulteriormente ampliate.
Il governo italiano dovrebbe inoltre impegnarsi a recuperare l’espansione fiscale dei prossimi mesi con interventi credibili di riduzione del deficit nell’anno successivo. Anche questo tranquillizzerebbe i mercati.
Il fatto che gli interventi indicati sopra siano tutti temporanei va già in questa direzione; sarebbe bene però accompagnarli con proposte di revisione degli aspetti meno credibili ereditati dalla gestione del governo precedente, per esempio quota 100 e reddito di cittadinanza. Sarebbe utile anche dichiarare con chiarezza che la riforma del sistema tributario di cui si discute non ha come obiettivo principale quello di ridurre la pressione fiscale, ma di migliorarne le caratteristiche di efficienza e equità.
...e l’allentamento dei vincoli Ue
Per quello che riguarda le regole europee, queste già contemplano la possibilità di un allentamento dei vincoli per eventi eccezionali, ed è difficile immaginare che la Commissione possa obbiettare all’applicazione di questa clausola per il coronavirus. Piuttosto, quello che sarebbe necessario è un intervento generalizzato e coordinato di tutti i Paesi europei, soprattutto da parte di quelli che più hanno spazi finanziari per agire. Quanto questo sia possibile dipenderà dalla diffusione del virus e dai suoi effetti economici sul complesso dei Paesi. Come sempre, quelli nordici frenano, temendo una perdita di controllo delle finanze pubbliche. Ma se gli effetti economici diventeranno pesanti anche per queste nazioni (alcune delle quali, come la Germania già in recessione) è probabile che queste resistenze verranno superate, almeno negli Stati più importanti.
Andrebbe anche ricordato che esiste una clausola, finora mai applicata, di sospensione delle regole fiscali per tutti i Paesi in presenza di una crisi generalizzata.
L’offerta: aiuti alle imprese contro lo shock recessivo La domanda: incentivi agli investimenti e sgravi ai consumatori