Il clima è sempre più caldo: febbraio record in Italia dall’800
Anomalo anche dicembre: seconda temperatura più alta di sempre (+1,91 gradi)
Il trimestre invernale appena concluso è stato tra i più miti e secchi di sempre, o almeno da quando abbiamo a disposizione osservazioni meteorologiche. A dirlo sono le statistiche dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr di Bologna. L’inverno meteorologico, che per convenzione coincide con il trimestre dicembre-febbraio, ha fatto registrare in Italia un’anomalia di 2,03°C in più rispetto alla media di lungo periodo (relativa al trentennio 19812010). Si tratta del secondo inverno più caldo dal 1800 a oggi, secondo solo all’inverno 2006/2007 quando l’incremento delle temperature era stato di 2,13 gradi. Picco record nello scorso mese, il febbraio più caldo dal 1800 a oggi.
Aconfermare che l’inverno appena concluso è stato uno dei più secchi e più caldi di sempre sono le rilevazioni della Banca dati di climatologia storica Isac-Cnr, diffuse in anteprima dal Sole 24 Ore, sulle temperature e precipitazioni registrate nell’ultimo trimestre (gennaio-febbraio).
Nello specifico, il mese di gennaio è stato il più freddo dell’inverno appena concluso, con un’anomalia di “solamente” 1,42°C in più rispetto alla media 1981-2010. Dicembre 2019, invece, ha fatto registrare un incremento di 1,91°C che se confrontato con le temperature registrate a dicembre dal 1800 ad oggi - classifica l’ultimo mese dell’anno scorso come il secondo più caldo di sempre, cioè da quando sono disponibili le rilevazioni. A febbraio, poi, c’è stato il picco: è stato il febbraio più caldo da quando abbiamo a disposizione misure di temperatura, con un’anomalia di +2.76°C rispetto alle medie di lungo periodo.
Accanto alle temperature insolitamente alte, l’inverno 2019/2020 è stato caratterizzato anche da precipitazioni pesantemente sotto la media. Infatti, dopo un mese di dicembre nella media, le precipitazioni di gennaio e febbraio sono state piuttosto scarse (-68% a gennaio e -80% a febbraio) tanto che la pioggia cumulata sul trimestre invernale ha fatto segnare un deficit del 43% rispetto alla precipitazione invernale media del trentennio di riferimento 1981-2010.
Queste osservazioni meterologiche, estratte dalla Banca dati di climatologia storica dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna (Cnr-Isac), certificano che l’inverno appena concluso è stato l’ottavo inverno più secco dal 1800 a oggi. Il deficit di precipitazioni risulta più contenuto al Nord (-25%) grazie alle precipitazioni dei primi giorni di dicembre, mentre sale a -55% al Sud, dove l’inverno appena concluso risulta il più secco da quando la Banca dati dispone degli strumenti di misurazione.
«Se la primavera non sarà abbastanza piovosa - afferma Michele Brunetti, responsabile della banca dati Cnr-Isac - c’è il rischio di un’estate estremamente siccitosa. Le precipitazioni estive sono di tipo convettivo e, se il pianeta non avrà nulla da evaporare perché è in deficit di acqua, i mesi estivi saranno molto secchi». Nel frattempo, in queste ore l’emergenza climatica sta passando in secondo piano davanti al dilagare del Coronavirus e c’è chi spera che la riduzione delle emissioni di Co2 (strettamente legata allo stop del traffico e delle attività produttive), già riscontrata in Cina, possa portare dei benefici. «È facile - aggiunge Brunetti - che, a ruota, anche in Europa si registri una contrazione delle emissioni, ma l’impatto sul clima non è diretto. La Co2 si distribuisce in modo uniforme su tutto il pianeta e ha una vita media molto lunga, di circa 100 anni. Uno stop di pochi mesi non si noterà». Gli effetti dell’emergenza Coronavirus si tradurranno solo nella riduzione di areosol nell’atmosfera, perché le polveri sottili si rimuovono più facilmente.
Calano pesantemente le precipitazioni: nel trimestre invernale -43% rispetto alla media del trentennio 1981-2020