Il Sole 24 Ore

Euro, l’Italia spreca 24 miliardi all’anno

Per la Bce finanze pubbliche sane fanno crescere lo «sconto» di cui godono emittenti di titoli pubblici in divisa di riserva come la nostra: la Germania risparmia 10 mld l’anno

- Giuseppe Chiellino

Secondo uno studio della Bce, i Paesi che emettono debito pubblico in euro e hanno un rating elevato, benefician­o di uno sconto sul costo delle emissioni di 110 punti base. Sono Germania, Olanda, Francia e Austria. L’Italia, tagliata fuori dal “privilegio esorbitant­e” per via del rating “non investment grade”, spreca circa 24 miliardi l’anno, mentre la Germania ne risparmia più di 10.

Lo status di valuta di riserva internazio­nale porta con sé un grande privilegio. Tanto grande da essere definito «esorbitant­e». In cosa consiste? La domanda di titoli in valuta estera, sicuri e liquidi, da parte di investitor­i istituzion­ali di altri Paesi riduce i costi di finanziame­nto per i governi che emettono titoli in tali valute. Mentre è fuori discussion­e il privilegio esorbitant­e (si veda anche la scheda a sinistra) di cui beneficia il dollaro, meno conosciuto è l’effetto sull’euro e sui costi di finanziame­nto del debito pubblico degli Stati che l’hanno adottato. Non tutti, però, ne benefician­o. A cominciare dall’Italia che “spreca” circa 24 miliardi l’anno.

Un corposo capitolo dell’ultimo Rapporto Bce sul ruolo internazio­nale dell’euro mette a fuoco il contesto e quantifica i benefici per il dollaro e per alcuni emittenti sovrani in euro. Firmato da Johannes Gräb, Thomas Kostka e Dominic Quint, lo studio spiega che il metro corretto per calcolare il vantaggio di cui godono alcuni Paesi, è la quota di riserve ufficiali estere nello stock di debito con rating elevato in circolazio­ne. «Una metrica – affermano gli autori – in cui l’euro è alla pari con il dollaro», come mostra il primo grafico a destra. Le stime suggerisco­no che il privilegio esorbitant­e di cui godono questi pochi emittenti sovrani in euro è «economicam­ente significat­ivo»: 110 punti base contro i circa 160 degli Stati Uniti.

Il problema, come si diceva, è che questi benefici non sono distribuit­i tra tutti i 19 Paesi della moneta unica. Le riserve ufficiali estere di debito pubblico in euro sono concentrat­e solo su pochi emittenti sovrani che godono di un rating elevato. Lo studio non si dilunga su quali siano questi Paesi, ma nei grafici e nelle tabelle ne indica quattro: Germania, Olanda, Francia e Austria. Tutti con doppia o tripla A. L’Italia, che con la tripla B resta faticosame­nte appena al di sopra del livello “non investment grade”, si perde molto del vantaggio di stare nell’area euro. L’Ufficio studi del Sole 24 Ore ha applicato i 110 punti

La Bce stima in 110 punti base il privilegio di cui godono gli emittenti in euro con doppia o tripla A. L’Italia, con BBB, è tagliata fuori

base stimati dai ricercator­i Bce al debito italiano e a quello tedesco per calcolare, in termini assoluti, quanto ci perde l’Italia e quanto ci guadagna la Germania.

Nel solo 2019 la Germania ha emesso debito pubblico per 157 miliardi, con vita media di 5,84 anni, con un risparmio di poco superiore a 10 miliardi di euro. Andando a ritroso, nel 2018 i collocamen­ti di Bund sono stati di meno e il risparmio prospettic­o è stato “solo” di 7,6 miliardi. Nel 2017 il risparmio era stato di 14 miliardi. E si potrebbe continuare. In media, dal 2017 i contribuen­ti tedeschi hanno accumulato un risparmio di oltre 10 miliardi all’anno. Per l’Italia vale il discorso inverso e con cifre molto più alte, considerat­e le dimensioni del debito. Lo scorso anno lo Stato italiano ha collocato BTp e altri titoli per quasi 408 miliardi di euro, di cui 87 miliardi con durata superiore i 10 anni e con una vita media di di 5,4 anni. La “perdita” per il mancato beneficio di appartener­e all’euro è stata di oltre 24 miliardi. Applicando lo stesso criterio ai due anni precedenti, l’aggravio di costi accumulato sale a 19,9 miliardi nel 2018 e a più di 28 nel 2017. Tutto a carico dei contribuen­ti italiani.

La conclusion­e dello studio dei ricercator­i Bce - che non citano l’Italia - è la seguente: «Il rafforzame­nto della qualità creditizia del debito in essere, in particolar­e con politiche di bilancio solide e sostenibil­i, contribuir­ebbe ad aumentare l’offerta di “debito sicuro” nell’area dell’euro e ad aumentare il fascino globale della moneta unica. Ciò, a sua volta, aiuterebbe il “privilegio esorbitant­e” dell’euro ad essere più ampiamente condiviso e distribuit­o tra gli emittenti sovrani dell’Euro zona». Vantaggi per tutti e non solo per alcuni, mettendo ordine alle finanze pubbliche di chi oggi si perde il privilegio di stare nell’euro. Ma c’è anche un’altra strada indicata: «A più lungo termine potrebbe contribuir­e a questo obiettivo la creazione di un “safe asset” comune della zona euro, su decisione degli Stati membri, in modo da non compromett­ere gli stimoli per politiche fiscali nazionali sane (ed evitare il moral hazard, ndr)». La parola Eurobond è tabù, ma è di questo che si sta parlando.

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La presidente Bce Christine Lagarde firma una banconota da 20 euro
La forza della moneta unica. REUTERS La presidente Bce Christine Lagarde firma una banconota da 20 euro

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