Reati e abusi Frodi e falsi sfruttano la paura dell’epidemia
Crescono i tentativi di raggirare i cittadini online e nei negozi: in vendita mascherine e disinfettanti a prezzi esorbitanti e spacciati come miracolosi contro il contagio
Mascherine e disinfettanti venduti online o da abusivi a prezzi folli. Prodotti offerti come «miracolosi» per difendersi dal contagio. Ma anche email che promettono aiuto e informazioni e che nascondono in realtà virus informatici. E siti dai nomi evocativi che sembrano avere l’unico scopo di catturare i dati degli utenti. Sta prendendo tante vie lo sfruttamento dell’emergenza legata alla diffusione del coronavirus. Se molte hanno rilevanza penale, altre si collocano in un’area grigia che però non deve far abbassare la guardia ai consumatori.
Gli sciacalli del coronavirus sono finiti nel mirino della Guardia di Finanza già poche ore dopo che l’emergenza ha colpito l’Italia. La mobilitazione delle forze dell’ordine ha un ruolo innanzitutto preventivo. Si vedrà poi se la magistratura arriverà a irrogare condanne per precisi reati (si vedano l’articolo sotto e la scheda qui a destra). Ma per dimostrare che c’è stata una condotta speculativa o ingannevole per i consumatori non sono necessari appostamenti o particolari indagini. Tanto più quando le offerte vengono postate sul web.
Le insidie sul web
È il caso del «Coronavirus Shop», tra i siti scoperti dalla Gdf di Torino in una maxi operazione tra fine febbraio e inizio marzo: in vendita, migliaia di articoli normalissimi (tra ionizzatori, igienizzanti, occhiali, mascherine, coperture e integratori alimentari), ma spacciati come “antidoti” per avere l’immunità totale dal virus e venduti anche a migliaia di euro. In pochi giorni, sono stati denunciati in 33 (più 16 società), per frode in commercio. Tutti italiani, svolgono varie attività (venditori di ferramenta, detersivi o profumi, coltivatori e allevatori di bestiame) fra Torino, Cosenza, Napoli, Foggia, Rimini, Salerno, Caserta, Modena, Cagliari, Campobasso, Mantova e Macerata. L’indagine è solo all’inizio.
Cerca invece di sfruttare l’ansia collettiva in modo discutibile (ma non penalmente rilevante) il sito coronavirus.it, andato online poco dopo la scoperta dei primi casi nel Nord Italia: la privacy policy è stata aggiornata il 25 febbraio 2020 e indica come titolare del trattamento dati un’agenzia web di Barletta. Nella home page campeggia un modulo per la raccolta dei dati degli utenti accompagnato dalla promessa di inviare aggiornamenti sull’emergenza. I dati saranno usati - si legge nella privacy policy - per «targettizzare il pubblico durante le azioni pubblicitarie su Facebook» e «per inviare comunicazioni dirette a mezzo mail», anche «a fini commerciali». Un modo per creare un database, quindi, da usare per altri scopi.
Attenzione anche alle e-mail che parlano del coronavirus. È stato segnalato l’invio di messaggi che offrono a prezzi esorbitanti mascherine che dovrebbero proteggere dal virus ma che in realtà sono semplici mascherine antismog; e gli hacker stanno usando e-mail che parlano del virus reale per veicolare virus informatici.
Nei negozi
Sono in corso controlli anche nei negozi, soprattutto farmacie e parafarmacie. Qui stanno emergendo fenomeni che le indagini dovranno approfondire, per individuare i reati e attribuirne le responsabilità fra grossisti e dettaglianti. Significativi i casi emersi a
Napoli e Pordenone.
Nel primo, una parafarmacia di Varcaturo è stata colta dalla Gdf di Giugliano a vendere mascherine con un margine tra il 350% e il 6.150% rispetto al prezzo al quale le aveva acquistate, grazie anche allo spacchettamento di maxiconfezioni in involucri che contenevano una sola mascherina. A Porcia, invece, la Gdf di Pordenone ha trovato un farmacista che vendeva a 15 euro mascherine che in origine costano 75 centesimi l’una ma che un grossista di Caserta gli aveva fatto pagare 9-10 euro, nonostante i produttori si siano impegnati a non alzare i prezzi. L’indagine andrà quindi a ritroso. Il farmacista friulano resta indagato per frode in commercio: un cliente lo ha denunciato per non aver informato che quelle mascherine sono quelle con il potere filtrante più basso (FFP1), mentre contro il coronavirus occorre il massimo (FFP3). Si stanno sentendo altri clienti.
Sempre in Friuli, il primo caso di truffa a negozianti: una donna si presenta con la mascherina dicendo di essere contagiata per farsi cambiare soldi e confondere gli addetti nel calcolo del resto.
C’è anche il sito Coronavirus.it che raccoglie (in modo lecito) i dati degli utenti per usarli a fini pubblicitari