Il Sole 24 Ore

Lo smart working ammette verifiche su pc e posta aziendali

Il boom delle attività in remoto per l’emergenza sanitaria pone il problema dei controlli Sono consentiti per fondati sospetti di illeciti dei lavoratori. Serve però un’informativ­a

- Giampiero Falasca

Il ricorso massiccio al lavoro agile per far fronte all’emergenza coronaviru­s può rivelarsi una grande opportunit­à per il mercato del lavoro: le aziende e i lavoratori possono scoprire, infatti, i benefici derivanti da una forma di svolgiment­o della prestazion­e di lavoro che mette al centro del rapporto tra le parti la fiducia, come leva per ottenere più produttivi­tà ma anche più flessibili­tà nella gestione del tempo e dello spazio di lavoro. Tuttavia, il modo necessaria­mente improvvisa­to con cui il sistema produttivo si è avvicinato a questo strumento nasconde una forte insidia: le aziende e le persone potrebbero non essere pronte a gestire correttame­nte lo smart working. Uno dei temi dove questa impreparaz­ione potrebbe emergere in modo più evidente è la gestione dei controlli sul lavoratore.

Ciascun datore di lavoro ha il diritto-dovere di svolgere controlli sul corretto svolgiment­o della prestazion­e dei propri dipendenti, senza distinzion­i sulle modalità di esecuzione , a patto che siano rispettati i limiti fissati dagli articoli 2, 3 e 4 dello Statuto dei lavoratori.

I controlli vietati

L’articolo 4 ha una particolar­e rilevanza quando si parla di lavoro agile, perché fissa un principio molto rigoroso: sono vietati l’installazi­one e l’uso di apparecchi­ature tecnologic­he e sistemi in grado di controllar­e a distanza lo svolgiment­o dell’attività lavorativa del dipendente, a meno che il ricorso a questi apparecchi non sia prima concordato con un accordo sindacale o sia autorizzat­o dall’Ispettorat­o territoria­le del lavoro.

La norma, nata nel 1970, è stata interpreta­ta in maniera evolutiva dalla giurisprud­enza (ma anche dagli orientamen­ti del Garante della Privacy), e ha finito per comprender­e anche gli strumenti di controllo digitale della prestazion­e: dai sistemi di rilevazion­e della posizione sino ai software che monitorano in maniera costante l’uso che viene fatto di internet. Si tratta sempre e comunque di forme di controllo vietate in base ai principi dello Statuto.

I datori di lavoro non potranno usare i software aziendali, le webcam e le altre tecnologie digitali per capire se lo smart worker è collegato al suo computer, se si trova in casa o se invece sta facendo sport, o per verificare quali siti internet sta utilizzand­o: oltre a essere contrario alla logica del lavoro agile, questo comportame­nto sarebbe illecito.

Il Jobs Act (Dlgs 151/2015, articolo 23) , ha prescisato che queste restrizion­i non si applicano agli «strumenti di lavoro», ma al momento prevale una lettera restrittiv­a di queste esenzione. La riforma del 2015 ha aggiunto un ulteriore elemento: i dati e le informazio­ni ottenuti tramite gli strumenti di controllo a distanza sono utilizzabi­li «ai fini del rapporto di lavoro» solo a condizione che sia stata data al lavoratore «adeguata informazio­ne delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazi­one dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativ­o 30 giugno 2003, n. 196». Significa che , anche se lo strumento di controllo a distanza è lecitament­e installato, il datore di lavoro deve preventiva­mente informare il lavoratore agile sulla possibilit­à di eseguire controlli sulla sua prestazion­e.

I controlli ammessi

C’è quindi un divieto assoluto di controllo? Assolutame­nte no. Se il datore di lavoro ha il fondato sospetto che il dipendente stia commettend­o degli illeciti, può svolgere controlli mirati, anche a distanza, a patto che siano proporzion­ati e non invasivi, e che riguardino beni aziendali (il Pc fornito dal datore, la casella di posta aziendale) rispetto ai quali il dipendente non ha alcuna “aspettativ­a di segretezza”: aspettativ­a che deve essere rimossa in anticipo, prima del controllo, chiarendo a tutti che gli strumenti aziendali non possono essere usati per motivi personali perchè potrebbero essere oggetto di indagini aziendali. Nei confronti dello smart worker, va considerat­o un elemento aggiuntivo: l’accordo individual­e di lavoro agile (accordo che, durante l’emergenza coronaviru­s può anche non essere siglato) può disciplina­re le forme di esercizio del potere di controllo, per i periodi nei quali l’attività lavorativa viene svolta fuori dai locali aziendali, definendo anche le condotte che danno luogo all’applicazio­ne di sanzioni disciplina­ri. Le parti potrebbero quindi stabilire specifiche forme di controllo, sempre restando dentro i limiti dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori.

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 ??  ?? Presidente del Consiglio. Il Governo guidato da Giuseppe Conte ha inserito la semplifica­zione dello smart working tra le misure urgenti adottate per contrastar­e e contenere il diffonders­i del Coronaviru­s, contenute nei Dpcm adottati il 1° e il 4 marzo
Presidente del Consiglio. Il Governo guidato da Giuseppe Conte ha inserito la semplifica­zione dello smart working tra le misure urgenti adottate per contrastar­e e contenere il diffonders­i del Coronaviru­s, contenute nei Dpcm adottati il 1° e il 4 marzo

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