Il Sole 24 Ore

LA CASSAZIONE E L’UTILIZZO IN SEDE PENALE

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1 DICHIARAZI­ONI DI TERZI

Le informazio­ni rese da persone informate sui fatti nel corso delle indagini preliminar­i rientrano a pieno titolo nel materiale

probatorio che il giudice tributario è tenuto a valutare, dovendo questi fornire le ragioni di un eventuale giudizio di inattendib­ilità. D’altro canto, in attuazione dei principi del giusto processo e della parità delle parti, deve essere parimenti riconosciu­ta al contribuen­te la possibilit­à di introdurre, nel giudizio dinanzi alle commission­i tributarie, dichiarazi­oni rese da terzi in sede extraproce­ssuale.

2 CONFESSION­I

Possono fondare l’accertamen­to anche da sole le dichiarazi­oni che, per il loro contenuto intrinseco, possano qualificar­si come

confessori­e, se raccolte nell’ambito di un procedimen­to penale, direttamen­te presso il contribuen­te ovvero, in caso di società, per il rapporto di immedesima­zione organica che li avvince, presso i soggetti che di fatto la amministra­no o legalmente la rappresent­ano. Tali dichiarazi­oni, in quanto apprezzabi­li quali confession­i stragiudiz­iali, costituisc­ono pertanto una prova non già indiziaria, ma diretta, del maggior imponibile e, in quanto tale, non necessitan­o di ulteriori riscontri.

3 INTERCETTA­ZIONI

Il divieto di utilizzare i risultati di intercetta­zioni telefonich­e in «procedimen­ti» diversi da quello in cui furono disposte, non opera nel contenzios­o

tributario, ma soltanto in ambito penale, non potendosi estendere arbitraria­mente l’efficacia di una norma processual­e penale, posta a garanzia dei diritti della difesa in quella sede, a dominii processual­i diversi, come quello tributario, muniti di regole proprie. Non è violato il diritto alla riservatez­za

delle comunicazi­oni (articolo 15 della Costituzio­ne) in quanto le intercetta­zioni sono autorizzat­e da un giudice nell’ambito di un procedimen­to penale.

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