Euroritenuta non rimborsata a chi fa la voluntary
Chiusura della Ctp Milano ma la giurisprudenza non ha unico orientamento
Il contribuente che ha aderito alla voluntary disclosure non ha diritto al rimborso dell’euroritenuta. È il principio affermato dalla Ctp di Milano con la recente sentenza 421/2/20 (presidente e relatore Pilello), anche se la giurisprudenza sul punto è tutt’altro che pacifica.
Nel caso esaminato, il contribuente aveva aderito alla procedura di collaborazione volontaria (voluntary disclosure), al fine di regolarizzare i redditi detenuti all’estero (interessi su obbligazioni) in violazione delle norme sul monitoraggio. Il contribuente, dopo avere perfezionato la procedura mediante il pagamento delle imposte dovute, aveva chiesto il rimborso dell’euroritenuta operata dalle banche estere sui medesimi redditi, con il fine di garantire l’anonimato del correntista.
Il richiedente, infatti, sosteneva che i redditi oggetto di regolarizzazione fossero stati oggetto di doppia imposizione, vietata dalla direttiva 2003/48/CE (direttiva Risparmio) e dalla normativa interna di recepimento (Dlgs 84 del 2005).
Il silenzio-rifiuto dell’ufficio era stato impugnato dinanzi la
Ctp di Milano. I giudici lombardi hanno respinto il ricorso. Per i giudici, in particolare, la legge 186/2014, che ha introdotto la procedura di collaborazione volontaria, avrebbe riprodotto una sorta di «accertamento con adesione». E per questa ragione, una volta perfezionata, con il pagamento dell’imposta liquidata dall’ufficio, non vi sarebbe la possibilità né per il contribuente di impugnare né per l’ufficio di modificare le risultanze di questa procedura.
Al riguardo i giudici richiamano la sentenza della Corte di cassazione 29587 del 2011, in base alla quale «poiché avverso l’accertamento definito per adesione è preclusa ogni forma di impugnazione, devono ritenersi improponibili anche le istanze di rimborso in quanto costituirebbero una surrettizia forma di impugnazione dell’accertamento in questione che, invece, in conformità alla ratio dell’istituto, deve ritenersi intangibile».
Ne consegue che il pagamento dell’imposta liquidata a conclusione della procedura debba ritenersi effettuato a titolo definitivo, ai sensi dell’articolo 2 del Dlgs 218/1997.
Inoltre, i giudici hanno affermato che il contribuente, avendo perfezionato la procedura malgrado il mancato riconoscimento del credito di imposta, avrebbe di fatto (sebbene implicitamente) manifestato acquiescenza.
Occorre, tuttavia, evidenziare che si registrano anche molte sentenze di segno opposto dei giudici di merito sia in primo che in secondo grado, che riconoscono il diritto al rimborso dell’euroritenuta, in quanto si avrebbe altrimenti una doppia tassazione, vietata dall’articolo 14 della direttiva 2003/48/CE e dall’articolo 10 del Dlgs 84 del 2005, che ha recepito tale direttiva nel nostro ordinamento (si vedano le sentenze della Ctp di Milano 131/2019 e Ctr Lombardia 3017/2019).
La parola fine potrà essere quindi scritta dalla Corte di cassazione, con la possibilità (sempre se gli uffici resisteranno in giudizio) di un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, in quanto la questione riguarda l’interpretazione di una norma comunitaria.