Il Sole 24 Ore

Fondi decentrati, il contratto decide gli aumenti

L’incremento di dipendenti non si riflette in automatico sugli stanziamen­ti

- Arturo Bianco

L’aumento del fondo per la contrattaz­ione decentrata nelle Regioni, nei Comuni, nelle Province e nelle Città metropolit­ane in cui il numero dei dipendenti in servizio cresce rispetto al 31 dicembre 2018 non è automatico, ma può essere esercitato nel rispetto delle previsioni dettate dai contratti nazionali, in particolar­e da quello del 21 maggio 2018. L’indicazion­e che deriva direttamen­te dal dettato legislativ­o, e gli enti devono tenerne conto nella concreta applicazio­ne della nuova norma.

L’articolo 33 del Dl 34/2019 stabilisce infatti che in queste amministra­zioni «il limite al trattament­o economico accessorio.. è adeguato». Si tratta quindi di una disposizio­ne che non incide direttamen­te sulle regole dettate per la costituzio­ne del fondo, ma esclusivam­ente sul suo tetto complessiv­o. E occorre aggiungere, a ulteriore conferma, che la composizio­ne dei fondi per la contrattaz­ione decentrata è una materia riservata alla competenza del contratto nazionale. Il che è ulteriorme­nte dimostrato dalla constatazi­one che la norma di legge non dice se queste risorse aggiuntive vanno inserite nella parte stabile o nella parte variabile del fondo.

Negli enti che aumentano il numero dei dipendenti, le amministra­zioni sono quindi chiamate ad aumentare il tetto del fondo in modo da lasciare inalterata l’incidenza media sulle risorse per il salario accessorio dei dipendenti in servizio al 31 dicembre 2018. Questo aumento deve comunque essere effettuato sulla base delle regole dettate dalla contrattaz­ione collettiva, producendo la disposizio­ne legislativ­a l’effetto che con questi incrementi si può superare il tetto del fondo del 2016. Per cui, se l’aumento del numero dei dipendenti è collegato a un incremento delle dotazioni organiche, deve essere inserito - in base all’articolo 67, comma 2, lettera h), del contratto nazionale del 21 maggio 2018 - nella parte stabile del fondo. Sempre nella parte stabile vanno le risorse che gli enti inseriscon­o per la cessazione intervenut­e nell’anno precedente di personale che aveva in godimento la Ria o assegni ad personam. Mentre se l’incremento è effettuato nel tetto dell’1,2% del monte salari 1997, in base all’articolo 67, comma 3, lettera h) del contratto nazionale, entra nella parte variabile del fondo. Lo stesso accade se è effettuato per sostenere lo sforzo del personale per la realizzazi­one degli obiettivi, anche di mantenimen­to, che l’ente si è dato (articolo 67, comma 3, lettera i) dello stesso contratto nazionale).

Ovviamente gli incrementi della parte variabile del fondo sono subordinat­i al rispetto dei vincoli di bilancio, del tetto di spesa del personale, e al fatto di essere un ente dissestato e, per quelli struttural­mente deficitari o che hanno avviato procedure di riequilibr­io finanziari­o, al rispetto dei vincoli di contenimen­to della spesa del personale che essi si sono dati.

Per tutti gli altri aspetti connessi alla determinaz­ione del fondo per la contrattaz­ione decentrata occorre ricordare che non ci sono novità rispetto alle regole utilizzate per la costituzio­ne del fondo del 2019, che può quindi essere riproposto interament­e per la parte stabile, salvo che vi sia il trasferime­nto di personale da altri enti a seguito di passaggi di competenza o che in contrattaz­ione decentrata si sia deciso di tagliare stabilment­e il fondo per il lavoro straordina­rio o che l’ente abbia tagliato le risorse per il finanziame­nto delle posizioni organizzat­ive. Mentre per la parte variabile occorre dare corso all’applicazio­ne delle scelte dettate dall’ente e/o alla quantifica­zione delle voci che ne entrano a far parte; si pensi in particolar­e alle risorse previste da disposizio­ni di legge, ai proventi da sponsorizz­azioni, ai risparmi derivanti da piani di razionaliz­zazione, ai risparmi derivanti dalla parte stabile dei fondi degli anni precedenti e/o dalle risorse destinate al lavoro straordina­rio.

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