Fondi decentrati, il contratto decide gli aumenti
L’incremento di dipendenti non si riflette in automatico sugli stanziamenti
L’aumento del fondo per la contrattazione decentrata nelle Regioni, nei Comuni, nelle Province e nelle Città metropolitane in cui il numero dei dipendenti in servizio cresce rispetto al 31 dicembre 2018 non è automatico, ma può essere esercitato nel rispetto delle previsioni dettate dai contratti nazionali, in particolare da quello del 21 maggio 2018. L’indicazione che deriva direttamente dal dettato legislativo, e gli enti devono tenerne conto nella concreta applicazione della nuova norma.
L’articolo 33 del Dl 34/2019 stabilisce infatti che in queste amministrazioni «il limite al trattamento economico accessorio.. è adeguato». Si tratta quindi di una disposizione che non incide direttamente sulle regole dettate per la costituzione del fondo, ma esclusivamente sul suo tetto complessivo. E occorre aggiungere, a ulteriore conferma, che la composizione dei fondi per la contrattazione decentrata è una materia riservata alla competenza del contratto nazionale. Il che è ulteriormente dimostrato dalla constatazione che la norma di legge non dice se queste risorse aggiuntive vanno inserite nella parte stabile o nella parte variabile del fondo.
Negli enti che aumentano il numero dei dipendenti, le amministrazioni sono quindi chiamate ad aumentare il tetto del fondo in modo da lasciare inalterata l’incidenza media sulle risorse per il salario accessorio dei dipendenti in servizio al 31 dicembre 2018. Questo aumento deve comunque essere effettuato sulla base delle regole dettate dalla contrattazione collettiva, producendo la disposizione legislativa l’effetto che con questi incrementi si può superare il tetto del fondo del 2016. Per cui, se l’aumento del numero dei dipendenti è collegato a un incremento delle dotazioni organiche, deve essere inserito - in base all’articolo 67, comma 2, lettera h), del contratto nazionale del 21 maggio 2018 - nella parte stabile del fondo. Sempre nella parte stabile vanno le risorse che gli enti inseriscono per la cessazione intervenute nell’anno precedente di personale che aveva in godimento la Ria o assegni ad personam. Mentre se l’incremento è effettuato nel tetto dell’1,2% del monte salari 1997, in base all’articolo 67, comma 3, lettera h) del contratto nazionale, entra nella parte variabile del fondo. Lo stesso accade se è effettuato per sostenere lo sforzo del personale per la realizzazione degli obiettivi, anche di mantenimento, che l’ente si è dato (articolo 67, comma 3, lettera i) dello stesso contratto nazionale).
Ovviamente gli incrementi della parte variabile del fondo sono subordinati al rispetto dei vincoli di bilancio, del tetto di spesa del personale, e al fatto di essere un ente dissestato e, per quelli strutturalmente deficitari o che hanno avviato procedure di riequilibrio finanziario, al rispetto dei vincoli di contenimento della spesa del personale che essi si sono dati.
Per tutti gli altri aspetti connessi alla determinazione del fondo per la contrattazione decentrata occorre ricordare che non ci sono novità rispetto alle regole utilizzate per la costituzione del fondo del 2019, che può quindi essere riproposto interamente per la parte stabile, salvo che vi sia il trasferimento di personale da altri enti a seguito di passaggi di competenza o che in contrattazione decentrata si sia deciso di tagliare stabilmente il fondo per il lavoro straordinario o che l’ente abbia tagliato le risorse per il finanziamento delle posizioni organizzative. Mentre per la parte variabile occorre dare corso all’applicazione delle scelte dettate dall’ente e/o alla quantificazione delle voci che ne entrano a far parte; si pensi in particolare alle risorse previste da disposizioni di legge, ai proventi da sponsorizzazioni, ai risparmi derivanti da piani di razionalizzazione, ai risparmi derivanti dalla parte stabile dei fondi degli anni precedenti e/o dalle risorse destinate al lavoro straordinario.