Il reddito della guardia medica a tempo determinato
Un medico svolge guardie mediche trimestrali a tempo determinato. L’Asl configura il rapporto come lavoro autonomo (certificazione unica con causale A, per i compensi certificati ai professionisti, soggetti cioè titolari di partita Iva, compresi i cosiddetti contribuenti minimi) ma recentemente l’agenzia delle Entrate sembra equiparare gli stessi redditi a quelli di lavoro dipendente, come per i medici in titolarità con contratto a tempo indeterminato. Come sono da trattare i redditi in questione? L’inquadramento pone problematiche anche per quanto riguarda l’applicazione del regime forfettario.
E.P. - CAGLIARI
Il tema proposto nel quesito è complesso, dato che il rapporto di continuità assistenziale non è inquadrato in modo univoco. La circostanza che esso sia svolto a tempo determinato o indeterminato non è rilevante, mentre è rilevante la modalità con cui viene svolta l’attività. In altre parole occorre indagare se esso ricada nella disciplina del lavoro dipendente, come sembra emergere da interpretazioni promosse proprio da alcune Asl (ad esempio dall’Asl di Salerno, che richiama un interpello rilasciato dalla Dre Piemonte 901/7/14 ) in cui viene dato risalto alla circostanza che il rapporto tra le parti è ineguale, poiché uno dei due soggetti (il medico) si trova in una posizione di subordinazione per ragioni di organizzazione e divisione del lavoro.
Da ciò deriva la tesi (si veda la circolare 9/E/2019) secondo cui il reddito ritratto dalla prestazione di continuità assistenziale è da qualificare come assimilato a lavoro dipendente e non come reddito da lavoro autonomo. Infine, con riferimento al regime forfettario, la circolare citata ha affermato che se il rapporto duplice con l’Asl (lavoro dipendente a lavoro autonomo) esiste precedentemente all’introduzione della causa ostativa al regime forfettario ex articolo 1, lettera d–bis, della legge 190/2014, esso non è ostativo all’applicazione del regime stesso.