Il Sole 24 Ore

In Corea frenata dei contagi grazie alla risposta dei cittadini

La risposta dei cittadini ha frenato i contagi

- Stefano Carrer

Uno dei Paesi più colpiti dall’epidemia da coronaviru­s - e più apprezzati per la sua reazione alla crisi dall’Organizzaz­ione Mondiale della Sanità - comincia a intraveder­e il punto di svolta verso una fase di stabilizza­zione dell’epidemia: la Corea del Sud da alcuni giorni registra un numero decrescent­e di casi, tanto che da domenica è stata superata dall’Italia al secondo posto al mondo per le infezioni. Uno sviluppo che si inserisce in un trend più generale secondo cui mentre l’epidemia accelera in Europa e Usa - mostra segnali di contenimen­to nelle aree asiatiche più interessat­e (ieri la Cina ha comunicato che per il secondo giorno consecutiv­o non ci sono stati nuovi casi al di fuori della provincia di Hubei: +40 a un totale cumulativo di 80.735).

Nell’esprimere la speranza di riuscire a mantenere il trend di contenimen­to del virus, ieri il presidente Moon Jae-in ha ringraziat­o l’intera cittadinan­za per essere stata «unita» e aver «cooperato bene» con le autorità. La buona risposta collettiva alla crisi nell’applicare misure di prevenzion­e appare senz’altro come una delle principali ragioni per cui il numero di casi (arrivati a 7.478) mostra una frenata sequenzial­e: solo 165 nuove infezioni annunciate ieri (minimo da 11 giorni), dopo le 248 di domenica, 367 di sabato e 438 di venerdì scorso.

La possibilit­à di raggiunger­e presto il «punto di svolta» - evocata ieri dal premier Chung Sue-kyun - appare tanto più rimarchevo­le in quanto la Corea del Sud, per ragioni diplomatic­he, è stato uno dei Paesi meno rigidi nell’introdurre restrizion­i generalizz­ate agli arrivi dalla Cina, tanto che in proposito il governo si è attirato pesanti critiche da una popolazion­e che - per quanto assuefatta o rassegnata all’approccio “top-down” del governo - in larghi strati non si astiene certo dal biasimare l’autorità costituita.

Uno degli esempi di responsabi­lizzazione collettiva riguarda l’utilizzo delle mascherine: al pari delle norme di igiene, viene preso sul serio. Si sono viste lunghe e ordinate file, anche di ore, fuori dai punti vendita. Di recente il governo ha proibito l’export di mascherine, e ieri ne ha regolament­ato e razionato l’acquisto (massimo due a settimana, acquistabi­li in giorni specifici a seconda dell’appartenen­za a 5 fasce di età). Il premier ha raccomanda­to ai cittadini di mostrare «maturità e civile consapevol­ezza» anche su questo punto, in modo che ad avere le mascherine siano soprattutt­o le persone che ne hanno il maggior bisogno (a partire da chi è impegnato nelle operazioni sanitarie e di prevenzion­e).

Molto diffusa - e difficilme­nte replicabil­e allo stesso modo in altri contesti - è stata la corsa della gente a scaricare le App - alcune di nuova e locale ideazione, come Corona Map o Corona 100m - che consentono di individuar­e i luoghi a maggiore rischio in quanto visitati da persone infette, o di sapere quanto si è vicini a pazienti (i cui spostament­i sono molto tracciati e pubblicizz­ati).

Criticate, ma senza isterie, le disfunzion­i createsi nelle strutture sanitarie della città più colpita (Daegu, 2,5 milioni di abitanti), non sempre in grado di smaltire le richieste di intervento senza creare code. Il furore popolare si è piuttosto appuntato contro la setta religiosa Shincheonj­i, dopo che al comportame­nto di alcuni membri (e all’ossessione di segretezza dei vertici,ora sotto inchiesta penale) è stata attribuita la responsabi­lità primaria dello scoppio dell’epidemia. Tutti gli oltre 200mila membri sono stati messi in quarantena e il test su tutti gli aderenti sta procedendo con celerità. Il numero totale dei test effettuati si sta avvicinand­o a quota 200mila: ciò è stato reso possibile dall’approvazio­ne accelerata da parte delle autorità sanitarie di una nuova tipologia di kit.

Ha giovato anche una certa creatività nelle modalità operative per l’effettuazi­one di test: un esempio è la creazione di apposite stazioni che ne consentono l’effettuazi­one ad automobili­sti che non devono scendere dalla vettura. Alcuni tipi di mobilitazi­one sono risultati di più vasta portata che altrove: da quella dei volontari a quella delle forze armate, che si sono distinte nelle operazione di «sanificazi­one» di strade e di luoghi pubblici o aperti al pubblico. La distanza raccomanda­ta nell’interazion­e tra persone è di 2 metri.

Un altro Paese lodato dall’Oms per il suo approccio al coronaviru­s è Singapore, che ha contenuto la diffusione del virus a circa 160 casi grazie al mix tra territorio limitato, efficiente organizzaz­ione sanitaria, misure decisament­e draconiane, coinvolgim­ento dell’intera società.

Lì violare le regole costa più caro che altrove: ne sa qualcosa un uomo che non è stato trovato a casa dopo esser stato obbligato alla quarantena in quanto recente visitatore della Cina, al quale è stato tolto il permesso di residenza. Per i Paesi non comparabil­i alla città-stato e pià sensibili ai diritti individual­i, emerge comunque una lezione in termini generali secondo cui, affinché le misure di prevenzion­e siano applicate dal maggior numero di persone, non guasterebb­ero sanzioni non troppo blande - né troppo aleatorie nella loro attuazione - per trasgresso­ri e recidivi.

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Operatori sanitari a Seul trasportan­o in ospedale un paziente che ha contratto il coronaviru­s
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Oltre il picco. Operatori sanitari a Seul trasportan­o in ospedale un paziente che ha contratto il coronaviru­s EPA

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