In Corea frenata dei contagi grazie alla risposta dei cittadini
La risposta dei cittadini ha frenato i contagi
Uno dei Paesi più colpiti dall’epidemia da coronavirus - e più apprezzati per la sua reazione alla crisi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità - comincia a intravedere il punto di svolta verso una fase di stabilizzazione dell’epidemia: la Corea del Sud da alcuni giorni registra un numero decrescente di casi, tanto che da domenica è stata superata dall’Italia al secondo posto al mondo per le infezioni. Uno sviluppo che si inserisce in un trend più generale secondo cui mentre l’epidemia accelera in Europa e Usa - mostra segnali di contenimento nelle aree asiatiche più interessate (ieri la Cina ha comunicato che per il secondo giorno consecutivo non ci sono stati nuovi casi al di fuori della provincia di Hubei: +40 a un totale cumulativo di 80.735).
Nell’esprimere la speranza di riuscire a mantenere il trend di contenimento del virus, ieri il presidente Moon Jae-in ha ringraziato l’intera cittadinanza per essere stata «unita» e aver «cooperato bene» con le autorità. La buona risposta collettiva alla crisi nell’applicare misure di prevenzione appare senz’altro come una delle principali ragioni per cui il numero di casi (arrivati a 7.478) mostra una frenata sequenziale: solo 165 nuove infezioni annunciate ieri (minimo da 11 giorni), dopo le 248 di domenica, 367 di sabato e 438 di venerdì scorso.
La possibilità di raggiungere presto il «punto di svolta» - evocata ieri dal premier Chung Sue-kyun - appare tanto più rimarchevole in quanto la Corea del Sud, per ragioni diplomatiche, è stato uno dei Paesi meno rigidi nell’introdurre restrizioni generalizzate agli arrivi dalla Cina, tanto che in proposito il governo si è attirato pesanti critiche da una popolazione che - per quanto assuefatta o rassegnata all’approccio “top-down” del governo - in larghi strati non si astiene certo dal biasimare l’autorità costituita.
Uno degli esempi di responsabilizzazione collettiva riguarda l’utilizzo delle mascherine: al pari delle norme di igiene, viene preso sul serio. Si sono viste lunghe e ordinate file, anche di ore, fuori dai punti vendita. Di recente il governo ha proibito l’export di mascherine, e ieri ne ha regolamentato e razionato l’acquisto (massimo due a settimana, acquistabili in giorni specifici a seconda dell’appartenenza a 5 fasce di età). Il premier ha raccomandato ai cittadini di mostrare «maturità e civile consapevolezza» anche su questo punto, in modo che ad avere le mascherine siano soprattutto le persone che ne hanno il maggior bisogno (a partire da chi è impegnato nelle operazioni sanitarie e di prevenzione).
Molto diffusa - e difficilmente replicabile allo stesso modo in altri contesti - è stata la corsa della gente a scaricare le App - alcune di nuova e locale ideazione, come Corona Map o Corona 100m - che consentono di individuare i luoghi a maggiore rischio in quanto visitati da persone infette, o di sapere quanto si è vicini a pazienti (i cui spostamenti sono molto tracciati e pubblicizzati).
Criticate, ma senza isterie, le disfunzioni createsi nelle strutture sanitarie della città più colpita (Daegu, 2,5 milioni di abitanti), non sempre in grado di smaltire le richieste di intervento senza creare code. Il furore popolare si è piuttosto appuntato contro la setta religiosa Shincheonji, dopo che al comportamento di alcuni membri (e all’ossessione di segretezza dei vertici,ora sotto inchiesta penale) è stata attribuita la responsabilità primaria dello scoppio dell’epidemia. Tutti gli oltre 200mila membri sono stati messi in quarantena e il test su tutti gli aderenti sta procedendo con celerità. Il numero totale dei test effettuati si sta avvicinando a quota 200mila: ciò è stato reso possibile dall’approvazione accelerata da parte delle autorità sanitarie di una nuova tipologia di kit.
Ha giovato anche una certa creatività nelle modalità operative per l’effettuazione di test: un esempio è la creazione di apposite stazioni che ne consentono l’effettuazione ad automobilisti che non devono scendere dalla vettura. Alcuni tipi di mobilitazione sono risultati di più vasta portata che altrove: da quella dei volontari a quella delle forze armate, che si sono distinte nelle operazione di «sanificazione» di strade e di luoghi pubblici o aperti al pubblico. La distanza raccomandata nell’interazione tra persone è di 2 metri.
Un altro Paese lodato dall’Oms per il suo approccio al coronavirus è Singapore, che ha contenuto la diffusione del virus a circa 160 casi grazie al mix tra territorio limitato, efficiente organizzazione sanitaria, misure decisamente draconiane, coinvolgimento dell’intera società.
Lì violare le regole costa più caro che altrove: ne sa qualcosa un uomo che non è stato trovato a casa dopo esser stato obbligato alla quarantena in quanto recente visitatore della Cina, al quale è stato tolto il permesso di residenza. Per i Paesi non comparabili alla città-stato e pià sensibili ai diritti individuali, emerge comunque una lezione in termini generali secondo cui, affinché le misure di prevenzione siano applicate dal maggior numero di persone, non guasterebbero sanzioni non troppo blande - né troppo aleatorie nella loro attuazione - per trasgressori e recidivi.