TERAPIE D’EMERGENZA PER L’ECONOMIA DELLE IMPRESE
La premessa è scontata, ma vale la pena ripeterla. La salute, nostra e di tutti, compresi gli anziani, è il valore prioritario e irrinunciabile. E' però necessario essere consapevoli che stiamo attraversando una crisi molto diversa da quelle che hanno messo a dura prova il mondo. La ragione è semplice. Il terrorismo, nelle sue diverse varianti, ha destabilizzato i vertici del potere e anche la società civile. Ugualmente la bolla dei derivati e il crollo della banca d’affari Lehman brothers hanno innescato una crisi formidabile della finanza internazionale.
Ma ora la grande diversità, e i pericoli derivanti, è dovuta al fatto che il dilagare del coronavirus sta attaccando il cuore del sistema, della sua struttura, mettendo sotto scacco l'economia reale, l'economia delle imprese, in una spirale che il crollo delle quotazioni del petrolio rende ancora più preoccupante.
Non solo. Il coronavirus non ha frontiere. Ciò annulla la possibilità per le aziende di puntare sulla diversificazione dei mercati e le mette spalle al muro.
Per questo le conseguenze, che certamente cambieranno la vita di tutti noi, rischiano di risultare molto più pesanti di quanto si potrebbe immaginare.
Lo sbandamento collettivo comincia a essere evidente, palpabile. E ci attendono giorni difficili. Alla fine, anche grazie agli scienziati e ai ricercatori che sono a caccia dei vaccini (vedi fotografia in prima paginasenza), ne verremo fuori. Tra qualche tempo torneremo nelle strade, riapriranno bar e ristoranti. L'incubo coronavirus e l'emergenza sanitaria saranno finiti. C'è però un rischio, che è concreto, non teorico: all'appuntamento una parte significativa delle imprese rischia di arrivare in sostanziale fallimento.
Ecco perché occorre fare di più, occorrono provvedimenti d'emergenza. Certo l'Unione europea deve dare segnali forti, uscire dallo stallo attuale. Una strada è stata indicata con chiarezza sulle pagine di questo giornale sabato scorso da Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio, che hanno spiegato l'opportunità di puntare con decisione su emissioni massicce di euro union bond, titoli di debito pubblico europei come strumento per gli investimenti necessari al sostegno di una domanda destinata ad evaporare in un crescendo rossiniano. Di sicuro una spinta forte alla domanda pubblica è medicina indispensabile e, almeno per qualche tempo, non sarà possibile farne a meno. Per l'Europa, anche come antidoto al sovranismo, è la prova del nove che ne giustificherà l'esistenza. Quando si è trattato di salvare le banche i capitali sono saltati fuori. Ora si tratta di evitare il disastro dell'economia reale.
Contemporaneamente c'è necessità d'intervenire su tre fronti: il legislativo, quello del credito e il fiscale. Qualche passo importante è stato fatto, per esempio dall'Abi, l'Associazione bancaria italiana, che ha annunciato un accordo con le imprese per la moratoria di un anno sulla quota capitale dei finanziamenti in bonis, ma anche in questo caso occorre fare di più. Ci sono le condizioni per una legislazione d'emergenza? Di sicuro l'emergenza c'è ed è arrivato il momento di prenderne atto con provvedimenti coraggiosi che servano, per esempio, a sbloccare grandi opere e investimenti pubblici. Servono interventi straordinari con procedure straordinarie. Senza se e senza ma.