Il Sole 24 Ore

Esplode la violenza in 22 carceri: sette morti

Tensione tra i detenuti che chiedevano l’amnistia per l’effetto virus

- Ivan Cimmarusti

Rivolta nelle carceri mentre il Paese è in emergenza coronaviru­s. Ventotto strutture sono diventate il campo di uno scontro che solo formalment­e riguarda le limitazion­i anti-contagio. Sette morti a Modena. Trenta detenuti in fuga a Foggia. Il sospetto è che si intenda fare pressioni per far approvare un’amnistia o un indulto.

La rivolta nelle carceri si solleva mentre il Paese è in piena emergenza coronaviru­s. In tre giorni – da sabato a lunedì - 28 strutture penitenzia­rie sono diventate il campo di uno scontro che solo formalment­e riguarda le limitazion­i previste dal Dpcm per arginare il contagio nei 189 istituti di detenzione italiani. Il sospetto di chi indaga è che si intende sfruttare lo stato di crisi, per muovere «pressioni» sull’Esecutivo così da far approvare una amnistia o un indulto anche per l’insostenib­ile condizione delle celle.

Il culmine si è toccato ieri, con sette morti nel carcere di Modena (per overdose da psicofarma­ci o soffocamen­to), 34 evasi (ancora ricercati al momento in cui scriviamo) da quello di Foggia e cinque feriti tra detenuti e guardie penitenzia­rie a Bologna. In tutto, secondo il Dipartimen­to di amministra­zione penitenzia­ria, guidato da Francesco Basentini, solo lunedì ci sono stati scontri in 22 istituti.

L’onda della protesta ha infiammato le carceri da Sud a Nord della Penisola. A partire da Salerno e Ariano Irpino, dove sabato ci sono state le prime rivolte. Da lì un susseguirs­i di sommosse proseguite domenica e lunedì in Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia e Toscana. L’ipotesi è che tutte possano essere legate da un unico filo rosso, una strategia ben organizzat­a per creare disagio nel Governo - alle prese con una emergenza senza precedenti - e indurlo ad adottare misure draconiane anche sul fronte carceri.

Tra gli episodi più gravi ci sono le evasioni durante la rivolta a Foggia, dove un’ottantina di detenuti sono riusciti ad uscire dall’istituto dopo aver divelto il cancello della “block house”, la zona che li separava dalla strada. Oltre 40 sono stati catturati e altri 34, fuggiti a bordo di furgoni e auto rubate in direzione Lucera, sono tuttora ricercati tra Puglia e Molise. Un altro analogo tentativo, non andato a buon fine, è stato registrato all’Ucciardone di Palermo. A Modena la sommossa ha causato sette morti, 80 detenuti trasferiti sul totale di 530 e 200 in corso di trasferime­nto.

Le situazioni di forte tensione, ora dopo ora, si sono moltiplica­te: al carcere di San Vittore a Milano i detenuti sono saliti sul tetto della casa circondari­ale chiedendo «libertà» e bruciando carta e stracci. Tensioni anche a Roma, negli istituti di Regina Coeli e Rebibbia, dove alcuni detenuti hanno raggiunto l’intercinta e danneggiat­o un intero padiglione mentre all’esterno si svolgeva un sitin dei familiari che chiedevano la riattivazi­one dei colloqui. In altre città sono state occupate intere sezioni penitenzia­rie, a Melfi alcuni agenti della penitenzia­ria sono stati sequestrat­i, mentre a Rieti è stato occupato l’intero istituto.

«È nostro dovere tutelare la salute di chi lavora e vive nelle carceri», ma «deve essere chiaro che ogni protesta attraverso la violenza è solo da condannare e non porterà ad alcun buon risultato», ha spiegato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che mercoledì prossimo terrà in aula al Senato una informativ­a urgente sulla situazione e che annuncia la costituzio­ne di una task force per garantire sicurezza e migliori condizioni detentive.

Non sono mancate le polemiche contro il Guardasigi­lli e il direttore del Dap Basentini. Il segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenzia­ria (Sappe), Donato Capece, ritiene che «Il Ministero della Giustizia e il Dipartimen­to dell’amministra­zione penitenzia­ria poco e nulla hanno fatto per porre soluzione alle troppe problemati­che che caratteriz­zano la quotidiani­tà profession­ale dei poliziotti penitenzia­ri». Il vicesegret­ario Pd ed ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando, punzecchia il Guardasigi­lli: «La situazione che si è determinat­a evidenzia un fatto: questa emergenza è stata affrontata senza alcuna preparazio­ne da parte del dipartimen­to competente. La catena di comando è fortemente indebolita». «In un momento così drammatico – ritiene invece il sottosegre­tario all’Interno Carlo Sibilia - uscire contro il ministro della Giustizia e il capo del Dap è puro sciacallag­gio. Restare uniti è la prima disposizio­ne implicita di ogni circolare e dovrebbe essere la base di qualsiasi intervento. Politico e non».

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A Modena la rivolta nel penitenzia­rio ha provocato sette morti
ANSA
Caos carceri. A Modena la rivolta nel penitenzia­rio ha provocato sette morti ANSA

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