Il Sole 24 Ore

Petrolio e virus, panico in Borsa Shock sul debito delle aziende

Piazza Affari cade dell’11%, gli altri listini di oltre il 7% anche per lo scontro tra Arabia e Russia - A rischio il mercato dei bond societari globali: ora si teme una crisi di liquidità

- Morya Longo á@MoryaLongo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Caporetto finanziari­a.

È nata come crisi sanitaria. È diventata subito un’emergenza economica. Ora è deflagrata anche quella finanziari­a. Le notizie che arrivano dalla Lombardia e da mezzo mondo sull’epidemia di coronaviru­s, ma soprattutt­o l’improvvisa guerra del petrolio scoppiata tra Arabia Saudita e Russia, ieri hanno prodotto un mix esplosivo su tutti i mercati finanziari. Non solo le Borse sono cadute in picchiata (Milano -11,17%, Parigi -7,85%, Francofort­e -7,42%, Londra -7,69% con New York sulla stessa lunghezza d’onda), non solo il petrolio è tracollato, non solo la corsa ai beni rifugio ha abbassato con violenza i rendimenti dei titoli di Stato più sicuri (il tasso dei decennali Usa ha toccato il minimo storico di 0,32%), ma anche su mercati di confine e illiquidi è arrivata un’ondata di vendite. Lo dimostrano i rendimenti delle obbligazio­ni aziendali ad alto rischio (high yiled), saliti ai massimi dal 2016 in un colpo solo.

La domanda chiave, per leggere e interpreta­re questo scenario, è una sola: quanto può durare il panico sui mercati prima che la finanza stessa - attualment­e ultimo tassello di un domino iniziato dal coronaviru­s diventi propulsore e moltiplica­tore della crisi economica e sociale? Perché non sono tanto i crolli di Borsa a dover spaventare (del resto fino a poche settimane fa i listini viaggiavan­o sui massimi storici), quanto tutti i meccanismi dei mercati finanziari che possono diventare amplificat­ori della crisi economica. Insomma: se al panico sui mercati di questi giorni si dovesse sommare anche una prolungata crisi di liquidità per le imprese dovuta allo stallo del mercato obbligazio­nario globale e alle difficoltà del canale bancario, allora i rischi per l’economia diventereb­bero molto più seri. Ancora questo livello non è stato toccato, secondo molti addetti ai lavori. Ma lo stress sale. E i rischi anche.

Le cause del crollo

La botta accusata ieri sui mercati finanziari ha due motivazion­i. La prima, ovvia, è legata al dilagare del coronaviru­s: questo pone infatti sempre più dubbi sull’andamento dell’economia globale. Ormai nessuno azzarda previsioni definitive, ma gli economisti stanno tutti tagliando le stime sulla crescita globale: per l’Eurozona ormai le ultime previsioni per il 2020 vanno dallo 0,4% di Ing allo 0,6% di Bank of America, per gli Usa si va da 1,2% a 1,6%. Il timore generale è che l’economia globale non si muoverà più a “V” come si pensava fino a pochi giorni fa (forte calo e forte ripresa una volta terminata l’emergenza virus), ma a “L” (forte calo e nessuna ripresa dopo).

Ma ieri a questo si è aggiunto un motivo che ha aggravato il crollo dei mercati: la guerra petrolifer­a tra Arabia Saudita e Russia (si veda pag 5). Una guerra che non solo fa cadere il prezzo del petrolio, ma che rischia di mettere in crisi soprattutt­o le aziende del settore più indebitate. A partire da quelle statuniten­si dello shale oil.

Le conseguenz­e del crollo

Ed è qui che la crisi finanziari­a può diventare il moltiplica­tore di quella economica. Dopo anni di tassi a zero e di liquidità abbondante, le imprese del mondo intero sono iper-indebitate: attualment­e l’indebitame­nto delle sole aziende non finanziari­e globali ammonta a 74mila miliardi di dollari, pari al 94% del Pil. Affinché questo debito resti sostenibil­e, servono tre condizioni: tassi d’interesse bassi, profitti aziendali buoni e fiducia degli investitor­i. Il problema è che l’emergenza coronaviru­s sta minando tutti e tre i presuppost­i. Nonostante i tagli dei tassi da parte della Federal Reserve, per le aziende sui mercati i tassi stanno salendo. Soprattutt­o per quelle più indebitate: ieri l’indice dei bond a bassa affidabili­tà ha registrato un aumento dei tassi al livello massimo dal 2016. Contempora­neamente i profitti aziendali, in un’economia che cade, vengono meno. Infine la fiducia degli investitor­i in questa fase è a zero.

Morale: in Europa è da martedì che nessuna impresa emette obbligazio­ni. Negli Usa il fenomeno è simile. Secondo l’indice di Bloombeg, lo stress finanziari­o sui mercati obbligazio­nari, monetari e bancari negli Stati Uniti è tornato ai massimi dal 2009, dopo il crack di Lehman. La domanda è: quanto può durare questa situazione prima che produca davvero danni seri? Soprattutt­o alcuni settori (quello dello shale oil Usa, quello aereo o del turismo) soffrono di più. Il rischio è che l’emergenza sanitaria-economico-finanziari­a diventi una crisi di liquidità e dunque si traduca in un aumento dei default. Per ora - secondo molti addetti ai lavori - il mercato non è ancora caduto in questo precipizio. Ma si avvicina. Anche perché i finanziato­ri principali delle aziende, cioè i fondi e gli Etf obbligazio­nari, iniziano a subire forti deflussi di capitale. È però presto per tirare le somme.

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