Quelle correlazioni che fanno ballare i listini
Così i collegamenti tra petrolio, titoli di Stato e azioni influenzano le Borse
«Le correlazioni tra ass et spessos’ interrompono-afferma l’ analista tecnico Silvio Bona -, ma in questa fase giocano il loro ruolo». «Anche perchè- fa da eco Enrico Mal verti, presidente di F in tech4I -, da un lato, diversi investitori automaticisono basati proprio sul“collegamento” dei prezzi dei vari titoli ».« E, dall’altro -aggiunge Tullio Grilli, capo brokerage elettronico di Banca Akros -, molte strategie usano le stesse correlazioni per effettuare le coperture ».
Insomma: seppure spesso non durature, anche a causa della nuova normalità causata dalle politiche monetarie, i “legami” (diretti o inversi) tra gli asset dettano il ritmo ai listini. La riprova? L’ha offerta l’ultima dinamica del petrolio. Per un po’ di tempo le Borse avevano snobbato il coronavirus. Al contrario il barile era stato subito scosso nelle sue quotazioni. Nelle ultime sedute, tuttavia, la pressione al ribasso sull’oro nero ha fatto tracollare l’azionario. «La dinamica del petrolio - spiega Malverti- è stata, in questo caso, predittiva rispetto al trend dei listini». Certo: l’impostazione delle Borse era già ribassista. Inoltre l’Opec ha avviato la guerra dei prezzi sul barile. Ciò detto, però, «non è difficile ipotizzare che diversi algoritmi», unitamente a molti operatori tradizionali, abbiano sfruttato il trend del petrolio per impostare in anticipo l’operatività in vendita. «Di là da ciò - riprende Bona -, va sottolineato che il prezzo del Wti, pure rimanendo in calo, dopo aver toccato l’importante area di supporto intorno a 26 dollari è risalito. Un contesto che potrebbe dare vita «all’esaurimento di breve periodo del movimento ribassista, con il possibile rimbalzo dell’oro nero». Dal che, anche in funzione dell’attuale correlazione positiva tra azioni e barile, ai listini sarebbe data l’opportunità di riprendere fiato.
Il collegamento con il Treasury
Ma non è solo l’azionario. Altro “collegamento” monitorato dagli esperti è quello tra lo stesso petrolio e il rendimento del Titolo usa a 10 anni. Qui, da tempo, è presente un’ altra correlazione positiva. Più il barile scende (sale) e più loyield cala( cresce ). Il motivo? Semplice: il minore prezzo dell’ oro nero è indizio( anche) del rallentamento del P il globale e, quindi, dell’ inflazione attesa. Quest’ultima, si sa, è una componente del rendimento di ogni governativo, compreso il Treasury.Di conseguenza loyield del governativo e il prezzo dell’oro nero vanno a braccetto. Una danza (nelle ultime sedute un rock and roll acrobatico) che viene sfruttata a piene mani dagli investitori. Quegli stessi operatori i quali guardano al Titolo Usa anche per valutare le dinamiche dell’azionario. Non è un mistero che, nel breve periodo, la discesa di Wall Street sia stata accompagnata dal rialzo del prezzo del Treasury a 10 anni. Qui, a ben vedere, la correlazione inversa è dovuta, da una parte, alla caccia diass et con un minimo di rendimento; e, dall’altra, dalla ricerca del “bene rifugio”. Al che si domanda: perchè l’oro, “safe haven” per eccellenza, ieri è invece sceso? A ben vedere il venire meno della correlazione inversa ha motivi tecnici. Molti investitori operano a leva. Nel momento in cui le Borse, a velocità impressionante, cadono giù chi ha prestato loro i denari li chiede indietro( mar gin call).C on ilch egli investitori, per fare fronte alla richiesta (e investire ulteriormente), vendono l’oro. Il lingotto diventa liquidità e le correlazioni saltano. Seppure rimangono essenziali per capire dove vanno i mercati
Il peggioramento del quadro costringe a una revisione delle stime sui costi di finanziamento