PERCHÉ L’EUROPA DEVE RISPONDERE CON UNA VOCE SOLA
Insoddisfacente. È questo l’unico termine che si può utilizzare per definire la risposta fornita finora dall’Unione Europea all’emergenza sanitaria scoppiata con la diffusione del Coronavirus. Eppure è proprio sulle grandi sfide globali che dovrebbe misurarsi l’azione delle istituzioni comunitarie, secondo il principio della sussidiarietà. È auspicabile che l’annuncio di un nuovo indirizzo di coordinamento delle misure di contrasto all’epidemia sia una vera svolta visto che finora quel coordinamento è mancato del tutto, avendo i singoli Stati assunto decisioni talvolta perfino incoerenti l’una con l’altra, nell’assoluta assenza di una efficace cabina di regia guidata da Bruxelles.
Temi che per loro natura sono sovranazionali (ambiente, cambiamento climatico, demografia e migrazioni, terrorismo internazionale, povertà e disuguaglianze, cultura e istruzione, assetti geopolitici mondiali, etc...) debbono essere affrontati a livello europeo, con spirito pienamente cooperativo, allo scopo di garantire il progresso dei popoli del Continente. È giunta l’ora di dare segnali chiari in questa direzione, e la crisi economica che si profila all’orizzonte costituisce un primo banco di prova per l’Ue.
In assenza di interventi radicali Italia e Germania si avviano a entrare in recessione, con inevitabili e gravi conseguenze sociali e politiche. Qualora pensassimo di contrastare l’avvitamento dell’economia esclusivamente attraverso trasferimenti settoriali e sgravi fiscali, ci limiteremmo a dispensare semplici e poco utili palliativi; soprattutto, perderemmo una nuova occasione per rilanciare l’Europa. La strada maestra per ottenere questo risultato passa per un duplice snodo: 1) assicurare il coordinamento cooperativo e solidale delle politiche economiche degli Stati membri; 2) impostare e realizzare un piano d’investimenti in infrastrutture a tutela del territorio e dell’ambiente.
Con riferimento a questo secondo punto, nell’attuale fase di emergenza, l’Italia ha la possibilità di farsi portabandiera in sede Ecofin di un programma di sostegno economico di ampio respiro finanziato attraverso l’emissione di eurobond solidali. L’aspirazione deve essere quella di estendere a tempi normali l’utilizzo di strumenti finanziari europei volti alla realizzazione di opere pubbliche di vitale importanza per il nostro Continente, per dare un impulso concreto alla crescita e una risposta non illusoria ai problemi di disoccupazione e bassi salari che affliggono in modo drammatico alcune regioni d’Europa. Lungi dal risultarne compromesso, il valore fondamentale dell’equilibrio di bilancio degli Stati sarebbe rafforzato da un simile progetto, entro il quale non troverebbero spazio spese correnti. Pertanto la diffidenza del blocco dei paesi mitteleuropei verso la tendenza alla spesa facile dei paesi mediterranei non avrebbe ragione di esistere. Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio hanno chiarito sul Sole 24 Ore che l’Unione europea possiede gli strumenti per attuare per il prossimo decennio un programma che preveda investimenti aggiuntivi di almeno 500 miliardi di euro all’anno, senza rischi per la stabilità finanziaria del Continente. Il professor Truger, consigliere economico del governo tedesco, sembra essere sulla stessa lunghezza d’onda.
L’emergenza sanitaria ed economica innescata dal Covid-19 può essere fronteggiata con appropriate soluzioni tecniche e dare l’abbrivio a un nuovo pensiero per l’Europa. È giunto il momento di porre fine all’incompiutezza dell’Ue, riprendendo il cammino che conduce all’Unione politica. Non c’è alternativa, se non la disgregazione.
Occorre un piano di sostegno economico per gli investimenti con la regia a Bruxelles