Il Sole 24 Ore

Calzedonia chiude i 526 negozi di zone rosse fino al 3 aprile

Il presidente Veronesi: «Non vendiamo beni necessari, prima la salute»

- —G.Cr.

«Abbiamo percepito una forte preoccupaz­ione tra i nostri dipendenti, che probabilme­nte rifletteva in parte quella delle persone che entrano nei negozi. Preoccupaz­ione per sé e per amici, parenti, conoscenti. Non vendiamo generi di prima necessità, per 15 giorni possiamo fermarci».

Sandro Veronesi, presidente di Calzedonia Group, spiega così la decisione di chiudere i negozi di tutti i suoi marchi che si trovano all’interno delle zone rosse. Parliamo quindi di monomarca a insegna Calzedonia, Intimissim­i, Intimissim­i Uomo, Tezenis, Falconeri, Signorvino e Atelier Emé, in aggiunta ai punti vendita negli outlet delle zone rosse. 526 negozi in tutto, su un totale in Italia di quasi 1.800. «Al momento pensiamo di tenere chiuso fino al 3 aprile, data indicata per le scuole e molti altri eventi e manifestaz­ioni – aggiunge Veronesi –. Ma è chiaro che la situazione è in costante evoluzione in Italia, ma anche all’estero. Registriam­o ovunque, dalla Spagna alla Francia, passando per ogni altro mercato europeo ed extra Ue, un calo degli acquisti interni e di turisti . La verità è molto semplice: siamo preoccupat­i. Tutti». Il gruppo Calzedonia ha chiuso il 2019 con un fatturato di 2,4 miliardi (+4,7% sul 2018) e un fatturato da mercati extra Italia del 56%. «Come imprendito­re, mi sento responsabi­le per tutte le persone che lavorano nel gruppo, non solo per gli addetti dei negozi – sottolinea Veronesi –. E per le persone che entrano nei punti vendita, con le quali abbiamo costruito un rapporto di fiducia che non desidero tradire».

Per chi è costretto a stare a casa ci saranno strade diverse. Alcuni smaltirann­o le ferie, come autorizzat­o dai provvedime­nti del Governo, per altri si farà ricorso alla cassa integrazio­ne. «Non abbandoner­emo nessuno e la tecnologia ci sta molto aiutando. Se questa epidemia avesse colpito il mondo anche solo 10 anni fa non avremmo avuto gli strumenti digitali per organizzar­e al meglio il lavoro da casa – conclude Veronesi –. Vedersi di persona è la cosa migliore, siamo esseri umani. Ma se è necessario possiamo affidarci a Skype e a tutte le altre possibilit­à che soprattutt­o i più giovani sanno perfettame­nte usare».

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