Francia e Germania, il perché della resilienza
I due Paesi hanno più posti letto e una popolazione con meno ultraottantenni
È un momento difficile, per il nostro Paese. È stato colpito per primo, in Europa, dall’epidemia del coronavirus, un sistema sanitario considerato sano, malgrado diseguaglianze non solo geografiche - per l’Organizzazione mondiale della Sanità esiste una domanda non soddisfatta di cure mediche da parte dei cittadini meno abbienti - e un’economia debole da almeno due decenni devono affrontare una sfida davvero ardua. Ha però dovuto assistere a un confronto a volte tristemente veritiero, a volte ingeneroso, con quanto accadeva con gli altri grandi Paesi europei.
Un confronto con le altre due maggiori economie di Eurolandia, che non diventi una gara né acquisti un sapore di revanscismo, ma permetta di contestualizzare la nostra situazione è allora importante. Anche perché il nostro Paese affronta davvero la crisi partendo da una situazione molto peculiare. I sistemi sanitari innanzitutto sono molto diversi: l’Italia ha adottato un modello britannico poi regionalizzato, in Germania vige l’erede del sistema voluto da Otto von Bismarck nel 1883, con una parte importante di contributi versati da lavoratori e aziende e la Francia (che solo dal 2000 garantisce una copertura universale) ha un sistema molto complesso, simile nel finanziamento a quello tedesco, dominato da poche grandi mutue. In termini di risorse a disposizione, l’Italia non sempre sfigura. Ha 40 medici per 10mila abitanti, contro i 43 della Germania e i 34 della Francia, che ha anche un grande problema di distribuzione geografica della rete sanitaria. Meno tranquillizzante la situazione dei posti letto complessivi: sono 80 per diecimila abitanti in Germania, 60 in Francia - dove pure le polemiche per i tagli agli ospedali sono molto aspre - e solo 32 (in base ai dati Ocse) in Italia. L’Italia appare anche più debole se ci si concentra sulla terapia intensiva (acute care): sono, sempre in base ai dati Ocse, 26 per 10mila abitanti, contro i 60 della Germania e i 31 della Francia. Al di là delle statistiche, alcuni medici sottolineano però che nel nostro paese i posti letto utili per contrastare l’epidemia siano 85 per milione di abitanti. Insufficienti.
I tre Paesi sono anche molto diversi per densità di popolazione, fattore importante per la diffusione di un’epidemia. In Francia ci sono 116 abitanti per chilometro quadrato, in Italia 201, in Germania 232. Con forti differenze regionali. Nell’Ile de France la densità è di mille abitanti per chilometro quadrato, a Parigi di 20mila abitanti; nella Westfalia-Renania del Nord, dove sembrano concentrarsi i casi tedeschi, è di 530 abitanti (4.415 nell’area metropolitana di Colonia; in Lombardia di 420 abitanti, che salgono a 7.700 a Milano (solo 294 nella provincia di Lodi, però).
Un’altra differenza importante, per valutare il peso che può avere l’epidemia è quello demografico. Italia e Germania sono i Paesi che, non solo in Europa ma in tutta l’area Ocse, hanno una maggior percentuale di cittadini con più di 65 anni, per i quali il tasso di letalità del Coronavirus è più elevato (e possono più facilmente essere messi in secondo piano nel momento, tragico, in cui non dovessero esserci risorse sufficienti per curare tutti). I dati Eurostat non mostrano però grandissime differenze: in Francia è al di sopra di quella soglia di età il 20,1% della popolazione, in Germania il 20,5% e in Italia - che si conferma la più “anziana” - il 22,8 per cento. Se si passa agli ultra80enni, la situazione è meno favorevole: è il 7% della popolazione in Italia, il 6,2% in Germania, il 6% in Francia.
Anche la struttura economica italiana è fonte di preoccupazioni, di fronte al doppio shock sulla domanda e sull’offerta. «C’è un elemento specifico dell’economia italiana - spiega in un thread su Twitter (in parte trasformato in una nota più estesa) Gilles Moec, capo economista del gruppo Axa - che la rende particolarmente sensibile a questo shock: il 16,8% della sua forza lavoro è composta da lavoratori autonomi (contro il 6,9% in Francia e il 2,7% in Germania). Questo rende molto difficile stabilizzare il loro reddito. Le aziende possono continuare a pagare salari ai loro dipendenti, soprattutto se le banche e i governi verranno in aiuto, ma raggiungere coloro che non hanno uno stipendio è molto difficile». Senza contare, aggiunge Moec, che «i ⅔ della forza lavoro italiana è occupata in aziende con meno di dieci addetti, contro meno della metà di Frnacia e Germania». La conclusione è sconsolante: «L’Italia dovrà ricevere un notevole aiuto dal resto dell’Europa».