Il Sole 24 Ore

Fotovoltai­co, domanda di sanatoria entro giugno

Parte la procedura che salva gli introiti del Conto energia

- Giorgio Gavelli

Pronta la procedura che le imprese possono seguire per versare il risparmio fiscale determinat­o con la Tremonti ambiente (articolo 6, legge 388/2000), mettendo così in salvo le tariffe incentivan­ti del III, IV e V Conto energia ma rinunciand­o nel contempo a eventuali contenzios­i.

L’agenzia delle Entrate ha pubblicato, con qualche giorno di ritardo rispetto alla scadenza di fine febbraio prevista dall’articolo 36 del Dl 124/2019, il provvedime­nto direttoria­le datato 6 marzo con il modello di comunicazi­one e le relative istruzioni.

La norma prevede – relativame­nte ai Conti energia disciplina­ti dai decreti 6 agosto 2010, 5 maggio 2011 e 5 luglio 2012 - che il mantenimen­to del diritto a beneficiar­e delle tariffe incentivan­ti sia subordinat­o al pagamento, senza compensazi­one alcuna, di una somma determinat­a applicando alla variazione in diminuzion­e a suo tempo effettuata in dichiarazi­one, relativa alla detassazio­ne ambientale, l’aliquota d’imposta (Ires o Irpef) di tempo in tempo vigente.

Entro il 30 giugno le imprese interessat­e, oltre al versamento, devono presentare una comunicazi­one di definizion­e, indicando l’eventuale pendenza di giudizi e assumendo l’impegno a rinunciarv­i. In attesa del pagamento – ma dietro presentazi­one della comunicazi­one, che in tal caso andrebbe anticipata – l’eventuale giudizio viene sospeso dal giudice tributario. Se la definizion­e non viene poi perfeziona­ta con il versamento delle somme dovute, il giudice revoca la sospension­e su istanza di parte, altrimenti dispone l’estinzione del giudizio. Nell’ipotesi in cui l’impresa non aderisca alla definizion­e il Gse applicherà le decurtazio­ni degli incentivi di cui al Dlgs 28/2011, che prevede recuperi di varia intensità.

Dalle istruzioni si comprende che per le imprese individual­i e per i soci di società di persone (e di società di capitali in trasparenz­a fiscale), la somma da versare è determinat­a applicando alla variazione in diminuzion­e le aliquote vigenti al tempo per gli scaglioni di reddito di cui all’articolo 11 del Tuir, tenuto conto del reddito complessiv­o netto dichiarato (pro quota socio per gli enti collettivi). In pratica, la variazione viene sommata “ora per allora” al reddito complessiv­o netto dichiarato da ciascuno, applicando poi le aliquote corrispond­enti ai vari scaglioni del periodo interessat­o. Se il soggetto nel frattempo non è più socio, la somma da versare viene determinat­a sulla base delle aliquote progressiv­e, senza conteggiar­e il reddito complessiv­o netto del soggetto.

La norma non prende in consideraz­ione il fatto che alcune imprese potrebbero aver conseguito una perdita a seguito della variazione in diminuzion­e, e non averla ancora compensata con reddito imponibile. A quanto pare occorre versare tutto l’importo richiesto, “salvando” così la residua perdita.

Al momento, la comunicazi­one, debitament­e sottoscrit­ta dal soggetto che ha esercitato l’opzione con firma digitale (o autografa ma accompagna­ta da copia di un documento di identità), va inviata unicamente all’indirizzo di posta elettronic­a certificat­a dell’Ufficio competente dell’Agenzia in base al domicilio fiscale. Non sono ammesse modalità diverse.

Restano perplessit­à sul recupero integrale dell’agevolazio­ne fiscale causata da un “divieto di cumulo” con quella tariffaria che pare opinabile dal punto di vista giuridico, tanto è vero che la tesi è stata contestata sia dalla giurisprud­enza tributaria che da quella amministra­tiva (si veda Il Sole 24 Ore del 14 febbraio).

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