Mercati Il rimbalzo dura poche ore, Borse europee ancora giù
L’annuncio di misure di stimolo da parte della Casa Bianca sostiene i listini, ma il ritardo nell’arrivo li frena. Chiudono due Etf a leva sul petrolio. Solo Wall Street tiene duro
Mercati sotto stress.
Dal lunedì nero del 1987, alle Tigri asiatiche, dalla crisi del 73 alla bolla .com fino a Lehman
Venti anni esatti fa, il 10 marzo del 2000, scoppiava la bolla delle .com. Il grande crollo di Wall Street che mise fine alla madre di tutte le grandi speculazioni finanziarie. Venti anni dopo non si poteva trovare modo peggiore per rendere “omaggio” alla lezione di quella crisi: dopo il crollo di lunedì scorso, ieri il fisiologico rimbalzo dei listini è infatti durato solo poche ore in Europa. Sono bastati il tergiversare della Casa Bianca (che aveva annunciato misure «sostanziali» per aiutare l’economia) e l’annuncio della Regione Lombardia (che intende chiudere tutto tranne i servizi essenziali) per far ricadere tutti i listini del Vecchio continente nel precipizio. Alla fine di una seduta che era iniziata bene, il bollettino è dunque ancora nero: Milano -3,28%, Francoforte -1,41%, Parigi -1,51%. Solo Wall Street in serata era ancora positiva, in attesa delle misure di Trump.
Alta tensione
Questi movimenti erratici sono tipici dei momenti di grave turbolenza sui mercati. Hanno a che fare con il panico da un lato e con i meccanismi tecnici della finanza dall’altro L’indice Market Risk Indicator di Bloomberg, che misura la volatilità di tutti i mercati, è arrivato al massimo dai tempi di Lehman Brothers. L’indice Vix, che invece misura la volatilità di Wall Street, ieri quotava intorno a 50: al massimo dal 2009, anche se lontano dai picchi toccati in quell’occasione.
Il problema è proprio qui: sebbene sia comprensibile per l’eccezionalità del momento, questa erraticità dei mercati rischia di diventare la miccia in grado di rendere l’emergenza economica nata da quelle sanitaria ancora più grave. Insomma: se il coronavirus ha prodotto una crisi economica e questa si è riverberata sui mercati finanziari, il rischio ora è che siano i mercati finanziari ad amplificare la crisi dell’economia.
I segnali di stress
Il vero rischio di questa situazione è che i mercati finanziari si inceppino, e con essi la capacità delle imprese di rifinanziare i debiti in scadenza. Questo trasformerebbe una comprensibile fase di panico sui mercati in una vera e propria crisi di liquidità delle aziende, e dunque in un aumento dei default. Il Europa il principale canale di finanziamento delle imprese è quello bancario, mentre negli Stati Uniti è quello del mercato obbligazionario. Il problema è che entrambi i settori iniziano a soffrire davvero. Soprattutto quello statunitense.
Ieri Moody’s ha diramato una nota per dire che il coronavirus «avrà un impatto negativo sulle banche europee». Le istituzioni creditizie scrive l’agenzia di rating - «vedranno un deterioramento del portafoglio crediti». Insomma: aumenteranno i crediti deteriorati. Per ora, scrive però Moody’s, l’impatto è «limitato». Diventerebbe severo solo in caso di prolungata emergenza sanitaria. Morale: sulle banche le tensioni ci sono, ma (grazie anche al fatto che negli ultimi anni si sono rafforzate) non sono ancora gravi. In ogni caso il settore, dal primo caso di coronavirus scoperto a Codogno il 21 febbraio, ha perso il 29,5% in Europa e il 35% in Italia.
Più seria ancora è la situazione del mercato obbligazionario statunitense, dove molte aziende (incluse quelle ad elevato debito e bassa affidabilità) trovano finanziamenti vitali per sopravvivere. Il mercato dei corporate bond è illiquido per sua natura e, ormai, è in completo stallo: sono sparite le emissioni (segno che nessuno sta rifinanziando i debiti) e soprattutto sul settore aereo e petrolifero dello shale oil i rischi sono elevati. I loro bond hanno registrato prezzi in caduta in questi giorni.
Una crisi del mercato obbligazionario metterebbe in difficoltà anche chi quei soldi alle imprese li ha prestati in passato: i fondi di investimento e gli Etf. Già ieri due Etf a leva legati al petrolio (Wisdom Tree Brent e Wti Crude Oil 3X)sono stati «terminati» perché il crollo del greggio lunedì ha fatto scattare la clausola della chiusura anticipata. Ma anche altri
Etf (sebbene nel complesso il settore stia reggendo) sono sotto stress: alcuni legati al petrolio, altri legati proprio ai bond aziendali ad alto rischio.
I segnali di tenuta
Siamo dunque al punto di non ritorno? Ancora no secondo molti addetti ai lavori: alcuni indicatori sembrano infatti mostrare che lo stress - pur elevato - non è su livelli raggiunti nelle crisi del passato. Questo significa che la crisi finanziaria non sembra ancora essere diventata sistemica. Capital Economics ha per esempio monitorato vari indicatori che misurano la “salute” del sistema finanziario. Con risultati tranquillizzanti: «Questi indicatori si sono mossi da quando è iniziata l’attuale turbolenza - scrivono gli economisti di Capital Economics -, ma nulla di paragonabile con quanto accaduto in passate crisi finanziarie». Insomma: ancora il punto di rottura, sui mercati, sembra non essere stato toccato. Ma si avvicina.