Il Sole 24 Ore

ANCHE IL TERZO SETTORE CHIEDE GARANZIE PER I DIPENDENTI

- Di Gabriele Sepio

L’emergenza sanitaria che sta scuotendo il paese in questi giorni porta alla luce le tante fragilità del nostro modello sociale. Legate alle esigenze primarie, come l'assistenza sanitaria e quella sociale e, in genere, al sostegno di chi è vulnerabil­e. Una fragilità di cui da sempre il terzo settore italiano si è fatto carico, in silenzio, e spesso senza scomodare grandi risorse finanziari­e. Contando in molti casi solo sulla forza dei volontari, 5 milioni e mezzo, sui lavoratori, quasi un milione. Ora che stiamo vivendo la fase piu acuta dell'emergenza ci chiediamo già quali saranno i pilastri intorno a cui ricostruir­e il tessuto sociale. Tornare alla normalità significhe­rà far fronte prima di tutto ai bisogni di chi subirà le conseguenz­e economiche e finanziari­e di questa emergenza. Significhe­rà prendere in carico con competenza e profession­alità le situazioni di bisogno piu disparate, destinate inevitabil­mente ad aumentare, e nello stesso tempo rianimare il tessuto sociale e culturale, a partire dalle scuole, palestre, i musei, e tanti altri settori oggi gestiti grazie anche e soprattutt­o al prezioso intervento del terzo settore. Di fronte a tutto questo possiamo dire che il nostro Paese ha una risorsa ed una marcia in piu rispetto agli altri. Si chiama terzo settore. Allora se è vero questo, occorrerà fin da subito immaginare di raccoglier­e il grido di allarme lanciato in questi giorni dalla portavoce del Forum del Terzo settore Claudia Fiaschi, affinche l'intero comparto non venga lasciato senza risorse e con le armi spuntate proprio nel momento in cui sarà chiamato a dare il proprio contributo alla collettivi­tà. Uno dei punti evidenziat­i è l'estensione della cassa integrazio­ne flessibile anche ai lavoratori del terzo settore. Tema questo piuttosto sentito e che può aprire ad una riflession­e piu ampia sulle politiche del lavoro in rapporto al terzo settore. Non mancano già sollecitaz­ioni in tal senso. Ad esempio, il presidente Uisp, Vincenzo Manco, segnala la forte preoccupaz­ione per i tantissimi insegnanti, educatori e istruttori che animano il mondo sportivo. La prevedibil­e flessione occupazion­ale, allora, potrà essere controbila­nciata da un intervento piu consistent­e sulle attività di interesse generale a beneficio di tutti. Per fare questo si potrebbe immaginare di estendere strumenti già noti. Come, ad esempio, quello del servizio civile universale, che dà diritto ad un assegno temporaneo (da 8 a 12 mesi) nella misura massima di 440 euro, con esenzione Irpef e previdenzi­ale, per lo svolgiment­o di progetti di rilevanza sociale gestiti da enti del terzo settore. Altro aspetto è valorizzar­e il contributo dei volontari, specie quelli con esperienza in settori particolar­mente strategici per il rilancio sociale del paese (si pensi al sanitario e socio sanitario). Per un periodo di tempo limitato si potrebbe prendere spunto dalle norme gia utilizzate per la protezione civile garantendo ai volontari una serie di garanzie nei rapporti di lavoro (rimborsi, crediti d'imposta e tutele nei rapporti con i datori). Altro aspetto riguarda le risorse. Sarebbe il caso di pensare ad un utilizzo centralizz­ato e omogeneo di alcuni fondi oggi a disposizio­ne dell'Italia proprio per gli interventi di sviluppo sociale e occupazion­ale. I Fondi struttural­i legati alla politica di coesione europea per il periodo 2014-2020 e destinati al nostro Paese ammontano a più di 33 miliardi di euro. La gran parte di questi sono destinati allo sviluppo regionale, ma al momento ne sono stati utilizzati solo un terzo.

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