INVESTIMENTI STRATEGICI E RIFORME PROFONDE
Caro Direttore, prendo spunto dal suo editoriale dell’altro giorno in cui parla di una legislazione economica d’emergenza per alcune riflessioni. In questi giorni, come lei ricordava giustamente, i timori sulla salute di noi e dei nostri cari devono essere la priorità assoluta, ma non c’è dubbio che nel breve e medio termine le preoccupazioni sulla tenuta del sistema economico, già messo a dura prova da anni di stagnazione, di produttività al palo e del solito paralizzante debito pubblico, sono altrettanto fondamentali.
Ne usciremo? Sì, ed anzi potrebbe essere l’occasione per far ripartire questo straordinario Paese. D’altra parte, la storia insegna che guerre, epidemie ed altri eventi straordinari sono stati spesso la molla che ha consentito all’umanità grandi progressi. L’Italia deve cogliere l’opportunità di questa drammatica crisi.
Come? Anzitutto bisogna capire che non si può reagire a fenomeni di tale straordinaria portata con le solite misure ordinarie “all’italiana”. Abbiamo già commesso questo errore troppe volte negli ultimi anni. Nel 2008, gli Stati Uniti hanno reagito alla crisi finanziaria sistemando l’intero sistema bancario in pochi giorni, ed ora le banche statunitensi dominano il mercato mondiale. Anche in Europa, Germania e Francia hanno salvato il proprio sistema bancario con un massiccio intervento pubblico; la Spagna, sull’orlo del collasso, ha chiesto aiuto alla Ue, ha fatto importanti riforme, ed ha ripreso a crescere, superando l’Italia in termini di Pil pro capite a parità di potere di acquisto.
L’Italia sarà duramente colpita dalla crisi del Coronavirus e le misure per uscire da questa caduta devono dunque essere straordinarie. Ci vuole, come molti giustamente ricordano, un “whatever it takes”. Serve un patto, interno e con l’Europa, per un programma di politiche fiscali, assolutamente concentrate su alcuni obiettivi essenziali, senza disperderle come purtroppo viene fatto da anni.
Certamente esiste una priorità assoluta di breve e brevissimo periodo: sostenere nell’immediato tutti quei settori più colpiti dall’emergenza, come il turismo, i trasporti ed in generale l’industria e i servizi, al fine di consentire loro la sopravvivenza e la ripresa. Tutto questo è fondamentale per risolvere l’emergenza, ma non basta. Serve un assoluto cambio di paradigma e di visione. Altrimenti, per l’ennesima volta, si faranno scelte di breve termine senza pensare al futuro ed allo sviluppo.
È evidente che l’Italia dovrà sforare i parametri Ue. Ma a questo punto bisogna cogliere l’occasione per fare un turnaround e mettere mano ad alcune riforme che, peraltro, la stessa Europa ci chiede da tempo. Insomma, una sorta di nuovo piano Marshall che, non a caso, molti evocano in questi giorni.
Bisogna far ripartire il Paese concentrando tutte le risorse, che dovranno esser ingenti, su pochi obiettivi essenziali: la riduzione del carico fiscale per imprese e famiglie, un massiccio piano di investimenti in infrastrutture, nel digitale e nella AI, nella formazione, nella ricerca e sviluppo, nella sanità. Sono fermamente convinto che, di fronte ad una manovra concentrata su questi obiettivi, avremmo l’avallo dell’Europa e nessun impatto sullo spread. Qualcuno obietterà che in passato ogni volta che l’Italia annunciava sforamenti nel rapporto deficit/Pil veniva punita dai mercati finanziari. In realtà gli operatori dei mercati raccontano da tempo una storia diversa: dell’Italia non fa paura l’aumento del debito tout court, ma fa paura la stagnazione, l’incapacità di avere una visione di medio-lungo termine, una tassazione troppo alta, una burocrazia folle ed una giustizia lumaca. E, aggiungo, le continue manovre finanziarie con interventi a pioggia, miranti ad accontentare clientele e gruppi di elettori, senza alcun effetto sull’economia reale.
Di fronte ad un piano imponente ma serio, concentrato sugli obiettivi che ormai da trent’anni tutti ripetiamo essere quelli fondamentali, i mercati applaudirebbero. Ma bisogna assicurare che nemmeno un Euro venga speso per accontentare interessi particolari. E quanto un piano di questo genere sia importante ce lo ricorda la ricostruzione del ponte di Genova che, affidata ad un commissario e sottratta alla burocrazia, sta procedendo spedita.
In momenti difficili e di crisi epocali, non si possono rinviare le svolte epocali. Andare avanti per l’ennesima volta con i rattoppi e gli “zerovirgola” sarebbe il definitivo de profundis per il sistema Italia. E se l’Europa non ci dovesse seguire, lo sarebbe anche per l’Unione Europea.
Ordinario di Economia aziendale
all’Università Luiss Guido Carli