Per le banche argine fino a 250 miliardi di Npl
La Vigilanza: sì all’uso di parte del capitale per le rettifiche sui crediti
La Bce offre piena flessibilità alle banche per far fronte all’emergenza del coronavirus: un gigantesco scudo che potrebbe far sopportare alle banche italiane 250 miliardi di nuovi crediti deteriorati. Questo non ha impedito ai mercati di sprofondare: la reazione di ieri, violentissima – con Milano che ha perso il 17% - è solo l’ultima di una serie che negli ultimi giorni ha sconvolto i listini globali. Nel giro di tre settimane, le principali banche italiane hanno perso circa il 35-40% di capitalizzazione, con oltre 40 miliardi bruciati. Il rapporto tra i prezzi e il patrimonio netto tangibile è così sceso dallo 0,7% allo 0,3-0,4%, livello che non si vedeva dai tempi di Lehman Brothers.
In questo quadro di forte pessimismo, e di chiari segnali di rischi al ribasso, la Vigilanza bancaria guidata da Andrea Enria ha però voluto dare un’iniezione di chiara fiducia agli istituti, garantendo tutta la necessaria elasticità a gestire questa fase. Quindi sì all’uso di tutte le riserve di capitale e liquidità che le banche hanno accumulato in questi anni, e che sono progettate proprio per resistere a situazioni di stress come quella attuale. Nel dettaglio, la Bce consentirà alle banche di operare al di sotto del livello di capitale definito dalla guidance del
Pilastro 2, dal buffer di conservazione del capitale (Ccb) e del coefficiente di copertura della liquidità (Lcr). Misure che la Bce definisce «temporanee» e che saranno rafforzate dall’«opportuno» allentamento della riserva di capitale anticiclica (CCyB) da parte delle autorità macroprudenziali nazionali.
Tradotto: la Bce consentirà alle banche di usare parte del capitale in portafoglio per far fronte a perdite su crediti che si manifesteranno inevitabilmente, vista la crisi in atto, e per erogare credito a chi ne avrà bisogno.
Non solo. La Bce sta discutendo misure individuali con le singole banche, tra cui «la revisione di calendari, processi e scadenze». E potrà posticipare le ispezioni o la scadenza entro cui mettere in pratica le misure richieste da precedenti ispezioni. La promessa è dunque di allentare eventuali strette regolatorie che oggi certo non sarebbero tollerabili. Anche la guidance sui non performing loans, spiega un comunicato, «fornisce ai supervisori flessibilità sufficiente per adeguarsi a circostanze specifiche per le singole banche».
Il coronavirus, ha detto il numero uno dell’Ssm Andrea Enria, si sta dimostrando «shock significativo per le nostre economie. Le banche devono essere nella posizione di continuare a finanziarie le famiglie e le imprese che dovessero incontrare difficoltà temporanee». E a conferma dell’allarme rosso che è oramai suonato, l’Ssm fa una mossa simbolica ma segnaletica: rinvia al 2021 gli stress test, peraltro appena partiti. «Chiediamo che per tutta la durata della situazione di eccezionalità, sia congelato il decorrere del tempo ai fini delle definizioni di default e con riferimento al vintage del calendar provisioning e, conseguentemente, che siano posticipati i target assegnati alle banche per la riduzione dello stock dei crediti deteriorati», ha scritto il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, in una lettera all’Ssm e all’Eba.
Si vedrà se nelle prossime settimane ci saranno ulteriori decisioni da parte della Vigilanza e se i mercati correggeranno il tiro o meno. Le misure prese ieri dalla Bce sono tutt’altro che banali: valutate complessivamente, se si guarda ai dati Srep sul 2019, si traducono in un cuscinetto di capitale che in media può arrivare fino al 4% (1,5% Pillar 2, 2,5% Capital conservation buffer). Non solo: la Bce permette di usare strumenti ibridi – come At1 e At2 – per colmare necessità di capitale
primario (Pillar 1).
Nel complesso tutto ciò dà spazi importanti di manovra alle banche per sopportare situazioni anche di
forte criticità. Giovanni Razzoli,
analista di Equita Sim, ha calcolato che solo con gli utili attesi entro il 2022 (75 miliardi prima delle rettifiche) le banche italiane sarebbero in grado di gestire una massa di oltre 150 miliardi di nuovi crediti deteriorati, coprendoli al 50%. L’allentamento della Bce sui requisiti potrebbe liberare altro capitale per
sopportare altri 80-90 miliardi di
Npe, portando così a 240 miliardi circa il fardello gestibile. Il che significa moltiplicare per quasi 5 volte (4,7x) il livello del tasso di default del 2019, pari all’1,3%, ed essere in linea con le richieste minime di vigilanza. A queste valutazioni, secondo Equita Sim, è come se i mercati scontassero un calo del Pil 2020 del 2% e dell’1,5% nel 2021.
Gli istituti italiani potranno far fronte a una massa di Npl superiore di cinque volte a quella del 2019