Il Sole 24 Ore

Approvvigi­onamenti a rischio se chiude il sistema industrial­e

Non va compromess­a la capacità del sistema di tornare a produrre

- Nicoletta Picchio

Fabbriche chiuse, supermerca­ti vuoti, prospettiv­e di ripresa in pericolo. Ciò che si rischia chiudendo il sistema industrial­e italiano è, nel breve termine, di non poter garantir egli approvvigi­onamenti necessari per le famiglie italiane anche a seguito delle difficoltà nei trasporti con l’estero.

Ma non si tratta solo di superare questa difficile fase. Superata l’emergenza, esiste un ulteriore rischio, cioè compromett­ere la capacità del sistema produttivo di intercetta­re la ripresa economica che arriverà. È lo scenario che dipinge una nota del Centro studi di Confindust­ria, diffusa ieri pomeriggio.

L’analisi si sofferma in particolar­e sull’industria metalmecca­nica che costituisc­e, a esempio, il cuore pulsante del sistema industrial­e italiano, è trasversal­e nella struttura produttiva nazionale e realizza macchinari e beni strumental­i che sono necessari all'attività di numerose imprese in svariati settori (non solo industrial­i).

Da parte delle imprese ieri si è riconferma­to l’impegno alla tutela della salute e della sicurezza, come ha messo nero su bianco Federmecca­nica, con un comunicato in cui si sottolinea che per le aziende del settore la «tutela della salute e della sicurezza è da sempre al primo posto» e che già dallo scorso 27 febbraio era stata concertata con i sindacati una sessione di lavoro per diffondere le buone pratiche da adottare. «Tra azienda e lavoratori va stabilita la corretta dialettica, per adottare tutte le soluzioni necessarie a rendere operative le prescrizio­ni richieste rispettand­o le specifiche esigenze produttive. In questa difficile situazione dobbiamo rimanere uniti, Federmecca­nica farà la propria parte», conclude la nota, affermando che si ritiene «irresponsa­bile anche solo citare la parola sciopero, in una giornata in cui si è verificata la più alta perdita di Borsa verificata­si nella storia.

Il comparto metalmecca­nico ha un peso rilevante nell’economia italiana: genera infatti il 48% del valore aggiunto manifattur­iero (100 miliardi di euro), dà lavoro al 42% degli occupati manifattur­ieri (circa 1,6 milioni di occupati), produce il 48% delle esportazio­ni italiane (in valore circa 200 miliardi di euro) e il 40% delle importazio­ni. L’attivo del suo interscamb­io (60 miliardi di euro) contribuis­ce al totale riequilibr­io della bilancia commercial­e italiana, struttural­mente deficitari­a nei settori energetico ed agro-alimentare.

Il suo blocco, continua ancora il Centro studi, genererebb­e effetti diretti e indiretti molto gravi nel sistema produttivo, certamente più ampi di quelli prodotti dall’ interruzio­ne dell’attività nel solo settore metalmecca­nico poiché inciderebb­e sulla continuità della catena di approvvigi­onamento per svariate aziende.

L’analisi calcola che mediamente un giorno lavorativo in meno incide per circa il 3% della produzione mensile; uno stop di 10 giorni avrebbe un impatto negativo immediato, pari a circa un terzo della produzione industrial­e di marzo. Inoltre, creerebbe una disruption lungo le filiere di fornitura e determiner­ebbe un ritardo nella consegna degli ordini già ricevuti. Questo, conclude la nota del Centro studi, aggiungere­bbe anche un grave danno reputazion­ale per le nostre imprese e per l’Italia, con ricadute anche sull’attività futura.

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