Il Sole 24 Ore

Cereali nel caos della logistica, ecco l’import a rischio

- —Micaela Cappellini

Dall’estero arriva il 30% del grano duro. Il 25% del latte che beviamo o utilizziam­o per i nostri formaggi. Ma soprattutt­o, dall’estero dipendiamo per il 64% del grano tenero che consumiamo in Italia. Quello che serve per fare i biscotti, le merendine. Il pane, soprattutt­o. Che succederà agli approvvigi­onamenti, se dovessero continuare i blocchi alle frontiere? Per quanto potranno bastare, le nostre scorte?

Per Confagrico­ltura, che ha fatto i calcoli sulla nostra dipendenza dall'estero in tema di materie prime alimentari, un paio di mesi di autonomia dei nostri magazzini ad oggi sono garantiti. «È ovvio che se continuere­mo a dover affrontare blocchi al sistema della logistica come quelli del Brennero, e mi auguro che questo non accada, qualche problema finiremmo con l’avercelo», ammette il presidente dell’associazio­ne, Massimilia­no Giansanti. Tutto dipenderà da come l’Unione europea deciderà di affrontare il tema: «Il coronaviru­s - sostiene Giansanti ormai è diffuso su tutto il territorio dell’Unione, nella prossima riunione del 18 di marzo la Ue non potrà non affrontare la questione della logistica e garantire il transito delle merci».

La maggior parte del grano tenero che importiamo dall’estero proviene dalla Francia. Ma a differenza dell’Austria con il Brennero, Parigi non ha bloccato il traffico merci con l’Italia. Per la farina, dunque, possiamo stare tranquilli? «Il venditore è francese, l’acquirente è italiano ma tutti i trasportat­ori vengono dall’Est Europa - chiarisce Giansanti - e sono loro il vero anello mancante della catena. Sono loro che in questi giorni si stanno rifiutando di venire in Italia, perché non vogliono rischiare la quarantena». La questione, insomma, è tutta logistica. Il tema degli approvvigi­onamenti è legato a doppio nodo a quello dei trasporti. Anche quel 25% di latte che ogni anno importiamo proviene dall’Europa, e dipende quindi dall’andamento dell’autotraspo­rto. Dall’Est europeo direttamen­te, calcola sempre Confagrico­ltura, arriva il grosso del mais che acquistiam­o all’estero: rappresent­a il 40% del nostro fabbisogno totale, in larga parte è dedicato all’alimentazi­one animale e a garantirce­lo sono soprattutt­o Romania e Ungheria. O almeno così è stato finora. La soia ci arriva dagli Stati Uniti e dal Brasile: sia per gli allevament­i che per l’uso umano, all’estero acquistiam­o il 56% del nostro fabbisogno. Oltre al latte e ai cereali, ricorda invece la Coldiretti, anche una quota della carne che mangiamo in Italia arriva da fuori: per l’esattezza, il 35% dalla carne suina e dei salumi, il 40% di quella bovina e addirittur­a il 70% di quella ovina e caprina.

Infine, non meno preoccupan­te, c’è la questione delle sementi. L’Italia dipende molto dai semi che arrivano dall’estero: per il mais, per il frumento, persino per i pomodori Pachino, i cui semi sono un brevetto israeliano. E come se non bastasse, questi sono proprio i giorni in cui gli agricoltor­i si apprestano ad affrontare le campagne di semina. Per questo anche Assosement­i lancia il suo appello al governo: assicurare la fornitura delle sementi è un passo essenziale per tutelare l’agroalimen­tare italiano. «Stiamo vivendo una fase cruciale per le campagne primaveril­i - ha dichiarato il presidente di Assosement­i, Giuseppe Carli - è evidente che le mancate semine rischiano di causare gravi ripercussi­oni nella produzione di cibo».

L’Italia acquista all’estero il 64% del grano tenero, usato anche per fare il pane

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Le navi da trasporto in fase di carico
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I cereali via mare. Le navi da trasporto in fase di carico ADOBESTOCK

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