Allarme marittimi: navi italiane respinte all’estero
Mattioli: «Più della metà dei Paesi del mondo sta bloccando i movimenti» Problema sistemico: l’Italia muove via mare circa il 60% di merci in import ed export
«Più della metà dei Paesi del mondo sta bloccando i movimenti italiani nei propri porti», a causa dell’emergenza coronavirus. Il settore marittimo nazionale sta quindi vivendo una situazione «di emergenza totale», a fronte della quale occorrono azioni concrete del Comando generale delle capitanerie e del ministero dei Trasporti «per evitare che le navi italiane si fermino».
A lanciare l’appello è Mario Mattioli, presidente di Confitarma, che esplicita il disagio dell’armamento tricolore, in balia non solo delle ricadute della pandemia sul trasporto via mare, ma anche del freno imposto dalla nostra burocrazia alla risoluzione di problematiche contingenti.
«Rispetto e appoggio – sottolinea
Mattioli – il decreto governativo che ha assunto restrizioni senza eguali, mai applicate neppure in tempo di guerra. Ma bisogna anche consentire all’economia del mare di svolgere il suo ruolo logistico, come è stato concesso al trasporto di merci su gomma. La nostra economia, va ricordato, è principalmente di trasformazione e l’Italia è uno dei più importanti Paesi marittimi del mondo: muove via mare circa il 60% delle merci in import ed export».
Quel che sta emergendo, aggiunge, «è una presa di posizione degli altri Stati nei confronti dei cittadini italiani, che vengono trattati come untori. Molti porti stanno ponendo limitazioni al traffico delle navi italiane e in diversi Paesi nei quali operiamo, ad esempio la Russia, sono state introdotte norme d’interdizione anche per le unità di altre bandiere che abbiano fatto scalo in Italia negli ultimi 14 giorni».
Un altro problema, afferma Mattioli, «è l’avvicendamento dei marittimi su navi che operano all’estero. Da quando è scoppiata l’emergenza, in molte nazioni questo non è più possibile, essendo vietato l’ingresso e il transito ai marittimi italiani. Esiste il concreto pericolo che le navi non possano più operare per mancanza di equipaggi».
Per ovviare al problema, al momento, si stanno procrastinando i turni di alcuni marittimi. Ma questo si può fare, dice Mattioli, «solo per un periodo limitato. Senza contare che il ricambio diventa un'assoluta necessità per chi ha avuto un infortunio sul lavoro oppure contrae una malattia».
A questa situazione si aggiunge il divieto di trasferta per tutti gli ispettori delle diverse autorità italiane preposte al rilascio dei certificati di bordo. Divieto «che rischia di lasciare le nostre navi sprovviste di questi documenti, paralizzandone l’operatività». E ancora, elenca Mattioli, «si pone forte il problema delle visite mediche biennali dei marittimi. Normalmente queste, per chi non è in Italia, vengono eseguite nei porti esteri dove si trovano le navi. Ma ora i medici non vogliono visitare gli italiani».
Emerge, poi, un ulteriore intoppo: le scadenze delle certificazioni Imo (International maritime organization) dei nostri marittimi. Per poter operare sulle navi, infatti, occorre rinnovare periodicamente questi certificati standard, attraverso corsi di formazione svolti in appositi centri. «Peccato – chiarisce Mattioli – che tutti i centri per la formazione in Italia abbiano chiuso i battenti in seguito al decreto contro il coronavirus e non riaprano, se va bene, prima del 3 aprile». I marittimi con i brevetti in scadenza, quindi, non possono imbarcarsi.
Per questo, continua Mattioli, Confitarma chiede al comando generale delle capitanerie e alla direzione generale del Mit competente per la navigazione «di farsi portavoci di una richiesta all’Imo per il prolungamento, di almeno sei mesi, della validità dei certificati per i marittimi italiani. E occorre che questa estensione sia accettata a livello internazionale. È necessario inoltre che si trovino regole, anche queste concertate sul piano internazionale, per l’avvicendamento dei marittimi e per le visite ispettive e mediche. Ho scritto al presidente della International chamber of shipping (l’associazione mondiale degli armatori, ndr) perché ci dia un supporto e mi ha risposto che stanno lavorando in quella direzione. Ma se non scrive anche l’amministrazione italiana tutto rischia vanificarsi”. Mattioli, infine, fa un appello affinché, in questa circostanza, ci sia «un intervento forte e veloce» dell’amministrazione, anche per mettere da parte «quelle regole puramente burocratiche che, in questo momento, rischiano di inibire il funzionamento delle navi italiane».