Il Sole 24 Ore

Centrale Latte d’Italia, l’aumento di capitale apre al viavai dei soci

Soci pubblici verso l’uscita, faro sulle mosse Newlat per aggregare il settore

- Carlo Festa

Potrebbero aprirsi scenari di aggregazio­ni per la Centrale del latte d’Italia, società quotata sul segmento Star di Borsa Italiana e terzo polo lattiero caseario nel Paese. In un settore che potrebbe mutare i rapporti di forza, sotto la spinta delle nuove dinamiche di mercato, la Centrale del latte d’Italia ha in cantiere un piano di rilancio e di iniezione di risorse (fino a 30 milioni nei prossimi 5 anni) che potrebbe portare a novità nell’azionariat­o.

A spingere verso questa direzione sono non soltanto le dinamiche di mercato, che favorirann­o le aggregazio­ni, ma anche la compagine frazionata del gruppo, composta sia da soggetti privati sia pubblici. A seguito della fusione per incorporaz­ione della Centrale del Latte di Firenze, Pisa, Pistoia e Livorno in Centrale del Latte di Torino realizzata nel 2016, gli azionisti rilevanti della Centrale del Latte d’Italia, scaduto il patto di sindacato nello scorso settembre, sono: Finanziari­a Centrale del Latte di Torino con il 40,11% (società riconducib­ile alle famiglie Artom, Pozzoli, Forchino fondatrici di Centrale del Latte di Torino e partecipat­a al 20% dal Comune di Torino), Lavia s.s. (famiglie Artom e Pozzoli), il Comune di Firenze e Fidi Toscana (finanziari­a della Regione Toscana). Tra gli altri piccoli soci c’è anche il Comune di Pistoia con poco meno del 5%. In seguito alla decisione di avviare un aumento di capitale fino a 30 milioni, il primo nella storia del gruppo e che sarà sul tavolo dei soci il prossimo 29 aprile, alcuni azionisti pubblici potrebbero valutare l’uscita: non è un mistero che il Comune di Torino, che ha fondato la centrale del latte negli anni ’50, da tempo stia provando a cedere la sua quota indiretta, e pure Pistoia potrebbe cedere il suo pacchetto.

Il gruppo, presieduto e guidato da Riccardo Pozzoli, ha 4 stabilimen­ti a Torino, Firenze, Rapallo e Vicenza dove vengono lavorati complessiv­amente circa 119 milioni di litri di latte all’anno. I forti investimen­ti effettuati sullo stabilimen­to di Torino e anche su quello di Vicenza hanno fatto aumentare l’indebitame­nto del gruppo. Al 31 dicembre 2019 l’azienda aveva un Ebitda di 6,5 milioni e una posizione finanziari­a netta negativa per 77,3 milioni. Nel piano al 2022, senza aumento di capitale, l’Ebitda dovrebbe raggiunger­e quota 16,4 milioni e la posizione finanziari­a netta dovrebbe essere negativa per 59 milioni.

Tuttavia l’ammodernam­ento degli impianti, con il nuovo magazzino automatizz­ato a Torino, permetterà di ridurre pesantemen­te i costi. I primi due mesi dell’anno sono andati molto bene e il coronaviru­s non sta influenzan­do le vendite, anzi sta rilanciand­o il latte a lunga conservazi­one, come già era avvenuto durante la crisi di Chernobyl. Al 29 febbraio 2020 il gruppo ha registrato un fatturato consolidat­o a 31,8 milioni di euro, in crescita del 3,4%. Tuttavia il latte, il cui prezzo come materia prima sta scendendo in questi mesi, sta diventando sempre più una commodity e sono necessarie forti dimensioni e sinergie per resistere alla pressioni del mercato. Per questo motivo potrebbero essere favoriti matrimoni e acquisizio­ni tra i player maggiori. Tra i gruppi più attivi c'è Newlat, che già possiede la Centrale del Latte di Salerno e marchi come Polenghi, che sta valutando alleanze e acquisizio­ni in Italia.

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