L’attività può proseguire con misure di sicurezza e chiusure selettive
L’attività di fabbriche e professionisti può proseguire nonostante l’emergenza coronavirus, per ora. Resta fuori dalla stretta, quella introdotta dal Dpcm dell’11 marzo. Ma il provvedimento richiama i datori sull’adozione di cautele rafforzate nella sicurezza sul lavoro e sulla selettività per chiudere i reparti la cui attività non è indispensabile in questo momento (sfruttando la possibilità di mettere il personale in ferie). ll Dpcm pone l’accento sull’uso dello smart working il più possibile, adottandolo addirittura come modalità ordinaria nelle pubbliche amministrazioni.
Nel settore privato
Per le attività produttive e professionali, c’è la raccomandazione di adottare lo smart working il più possibile. E il datore di lavoro privato non sembra avere un vero obbligo di dimostrare che ha preso tutte le misure possibili per promuovere questa modalità organizzativa, per cui un dipendente contagiato che volesse far valere le proprie ragioni non dovrebbe far leva su questa argomentazione.
Piuttosto, conta la cornice di fondo dei rapporti di lavoro: l’articolo 2087 del Codice civile, che impone all’imprenditore di adottare le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori. Ma il lavoratore dovrebbe comunque dimostrare con certezza che il contagio è avvenuto sul lavoro (nesso causale), il che non è affatto facile.
Teoricamente, alla luce dell’emergenza coronavirus, si potrebbe ipotizzare che il datore debba aggiornare il documento di valutazione dei rischi nella propria azienda, previsto dall’articolo 29 del Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (Dlgs 81/2008). Sulla materia la competenza è ripartita fra Stato e Regioni. E il Veneto ha già dichiarato di non ritenere giustificato l’aggiornamento del documento in relazione al rischio associato all’infezione da Sars-Cov 2 (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri).
Un principio indiscutibile è invece quello secondo cui meno persone ci sono sui luoghi di lavoro in questi giorni e meglio è. L’articolo 1 del Dpcm dell’11 marzo raccomanda la sospensione delle attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione e l’incentivazione delle ferie e dei congedi retribuiti per i dipendenti.
L’altra direzione in cui si muove l’articolo 1 è quella di raccomandare a imprenditori e professionisti l’assunzione di protocolli di sicurezza anti-contagio. E, se non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, l’adozione di strumenti di protezione individuale; viene chiesto, inoltre, di incentivare le operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro, utilizzando se necessario forme di ammortizzatori sociali per il periodo in cui il personale non possa essere presente in azienda.
Per le sole attività produttive si raccomanda poi che siano limitati al massimo gli spostamenti all’interno dei siti e contingentato l’accesso agli spazi comuni: decisioni, come quelle precedente, anche complesse per le quali l’invito è di trovare intese più ampie possibili fra le parti sociali.
Nella pubblica amministrazione
Incentivato lo smart working che deve diventare ordinario negli uffici pubblici
Molte di queste misure non sono adatte al caso degli uffici pubblici. Anche per questo il Dpcm batte molto sullo smart working: stabilisce che, fatte salve le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza, le Pa assicurano lo svolgimento in via ordinaria delle prestazioni lavorative in smart working - ulteriori indicazioni vengono fornite dalla direttiva 2/2020 di ieri della Presidenza del Consiglio dei ministri contenente le misure da adottare per ridurre la presenza dei dipendenti pubblici negli uffici senza pregiudicare lo svolgimento dell’attività amministrativa. In particolare, chiarendo che la modalità di lavoro ordinaria in questo frangente deve essere considerata quella da remoto, nel documento si stabilisce che la presenza in ufficio vada limitata ai soli casi in cui la presenza fisica sia indispensabile per lo svolgimento del servizio, con l’obbligo, in questo caso, di garantire la rotazione dei dipendenti dando la priorità al personale con qualifica dirigenziale.