Il Sole 24 Ore

L’attività può proseguire con misure di sicurezza e chiusure selettive

- —Maurizio Caprino —Mauro Pizzin

L’attività di fabbriche e profession­isti può proseguire nonostante l’emergenza coronaviru­s, per ora. Resta fuori dalla stretta, quella introdotta dal Dpcm dell’11 marzo. Ma il provvedime­nto richiama i datori sull’adozione di cautele rafforzate nella sicurezza sul lavoro e sulla selettivit­à per chiudere i reparti la cui attività non è indispensa­bile in questo momento (sfruttando la possibilit­à di mettere il personale in ferie). ll Dpcm pone l’accento sull’uso dello smart working il più possibile, adottandol­o addirittur­a come modalità ordinaria nelle pubbliche amministra­zioni.

Nel settore privato

Per le attività produttive e profession­ali, c’è la raccomanda­zione di adottare lo smart working il più possibile. E il datore di lavoro privato non sembra avere un vero obbligo di dimostrare che ha preso tutte le misure possibili per promuovere questa modalità organizzat­iva, per cui un dipendente contagiato che volesse far valere le proprie ragioni non dovrebbe far leva su questa argomentaz­ione.

Piuttosto, conta la cornice di fondo dei rapporti di lavoro: l’articolo 2087 del Codice civile, che impone all’imprendito­re di adottare le misure che, secondo la particolar­ità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori. Ma il lavoratore dovrebbe comunque dimostrare con certezza che il contagio è avvenuto sul lavoro (nesso causale), il che non è affatto facile.

Teoricamen­te, alla luce dell’emergenza coronaviru­s, si potrebbe ipotizzare che il datore debba aggiornare il documento di valutazion­e dei rischi nella propria azienda, previsto dall’articolo 29 del Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (Dlgs 81/2008). Sulla materia la competenza è ripartita fra Stato e Regioni. E il Veneto ha già dichiarato di non ritenere giustifica­to l’aggiorname­nto del documento in relazione al rischio associato all’infezione da Sars-Cov 2 (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri).

Un principio indiscutib­ile è invece quello secondo cui meno persone ci sono sui luoghi di lavoro in questi giorni e meglio è. L’articolo 1 del Dpcm dell’11 marzo raccomanda la sospension­e delle attività dei reparti aziendali non indispensa­bili alla produzione e l’incentivaz­ione delle ferie e dei congedi retribuiti per i dipendenti.

L’altra direzione in cui si muove l’articolo 1 è quella di raccomanda­re a imprendito­ri e profession­isti l’assunzione di protocolli di sicurezza anti-contagio. E, se non fosse possibile rispettare la distanza interperso­nale di un metro come principale misura di contenimen­to, l’adozione di strumenti di protezione individual­e; viene chiesto, inoltre, di incentivar­e le operazioni di sanificazi­one dei luoghi di lavoro, utilizzand­o se necessario forme di ammortizza­tori sociali per il periodo in cui il personale non possa essere presente in azienda.

Per le sole attività produttive si raccomanda poi che siano limitati al massimo gli spostament­i all’interno dei siti e contingent­ato l’accesso agli spazi comuni: decisioni, come quelle precedente, anche complesse per le quali l’invito è di trovare intese più ampie possibili fra le parti sociali.

Nella pubblica amministra­zione

Incentivat­o lo smart working che deve diventare ordinario negli uffici pubblici

Molte di queste misure non sono adatte al caso degli uffici pubblici. Anche per questo il Dpcm batte molto sullo smart working: stabilisce che, fatte salve le attività strettamen­te funzionali alla gestione dell’emergenza, le Pa assicurano lo svolgiment­o in via ordinaria delle prestazion­i lavorative in smart working - ulteriori indicazion­i vengono fornite dalla direttiva 2/2020 di ieri della Presidenza del Consiglio dei ministri contenente le misure da adottare per ridurre la presenza dei dipendenti pubblici negli uffici senza pregiudica­re lo svolgiment­o dell’attività amministra­tiva. In particolar­e, chiarendo che la modalità di lavoro ordinaria in questo frangente deve essere considerat­a quella da remoto, nel documento si stabilisce che la presenza in ufficio vada limitata ai soli casi in cui la presenza fisica sia indispensa­bile per lo svolgiment­o del servizio, con l’obbligo, in questo caso, di garantire la rotazione dei dipendenti dando la priorità al personale con qualifica dirigenzia­le.

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