Tra difesa del risparmio e interesse nazionale
Un boomerang fermare la Borsa ma il controllo Tim non può valere 1 miliardo
In un contesto d’allarme - dove anche nei mercati finanziari l’ordine è sovvertito - sono due i principiguida, non necessariamente divergenti, che è bene non perdere di vista: la tutela del risparmio e l’interesse nazionale. Ieri la Consob ha disposto il divieto alle vendite allo scoperto, anche quelle assistite da prestito titoli, su 85 titoli quotati in Piazza Affari, applicando l’automatismo del regolamento europeo che consente all’Authority di mercato nazionale di chiedere all’Esma (la Consob europea) la possibilità di applicare la misura restittiva sui titoli a larga capitalizzazione che hanno subito ribassi superiori al 10%, sulle mid cap scese di oltre il 20% e le small cap di oltre il 30%. Chiaramente un palliativo che non consente in assoluto di aprire un ombrello protettivo sulle nostre aziende.
Lo stesso concetto di attività strategica, nell’attuale contesto, assume un significato differente. Non sono da considerare strategiche le superstiti aziende (ammesso che ce ne siano ancora) che producono mezzi di protezione individuale al coronavirus? La dislocazione geografica della produzione, attuata in tempi di pace sulla base del puro criterio del profitto, rischia di rivelarsi un boomerang in tempi di emergenza sanitaria, quando le esportazioni possono essere bloccate a tutela della salute nazionale (che qualche volta, spesso, è quella degli altri). E tuttavia la soluzione non può essere quella di bloccare le contrattazioni di Borsa, mettendo la testa sotto la sabbia. Ha senso che l’intera Telecom valga poco più di 7 miliardi, come è stato alle quotazioni di giovedì? Volendo, con appena 1,3 miliardi si sarebbe potuto superare Vivendi, che oggi è il primo azionista con una quota del 23,94%. La soluzione però non può essere quella proposta dai piccoli azionisti Asati, che hanno chiesto di fermare le contrattazioni sul titolo. Chi ha bisogno di vendere, non per speculazione, ma perchè necessita di liquidi in un momento in cui le attività produttive sono paralizzate deve poterlo fare. Ed è appunto un vanto di Piazza Affari di non essersi fermata un solo secondo, neanche quando il crollo delle Torri gemelle ha costretto Wall Street a più giorni di serrata. Tant’è che le società di gestione del risparmio hanno chiesto di avere garanzie sulla continuità dell’operatività dei fondi comuni, anche in presenza dellle limitazioni attuali alla circolazione delle persone. Le Sgr hanno chiesto cioè un presidio di personale nei loro uffici per poter assicurare il calcolo del valore delle quote e garantire le operazioni di investimento e disinvestimento. Si può facilmente immaginare cosa succederebbe se i risparmiatori non fossero nelle condizioni di ottenere la liquidazione della loro quota, anche e nonostante il normale funzionamento della Borsa.
Tuttavia, gli anomali prezzi da saldo che il listino espone per la maggior parte delle società in questo momento qualche riflessione l’impone. Davide Zanichelli (M5S), membro della commissione Finanze dela Camera, già autore di un’interpellanza sulla strategicità della Borsa, ieri ha sollecitato la costituzione di una cabina di regia a livello nazionale per sorvegliare su una situazione che rischia di mettere a repentaglio il meglio del sistema produttivo nazionale. C’è da rifletterci, perchè il mondo è cambiato e il contesto impone di rispondere all’emergenza, senza perdere colpi.