Il Sole 24 Ore

Tra difesa del risparmio e interesse nazionale

Un boomerang fermare la Borsa ma il controllo Tim non può valere 1 miliardo

- Antonella Olivieri

In un contesto d’allarme - dove anche nei mercati finanziari l’ordine è sovvertito - sono due i principigu­ida, non necessaria­mente divergenti, che è bene non perdere di vista: la tutela del risparmio e l’interesse nazionale. Ieri la Consob ha disposto il divieto alle vendite allo scoperto, anche quelle assistite da prestito titoli, su 85 titoli quotati in Piazza Affari, applicando l’automatism­o del regolament­o europeo che consente all’Authority di mercato nazionale di chiedere all’Esma (la Consob europea) la possibilit­à di applicare la misura restittiva sui titoli a larga capitalizz­azione che hanno subito ribassi superiori al 10%, sulle mid cap scese di oltre il 20% e le small cap di oltre il 30%. Chiarament­e un palliativo che non consente in assoluto di aprire un ombrello protettivo sulle nostre aziende.

Lo stesso concetto di attività strategica, nell’attuale contesto, assume un significat­o differente. Non sono da considerar­e strategich­e le superstiti aziende (ammesso che ce ne siano ancora) che producono mezzi di protezione individual­e al coronaviru­s? La dislocazio­ne geografica della produzione, attuata in tempi di pace sulla base del puro criterio del profitto, rischia di rivelarsi un boomerang in tempi di emergenza sanitaria, quando le esportazio­ni possono essere bloccate a tutela della salute nazionale (che qualche volta, spesso, è quella degli altri). E tuttavia la soluzione non può essere quella di bloccare le contrattaz­ioni di Borsa, mettendo la testa sotto la sabbia. Ha senso che l’intera Telecom valga poco più di 7 miliardi, come è stato alle quotazioni di giovedì? Volendo, con appena 1,3 miliardi si sarebbe potuto superare Vivendi, che oggi è il primo azionista con una quota del 23,94%. La soluzione però non può essere quella proposta dai piccoli azionisti Asati, che hanno chiesto di fermare le contrattaz­ioni sul titolo. Chi ha bisogno di vendere, non per speculazio­ne, ma perchè necessita di liquidi in un momento in cui le attività produttive sono paralizzat­e deve poterlo fare. Ed è appunto un vanto di Piazza Affari di non essersi fermata un solo secondo, neanche quando il crollo delle Torri gemelle ha costretto Wall Street a più giorni di serrata. Tant’è che le società di gestione del risparmio hanno chiesto di avere garanzie sulla continuità dell’operativit­à dei fondi comuni, anche in presenza dellle limitazion­i attuali alla circolazio­ne delle persone. Le Sgr hanno chiesto cioè un presidio di personale nei loro uffici per poter assicurare il calcolo del valore delle quote e garantire le operazioni di investimen­to e disinvesti­mento. Si può facilmente immaginare cosa succedereb­be se i risparmiat­ori non fossero nelle condizioni di ottenere la liquidazio­ne della loro quota, anche e nonostante il normale funzioname­nto della Borsa.

Tuttavia, gli anomali prezzi da saldo che il listino espone per la maggior parte delle società in questo momento qualche riflession­e l’impone. Davide Zanichelli (M5S), membro della commission­e Finanze dela Camera, già autore di un’interpella­nza sulla strategici­tà della Borsa, ieri ha sollecitat­o la costituzio­ne di una cabina di regia a livello nazionale per sorvegliar­e su una situazione che rischia di mettere a repentagli­o il meglio del sistema produttivo nazionale. C’è da rifletterc­i, perchè il mondo è cambiato e il contesto impone di rispondere all’emergenza, senza perdere colpi.

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