Tutti a casa? Sì, ma con le luci giuste
La scelta attenta e l’uso sapiente delle sorgenti luminose può contribuire al benessere delle persone, a maggior ragione in situazioni di lungo stress come quella attuale
«Quando in casa hai buona luce ha già quasi tutto. È più importante persino che avere mobili belli, perché se la luce che li illumina è brutta, perdono il loro fascino». Per Paolo Brambilla, architetto e designer dello studio CalviBrambilla, design curator di Flos, l’illuminazione è un elemento chiave nella progettazione di una casa, come di qualunque altro ambiente. È un po’ la regista dello spazio, capace di valorizzare il ruolo di ciascun attore. Ma non solo: è anche un fattore essenziale per il benessere delle persone che, dentro quel luogo, devono vivere e lavorare.
Da tempo ormai, tra le aziende dell’illuminazione, si parla di «Human Centric Lighting», ovvero di principi che tengono in considerazione gli effetti anche fisiologici ed emotivi della luce sulle persone. «Fare luce è qualcosa che va al di là di realizzare una lampada – spiega Carlotta de Bevilacqua, designer e ceo di Artemide –. Significa avere a che fare con uno dei tre elementi fondamentali per la vita: l’aria, l’acqua e la luce, appunto».
A maggior ragione in un momento storico come quello attuale in cui, per contenere il contagio da Coronavirus, quasi tutti gli italiani sono costretti a stare in casa, dividendo lo spazio domestico tra lavoro e vita privata, e facendo i conti con ansia e incertezza. «Non c’è dubbio: il modo in cui illuminiamo le nostre case influenza il nostro umore e la nostra salute – conferma Mauro Cusimano, brand manager I-LèD Professional di Linea Light Group –. Anni fa, una ricerca realizzata in Giappone ha dimostrato che, nelle persone tendenti alla depressione, una luce brillante aggrava il disagio, mentre una luce più calda, meno impattante, con un livello di intensità minore, porta tranquillità».
Oggi le nuove tecnologie consentono alle aziende di produrre sorgenti luminose e apparecchi adattabili a ogni tipo di situazione e funzione, e ai clienti di gestirli e calibrarli in base alle proprie preferenze e necessità. Con interessanti effetti fisiologici ed estetici, che sono ormai trasversali tra il mondo dell’illuminazione architetturale (destinata a uffici e spazi pubblici) e quello dell’illuminazione domestica. «Fino a pochi anni fa c’era una distinzione netta tra le lampade puramente decorative e quelle cosiddette tecniche – spiega Paolo Brambilla –. Oggi queste due dimensioni sono sempre più sovrapposte». Oggetti con prestazioni tecniche, pensati in prima battuta per ambienti pubblici, hanno una ricerca e gradevolezza estetica che non ha nulla da invidiare all’ambito decorativo e viceversa. Come il sistema modulare Infra-Structure Episode 2 progettato da Vincent Van Duysen per Flos Architectural, che a breve sarà sul mercato. «È l’esempio di come i luoghi del lavoro diventino sempre più confortevoli ed esteticamente sofisticati – spiega Brambilla –: gli elementi di questo sistema creano una luce diffusa e insieme concentrata su un punto, come serve in un ufficio, ma la sua estetica lo rende adatto anche ad applicazioni domestiche».
Analogo discorso vale per Oblique, lampada da scrivania progettata anch’essa da Van Duysen per Flos, che grazie a un complesso sistema ottico permette di ottenere un fascio luminoso fortemente asimmetrico: non fa luce sotto se stessa, come una lampada tradizionale, ma in obliquo, verso un computer o un foglio, ad esempio. Prodotti crossover che portano «l’efficienza luminosa e lo sforzo di gestione della luce, tipici dell’architetturale, anche negli spazi domestici, dove tradizionalmente si privilegiava soprattutto l’aspetto estetico – osserva il designer –. Perché anche a casa serve la luce giusta, adatta a ogni situazione. Tanto più in questi tempi di quarantena».
Il tema di «declinare la luce negli spazi» è fondamentale nei progetti di illuminazione domestica dove, rispetto a un ufficio, le situazioni ed esigenze sono più numerose: «Posso essere sola, in coppia, o con degli amici – dice de Bevilacqua -. Posso leggere un libro per conto mio, mangiare con i miei familiari, oppure cucinare o riordinare le stanze. Per ogni occasione serve una luce diversa». L’uomo, spiega la designer, «è sempre al centro dello spazio e la luce segue i momenti della vita». La luce artificiale è un supporto fondamentale anche dal punto di vista emotivo: va dosata nel modo giusto. «Fare luce per noi è come fare musica: dobbiamo saper rispondere agli ambienti domestici con soluzioni che possono essere un assolo o una sinfonia, a seconda del caso», osserva. Per farlo, Artemide ha lanciato qualche anno fa una app attraverso cui gestire gran parte dei suoi prodotti, per variare le sorgenti cromatiche o creare scenografie differenti, anche attraverso prodotti dalla presenza discreta, come la sottilissima lampada Discovery disegnata da Ernesto Gismondi, o la poetica Gople progettata dallo studio Big, tra i modelli più recenti.
Insiste sul valore anche emotivo della luce Mauro Cusimano: «Le tecnologie Led ci permettono ormai di ottenere risultati meravigliosi – spiega – ad esempio riproducendo gli effetti luminosi delle vecchie piantane con lampadine alogene, riportandoci al nostro passato, ma con consumi energetici drasticamente ridotti, come accade nella collezione Warp, una serie di incassi che utilizza la tecnologia Warm Tune, in grado di creare una luce calda e confortevole, adatta anche ad ambienti domestici». Sfrutta invece la tecnologia Dynamic White – in linea con i principi dello Human Centric Lighting – la Moonflower di Linea Light Group, lampada a parete creata da Colin Johnson, concepita come un quadro componibile che può creare geometrie e disegni differenti.