Afghanistan: la pace come scommessa da vincere
In 20 anni il Paese ha compiuto importanti progressi economici e sociali e i talebani non sembrano più in grado di assumerne il pieno controllo. Ecco perchè, nonostante i tanti nodi da sciogliere, l’intesa potrà reggere
Quali sono le probabilità di pacificazione a Kabul dopo l’intesa Usa- talebani? Più alte di quanto si possa immaginare. Il Paese mostra grandi progressi, specie in campo economico, che gli stessi talebani hanno interesse a salvaguardare.
Quali sono le probabilità di pacificazione in Afghanistan dopo l’ intesa tra Usa e talebani? La risposta è: più alte di quanto si possa immaginare. La ragione sta nel fatto che, malgrado gli enormi problemi di facciata che il Paese mostra, sul fondo ci sono stati importanti progressi, specie in campo economico, che gli stessi talebani hanno interesse a salvaguardare.
Una guerra lunga 40 anni
Dopo 40 anni di miserie inflitte dalla guerra contro i russi e tra afghani, con l’interferenza di potenze straniere, il Paese è psicologicamente esausto e ha sete di pace. Le recenti scaramucce tra il presidente eletto e da poco insediato, Ashraf Ghani, e il suo ex vice che si è autoproclamato, Abdullah Abdullah, sono state accolte malissimo dalla popolazione. Abdullah Abdullah aveva recitato lo stesso copione alle precedenti elezioni presidenziali, rivendicando la vittoria e ottenendo l’assurda carica di Chief Executive sotto il presidente Ghani per amor di pace. Ora, per quanto possa avere le sue ragioni, Abdullah deve stare attento a non tirare troppo la corda, dato che gli Stati Uniti di Trump hanno poca pazienza e potrebbero ritirarsi in malo modo, con il rischio di una ripresa della guerra civile, che azzererebbe 20 anni di progressi.
I talebani, infatti, contrariamente alla loro propaganda e a quanto alcuni pensano, non sono in grado di prendere il controllo di un Paese di 30-35 milioni di abitanti. Sono coscienti che, con una forza di 5080mila uomini armati che controllano una buona parte di povere zone rurali ma nessuna città, incontrerebbero forti resistenze nelle città e da parte delle etnie del Centro e Nord, quali uzbeki, tagiki e hazara, che pesano per oltre il 50% della popolazione.
Un Paese trasformato
L’Afghanistan che i talebani, in massima parte di etnia pashtun, ambirebbero a guidare, è infatti un altro mondo rispetto a quello che hanno lasciato nel 2001. Allora esistevano 6mila linee telefoniche fisse e una stazione radio che cantava preghiere. Oggi un’intera generazione, quella sotto i 20 anni, non ha mai visto guerre, ascolta 45 stazioni radio, guarda 12 stazioni tv, almeno una dozzina di milioni possiedono smartphone e sono continuamente online tra Facebook e altri social network. È noto peraltro che gli stessi talebani comunicano con WhatsApp…
Il boom edilizio delle città
Le grandi città, ossia Kabul, Herat, Kandahar e Mazar, hanno avuto una forte crescita edilizia. Il centro storico di Herat è stato ricostruito in modo fin troppo lezioso. La capitale Kabul si stima sia passata da un milione di abitanti a sei e, malgrado vari problemi, ha infrastrutture migliori. I centri dei banchetti per matrimoni si sono moltiplicati, tre grandi moschee sono state rinnovate, nuovi quartieri residenziali sono nati, vicino all’aeroporto e a Nord della città, sulla via per Charikar e Bagram. Un parco dedicato al condottiero Babur è stato rinnovato e ingrandito. Un crescente numero di strade è stato asfaltato. Centinaia di ville monofamiliari, per quanto di proprietà di individui di reputazione assai dubbia, sono sorte in città come i funghi, a riprova di una crescita tumultuosa.
Oltre l’economia dell’oppio
La conferma giunge dai dati stilati dalla Banca Mondiale, secondo cui il Pil, dal 2001 al 2017, si è quasi decuplicato, passando da 2,2 a 20 miliardi di dollari, e ciò escludendo la famigerata narco-economia legata all’oppio, stimata tra 2 e 5 miliardi, pari a circa il 20% di quella ufficiale. Segno che il Paese riesce a sviluppare in modo sostenibile un’economia legata ad agricoltura e servizi.
Nuove dighe sono state inaugurate in varie parti del Paese. Numerose strade sono state asfaltate, collegando tutte le città principali. In agricoltura cresce l’uso di macchinari, le mandrie si sono moltiplicate e uno sciame di motociclette di fattura iraniana e cinese solca le strade del Paese. A Kabul ci sono ben 16 istituti bancari e soltanto nella piccola Bamiyan, al centro del Paese, dal nulla sono sbucate, dal 2010 a oggi, 5 filiali di banche oltre a 6 alberghi di qualità.
L’istruzione femminile
Un dato fondamentale che riflette un cambiamento profondo del Paese, fortemente penalizzato sotto i talebani, è il settore dell’istruzione, vitale per lo sviluppo dell’economia, tanto più importante se le donne possono partecipare alla vita civile, portando il loro prezioso contributo. Qui vale la pena di ricordare che, alla caduta dei talebani, andavano a scuola 1,2 milioni di ragazzi e 50mila ragazze, oltre a qualche migliaio di maschi all’Università. Oggi gli alunni in età scolare che vanno agli istituti primari e secondari sono 11 milioni, di cui un terzo femmine, e 500mila si diplomano annualmente, mentre sono 160mila gli studenti universitari, di cui circa 20mila donne. La strada davanti è ancora lunga: 3,5 milioni di ragazzi non vanno a scuola e di questi oltre il 60% sono femmine. I risultati finora raggiunti sono però notevoli.
I progressi da compiere in tutto il Paese restano enormi, ma per chi ha la ventura di visitarlo regolarmente ogni anno, i cambiamenti sono visibili e tangibili, anche nelle zone rurali, dove le condizioni sono più arretrate e i talebani hanno più possibilità di reclutare adepti con pochi soldi. Basti dire che un Kalashnikov costa circa 600 dollari, più del reddito annuo di un afghano delle zone rurali.
In questo quadro generale, un po’ approssimato dalla carenza delle statistiche disponibili, viene da pensare che i talebani, che peraltro da alcuni anni negoziano dietro le quinte e a differenti livelli, non possano pensare di tornare a imporre un Islam primordiale, a meno di voler procedere, contro la volontà di milioni di persone, alla distruzione di quanto è stato finora costruito.
Il potenziale economico
Va infine rilevato il potenziale futuro dell’economia del Paese di cui i talebani sono coscienti. Secondo dati del Geological Survey Usa e del Pentagono, il Paese avrebbe almeno 1000 miliardi di dollari di risorse naturali tra metalli, idrocarburi, pietre preziose e minerali rari, tra cui il litio. L’India ha peraltro ottenuto la concessione della miniera di ferro di Hajigak, considerata la più grande del mondo, mentre i cinesi hanno messo le mani su quella di rame di Ainak, una delle prime tre del mondo. Per ora lo stato di guerra lascia tutto in stand by ma la pace potrebbe dare il via ad attività che impiegherebbero migliaia di persone. I talebani, che si presentano come un movimento deciso a guidare il Paese, devono tenere conto di questo potenziale. Sta ai vari leader politici, etnici e religiosi trovare un dialogo. La tragica alternativa violenta ha già causato abbastanza miseria. E, questa volta, il mondo, alle prese con nuove emergenze, potrebbe non avere più la pazienza per sostenere il Paese. Sarebbe un vero delitto verso tutti coloro che in questi anni hanno costruito a fatica una nazione più prospera.
Il Pil si è decuplicato dal 2001 al 2017 e c’è un tesoro nascosto di risorse naturali, già nel mirino di India e Cina