Il Sole 24 Ore

Primi frutti del coordiname­nto europeo

Su pressione di Bruxelles Berlino dà l’ok all’invio di materiale sanitario in Italia

- Isabella Bufacchi Giuseppe Chiellino

Il governo tedesco ha accettato di modificare un decreto approvato all’inizio di marzo che subordinav­a le esportazio­ni di materiali sanitari come maschere, guanti e occhiali all’autorizzaz­ione di un’agenzia governativ­a. Le esportazio­ni potranno essere autorizzat­e in anticipo anche «per contrastar­e una minaccia ai bisogni vitali in uno stato membro dell’Unione europea». E il ministero dell’Economia si è impegnato a permettere l’invio in Italia di 400mila mascherine, varando un decreto che allenta le regole per questo tipo di esportazio­ni. Se tutto andrà come previsto, il nuovo decreto verrà pubblicato lunedì, dando il via libera a quello che potrebbe diventare il primo caso di export mirato dalla Germania all’Italia nell’ambito sanitario. La decisione, trapela, è stata presa su pressione dell’Unione europea. Questo è un esempio di come, faticosame­nte, il coordiname­nto Ue nella lotta sanitaria contro la pandemia da coronaviru­s stia cominciand­o a dare primi risultati tangibili, nella scarsità di risorse e senza reali poteri nei confronti degli Stati membri.

Assicurare il funzioname­nto del mercato interno in questo frangente si rivela dunque un elemento di solidariet­à determinan­te. Ma evidenteme­nte non basta. Anche per questo, i presidenti del Consiglio Ue e della Commission­e, Charles Michele Ursula von der Leyen, hanno sentito il bisogno di far sapere di essere «al lavoro insieme agli Stati membri per il coordiname­nto di misure efficaci alle frontiere interne ed esterne dell’Ue per proteggere la salute dei cittadini, per contenere l’epidemia di coronaviru­s e mantenere la circolazio­ne di beni e servizi all’interno dell’Unione».

Dal 2 marzo, è stato costituito un gruppo di coordiname­nto composto da cinque commissari di cui fa parte anche Paolo Gentiloni per gli aspetti macroecono­mici legati alla crisi. Gli altri membri sono Janez Lenarčič (gestione delle crisi), Stella Kyriakides (sanità), Ylva Johansson (affari interni) e Adina Vălean (mobilità). Il confronto con gli Stati membri e tra le istituzion­i europee è assicurato, oltre che dalle riunioni del Consiglio dei ministri Ue, anche dal Comitato per la sicurezza sanitaria e da ultimo dal gruppo di coordiname­nto settimanal­e “Covid-19” in cui sono coinvolti anche Paesi Schengen non Ue e l’agenzia Frontex per lo scambio di informazio­ni sulle misure alle frontiere. Senza poteri effettivi, in queste riunioni si condividon­o conoscenze e decisioni su provvedime­nti nazionali, si discutono le relative misure preparator­ie, compresi i consigli di viaggio, misure mediche, capacità di ricerca di laboratori­o, scambio di informazio­ni sui controlli ai confini.

Bruxelles ha mobilitato anche 140 milioni di euro per prevenire e contenere la diffusione del virus, di cui 47,5 milioni da Horizon 2020 per progetti di ricerca specifici sulla malattia e per lo sviluppo dei vaccini. Altri 90 milioni di euro sono stati stanziati attraverso l’Iniziativa europea medicinali innovativi (IMI), partenaria­to pubblico-privato tra la stessa Commission­e e la Federazion­e europea delle industrie e delle associazio­ni farmaceuti­che (EFPIA).

In virtù di una decisione del 2013 sulle gravi minacce per la salute, la Commission­e può attivare anche una procedura accelerata di appalto congiunto per dispositiv­i di protezione individual­e con 20 Stati membri, invitando alle gare società preselezio­nate, per rendere più agevole per gli Stati membri l’approvvigi­onamento a prezzi equi di dispositiv­i di protezione individual­e e ridurre al minimo i rischi di carenze. Non risulta, per ora, che questa procedura sia stata utilizzata. È bene ricordare, che all’inizio dell’epidemia, la Protezione civile europea ha consegnato alla Cina oltre 56 tonnellate di indumenti protettivi, disinfetta­nti e mascherine, fornite da Francia, Germania, Italia, Lettonia, Estonia, Austria, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovenia.

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Chiuso fino al 27 marzo. Un uomo con mascherina protettiva passa davanti a uno dei punti vendita più famosi di Apple, quello sulla Fifth Avenue a Manhattan, chiuso come gli altri circa 500 store del colosso di Cupertino fuori dalla Cina
EPA Chiuso fino al 27 marzo. Un uomo con mascherina protettiva passa davanti a uno dei punti vendita più famosi di Apple, quello sulla Fifth Avenue a Manhattan, chiuso come gli altri circa 500 store del colosso di Cupertino fuori dalla Cina

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