«Innovazione digitale di lunga durata»
Modernizzazione necessaria: per la ministra dell’Innovazione Paola Pisano «deve proseguire anche in seguito». D’altra parte «il coronavirus rende il digitale ancora più essenziale»
Sembra un luogo comune: per innovare occorre cambiare cultura. «Non mi era chiaro che cosa significasse. Ma l’ho capito qui». La ministra dell’Innovazione, Paola Pisano, è arrivata in un posto dove il potere si confronta quotidianamente con l’impossibile. Per comprendere i suoi primi sei mesi di lavoro, occorre riconoscere un filo comune in almeno tre storie sovrapposte e talvolta contrapposte: la campagna elettorale permanente nella quale la politica sembra essersi impantanata; l’esplorazione di ogni strada utile a cogliere le opportunità offerte dall’innovazione digitale per generare un impatto positivo sulla vita del paese; il dinamico immobilismo che caratterizza le forme più diffuse di gestione della Pubblica amministrazione, con la complessità insondabile delle sue regole, formali e informali.
Per fare chiarezza in questo labirinto occorre discernere la direzione di ciò che sta realmente accadendo. In un contesto programmaticamente scettico, valutata da osservatori abituati alla vittoria dell’impossibilità di riformare il sistema italiano, criticata per l’ampiezza dei piani annunciati per il 2025 e per qualche scivolone sulla password di stato, l’azione della ministra va compresa sgombrando il campo dai pregiudizi. I fatti: una strategia per i dati e l’etica dell’intelligenza artificiale firmata con Fao, Microsoft, Ibm, Accademia Pontificia per la Vita; l’implementazione di un’interfaccia per l’accesso dei cittadini ai servizi della Pubblica amministrazione pensata nel 2014 e che arriverà a compimento in aprile; un piano operativo per i datacenter in vista della costituzione di un polo strategico nazionale per il cloud; un’azione coordinata con le autorità competenti per favorire l’accesso delle startup italiane ai mercati internazionali.
Sono fatti connessi da una strategia comune e un obiettivo raggiungibile? «Vogliamo che questa azione continui dopo di noi» dice la ministra. È una risposta saggia. L’obiettivo non si trova nella somma dei risultati delle specifiche operazioni, ma nella capacità di continuare un processo di modernizzazione avviato in passato e che a sua volta dovrà continuare in seguito senza perdere forza e direzione: l’obiettivo è alimentare e accelerare un processo che deve diventare inarrestabile. E questo è, in effetti, un obiettivo raggiungibile.
Riuscirà? Al suo insediamento, nel settembre 2019, in un ministero che non esisteva più da una quindicina d’anni, Pisano non aveva una scrivania. E non perché avesse scelto un layout leggero per gli spazi dei suoi uffici. In effetti, non aveva neppure gli uffici. Non sapeva chi chiamare per averli. La soluzione arrivò trovando la sapienza di un consigliere di Stato. Ma il segnale era chiaro: la strada partiva in salita. Occorreva un’idea. «La soluzione metodologica mi è apparsa presto chiara: non dovevo tanto creare nuovi strumenti normativi, dovevo rafforzare le iniziative già avviate e usarle per dar corpo a una visione» dice la ministra. Non è una strada facile, ma è ragionevole. Una policy vince, del resto, se avvia un processo che appare ineluttabile: così, la diversità di opinioni e di interessi cessa di paralizzare il cambiamento, accettando di muoversi nella direzione scelta e, di fatto, rafforzandola.
Ce la sta facendo, Paola Pisano? La risposta non è scontata. Ma le sfide del presente non sono abituali. «Il coronavirus ha scoperchiato l’esigenza strutturale di creare condizioni organizzative totalmente nuove. Rende il digitale ancora più essenziale. Richiede un salto di paradigma. La sanità, il lavoro, l’educazione si spostano nel digitale. Si personalizzano. Si organizzano in modo più agile. Si fanno a distanza e con flessibilità. I fenomeni inattesi, purtroppo, si moltiplicheranno: la nuova normalità implica una nuova organizzazione dei servizi pubblici e non solo. Il digitale è parte integrante della soluzione». In effetti, in questi giorni è stata organizzata una task force per aggregare le informazioni che servono a comprendere l’andamento dell’epidemia: «Abbiamo trovato un metodo per raccogliere i dati e metterli a disposizione di chi li deve analizzare superando le difficoltà amministrative. Questa soluzione si può generalizzare e può diventare fondamentale per realizzare un sistema che garantisca sicurezza, trasparenza e privacy, fornendo le conoscenze necessarie a policy razionali». Una cosa “impossibile” è avvenuta nel contesto eccezionale dell’epidemia.
In generale, si tratta di portare a termine i progetti avviati. «È il caso di “Io”. Sarà un’interfaccia del cittadino con tutte le amministrazioni. Un’app che in aprile comincerà a mettere in collegamento le persone con l’Inps e i comuni aderenti, utilizzando Spid. Ma tutte le amministrazioni dovranno adeguarsi per fare in modo che i cittadini trovino tutto quello che è loro richiesto e che è loro offerto in un’unica schermata del cellulare. Le amministrazioni non dovranno avere l’impressione di potersi esimere dal farlo. La Corte dei Conti sarà al nostro fianco» avverte Pisano. Agli obblighi si uniranno i sistemi incentivanti: «Vogliamo che sia più usato il precommercial procurement che consente di connettere finanziamenti pubblici e innovazione. E speriamo di ispirare le amministrazioni a seguire una logica di mercato, concentrata sul risultato per i cittadini e non sulle formalità legalesi».
Niente può battere il cinismo se non un po’ di ingenuità sincera. Ma un’ingenuità che nelle parole della Pisano sintetizza decenni di pensieri che sono stati sviluppati intorno alla vicenda della digitalizzazione italiana. «Ecco questo mi piacerebbe. Che invece di criticare per i dettagli, le persone competenti si concentrassero sul compito di aiutare a unire il paese in questo percorso». Questo sì che in Italia sarebbe un cambio di paradigma.
«La nuova normalità implica una nuova organizzazione dei servizi pubblici, e non solo»