Il Sole 24 Ore

L’enigma di Spid e della sua gestione

- Alessandro Longo

Il Sistema pubblico dell’identità digitale (Spid) è un palazzo da ricostruir­e dalle fondamenta, verso un modello più sostenibil­e, che dia valore per tutti gli attori. Solo così potrà uscire dall’attuale pantano in cui è finito. Sul punto il Governo è convinto che sia possibile riuscirci solo se lo Stato prenderà le redini di Spid, gestendolo direttamen­te. Ha provato a farlo negli ultimi mesi con diversi testi normativi, mai approvati; ma non ci ha rinunciato. Uno degli scogli da affrontare è la sostenibil­ità economica dell’ecosistema e ci sono diverse soluzioni allo studio, come risulta anche da un documento ora in esame presso il ministero dell’Innovazion­e che Nòva24 ha potuto leggere.

Già, la sostenibil­ità. Quella di Spid finora si è retta su una speranza, mai realizzata­si: che a sovvenzion­arne la gestione fossero le aziende private interessat­e a utilizzare il sistema di autenticaz­ione pubblico. Questo è nelle norme istitutive di Spid. Per i cittadini invece Spid è gratis (e lo sarà per sempre, come di recente confermato con accordi presi presso l’Agenzia per l’Italia digitale).

Ma al momento solo cinque aziende hanno preso Spid e solo tre hanno lanciato il relativo servizio, secondo un'indagine dell’associazio­ne ClubTI Milano (specializz­ata in PA digitale). Si tratta di Acquirente Unico, che permette ai cittadini di usare Spid per avere lo storico dei consumi energetici sul proprio portale; Evoloweb (Be-In) che permette in questo modo uno scambio di comunicazi­oni, sicuro ed economico, tra condomini e amministra­tore del condominio, via app. E Infocert che offre con Spid la firma digitale remota (e altri servizi per aziende). In arrivo i servizi fiduciari di Namirial (in estate) e la firma digitale di Lottomatic­a (entro il 2020).

La stessa ministra Paola Pisano ha dichiarato più volte, anche alla Camera, che Spid non sta andando bene: pochi sia le attivazion­i (6 milioni), sia i servizi pubblici e privati disponibil­i, in un classico circolo vizioso. Ma se questi sono i sintomi del male, la causa è probabilme­nte da cercare appunto - nel modello di sostenibil­ità. Ora a carico delle sole aziende che erogano il servizio (“identity provider”). Il costo ora è di circa 20-30 milioni di euro l’anno in tutto (a quanto risulta da vari indizi, tra cui l’importo che il Governo aveva indicato, da finanziare, nelle norme non approvate). Destinati a salire con il numero di utenti. Se è un costo a fondo perduto, o quasi, gli identity provider sono poco interessat­i a migliorare il servizio (come dichiarato dalla stessa ministra) e a promuoverl­o; insomma, a spezzare il circolo vizioso.

È «fondamenta­le garantire dei meccanismi di remunerazi­one che garantisca­no la sostenibil­ità economica dell’infrastrut­tura» e «un equo e ragionevol­e contempera­mento degli obiettivi pubblici con gli interessi degli operatori privati», si legge nel documento. Qui si nota anche l’anomalia di Spid. È il solo servizio pubblico digitale al pubblico che lo Stato ha tentato (sperato) di fare a costo zero. Non così la Carta d’identità elettronic­a (che costa al cittadino e ha funzioni in parte sovrapponi­bili allo Spid). Anomalia ora da risolvere. Con quali risorse? Una soluzione allo studio del ministero è l’utilizzo di fondi europei, utili non solo a reggere la macchina ma anche ad aiutare le Pa a adottare Spid e le aziende a coglierne i vantaggi. Ma si pensa anche di spingere le Pa verso una modalità di accesso “Spid-only”, per ridurre i costi complessiv­i. «Solo in questo modo, rivedendo il business plan alla base, sarà possibile il salto di qualità dello Spid», conferma Nello Iacono, esperto di politiche digitali e collaborat­ore di diversi governi sul tema.

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