L’enigma di Spid e della sua gestione
Il Sistema pubblico dell’identità digitale (Spid) è un palazzo da ricostruire dalle fondamenta, verso un modello più sostenibile, che dia valore per tutti gli attori. Solo così potrà uscire dall’attuale pantano in cui è finito. Sul punto il Governo è convinto che sia possibile riuscirci solo se lo Stato prenderà le redini di Spid, gestendolo direttamente. Ha provato a farlo negli ultimi mesi con diversi testi normativi, mai approvati; ma non ci ha rinunciato. Uno degli scogli da affrontare è la sostenibilità economica dell’ecosistema e ci sono diverse soluzioni allo studio, come risulta anche da un documento ora in esame presso il ministero dell’Innovazione che Nòva24 ha potuto leggere.
Già, la sostenibilità. Quella di Spid finora si è retta su una speranza, mai realizzatasi: che a sovvenzionarne la gestione fossero le aziende private interessate a utilizzare il sistema di autenticazione pubblico. Questo è nelle norme istitutive di Spid. Per i cittadini invece Spid è gratis (e lo sarà per sempre, come di recente confermato con accordi presi presso l’Agenzia per l’Italia digitale).
Ma al momento solo cinque aziende hanno preso Spid e solo tre hanno lanciato il relativo servizio, secondo un'indagine dell’associazione ClubTI Milano (specializzata in PA digitale). Si tratta di Acquirente Unico, che permette ai cittadini di usare Spid per avere lo storico dei consumi energetici sul proprio portale; Evoloweb (Be-In) che permette in questo modo uno scambio di comunicazioni, sicuro ed economico, tra condomini e amministratore del condominio, via app. E Infocert che offre con Spid la firma digitale remota (e altri servizi per aziende). In arrivo i servizi fiduciari di Namirial (in estate) e la firma digitale di Lottomatica (entro il 2020).
La stessa ministra Paola Pisano ha dichiarato più volte, anche alla Camera, che Spid non sta andando bene: pochi sia le attivazioni (6 milioni), sia i servizi pubblici e privati disponibili, in un classico circolo vizioso. Ma se questi sono i sintomi del male, la causa è probabilmente da cercare appunto - nel modello di sostenibilità. Ora a carico delle sole aziende che erogano il servizio (“identity provider”). Il costo ora è di circa 20-30 milioni di euro l’anno in tutto (a quanto risulta da vari indizi, tra cui l’importo che il Governo aveva indicato, da finanziare, nelle norme non approvate). Destinati a salire con il numero di utenti. Se è un costo a fondo perduto, o quasi, gli identity provider sono poco interessati a migliorare il servizio (come dichiarato dalla stessa ministra) e a promuoverlo; insomma, a spezzare il circolo vizioso.
È «fondamentale garantire dei meccanismi di remunerazione che garantiscano la sostenibilità economica dell’infrastruttura» e «un equo e ragionevole contemperamento degli obiettivi pubblici con gli interessi degli operatori privati», si legge nel documento. Qui si nota anche l’anomalia di Spid. È il solo servizio pubblico digitale al pubblico che lo Stato ha tentato (sperato) di fare a costo zero. Non così la Carta d’identità elettronica (che costa al cittadino e ha funzioni in parte sovrapponibili allo Spid). Anomalia ora da risolvere. Con quali risorse? Una soluzione allo studio del ministero è l’utilizzo di fondi europei, utili non solo a reggere la macchina ma anche ad aiutare le Pa a adottare Spid e le aziende a coglierne i vantaggi. Ma si pensa anche di spingere le Pa verso una modalità di accesso “Spid-only”, per ridurre i costi complessivi. «Solo in questo modo, rivedendo il business plan alla base, sarà possibile il salto di qualità dello Spid», conferma Nello Iacono, esperto di politiche digitali e collaboratore di diversi governi sul tema.