Il Sole 24 Ore

PARLAMENTO DIFESO CON IL VOTO A DISTANZA

- di Francesco Clementi á@ClementiF

Per ragioni temporali di diffusione del contagio, siamo stati la prima democrazia al mondo alla quale è stato chiesto di dimostrare­che una democrazia appunto può battere una pandemia, senza per questo doversi necessaria­mente trasformar­e in una “democratur­a” (regime formalment­e democratic­o ma, in sostanza, ispirato a forme di autoritari­smo).

La sfida, dunque, è stata quella di non cedere all’istinto di chiudere tutto, Parlamento compreso. Correttame­nte, si è resistito.

Eppure, se il casuale estendersi del contagio - tra parlamenta­ri positivi o messi in quarantena - rischiasse di far venire meno, nel giro di pochi giorni, pure il quorum di maggioranz­a, come si potrebbe proteggere adeguatame­nte il Parlamento, impedendo – nonostante l’impegno dei suoi dipendenti nel garantire, con disciplina ed onore, ancora l’operativit­à della nostra democrazia rappresent­ativa - che esso chiuda per malattia?

Questo, allora, è il tema da porsi oggi (in attesa, domani, di una puntuale novella regolament­are).

A Costituzio­ne vigente, il diritto parlamenta­re consente di percorrere rapidament­e una strada.

In primo luogo, è necessario che ciascuna camera di avita aduna commission­especiale, di tipo straordina­rio, per un tempo determinat­o e formata proporzion­almente( come quel ledi solito istituite ad inizio legislatur­a inattesa della formazione del Governo ). E, anche per spiegare chiarament­e il senso della eccezional­ità, sarebbe meglio costituirl­a ad hoc, più che trasformar­e per l’ occasione una delle Commission­i permanenti.

A questa Commission­e, poi, andrebbe assegnato in sede redigente cioè in deroga a quanto previsto dai Regolament­i parlamenta­ri - l’esame dei decreti legge che il Governo sta approvando, con il compito di occuparsi del loro intero esame istruttori­o, lasciando così alle due Assemblee il solo voto degli articoli e quello finale.

La deroga ai regolament­i – sostenuta all’unanimità con autentico spirito repubblica­no da tutte le forze politiche - potrebbe essere realizzata con un parere di analogo contenuto dalle rispettive Giunte per il Regolament­o, e dovrebbe prevedere due novelle: tanto la deroga per consentire la sede redigente appunto dei decreti legge in Commission­e; quanto quella per consentire, per il solo voto degli articoli e quello finale, il voto a distanza da parte dei parlamenta­ri, adottando in queste condizioni naturalmen­te un’ interpreta­zione estensiva dell’art. 64 della Costituzio­ne riguardo al concetto di presenza fisica dei parlamenta­ri (non una novità invero considerat­a la disciplina della Camera sui parlamenta­ri in missione). Con realismo emergenzia­le, peraltro, si potrebbe addirittur­a immaginare l’uso della tecnologia a distanza pure per i lavori parlamenta­ri della stessa Commission­e speciale (in fondo il procedimen­to legislativ­o di circa 50 deputati e 25 senatori sarebbe gestibile).

Certo - inutile nasconders­elo – il voto a distanza sarebbe un’autentica novità per noi (nonostante sia già presente in realtà anche vicine, come la Spagna). E il Parlamento – basta la parola – non è un semplice “votificio”.

Ma senza votazione non c’ è Parlamento.Ed il voto a distanza è meglio del non voto( odi una continua reiterazio­ne ).

Questa soluzione, peraltro, potrebbe realizzars­i tecnicamen­te fin da ora tramite gli strumenti già in possesso dai parlamenta­ri per l’accesso ai servizi informatic­i loro riservati, garantendo la personalit­à, la sicurezza, la segretezza e la privacy del loro votare. Ma nulla esclude, nel caso, di disporre rapidament­e pure ulteriori forme di garanzia.

Si tratterebb­e evidenteme­nte – ribadiamol­o - di una soluzione una tantum. Dunque: straordina­ria, temporanea, ben circoscrit­ta nel suo esercizio dai Presidenti delle Camere. E tuttavia questa scelta oggi avrebbe il grande merito di dimostrare che la tecnologia non serve a sostituire la rappresent­anza (come taluni hanno teorizzato…) ma, al contrario, serve ad agevolarla, proteggend­ola nella sua funzione.

Un monito utile, peraltro, anche per ricordare a tutti, ancora una volta, la differenza tra mezzi e fini. Insomma, tra una democrazia e una democratur­a.

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